Il contrario di popolo? Non élite ma terrorismo

Il contrario di popolo? Non élite ma terrorismo
di Stefano CRISTANTE
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Sabato 22 Aprile 2017, 13:11 - Ultimo aggiornamento: 16:06
Il contrario di popolo non è élite. Il contrario di popolo è terrorismo. Per una ragione elementare: perché il terrorismo, quando dimostra efficacia e dunque dispiega le sue capacità omicide, annienta il popolo, inducendone una trasformazione radicale, tanto radicale da ricordare quella del Dottor Jekyll in Mister Hyde nel prodigioso racconto di Robert Stevenson. Le normali abitudini psicologiche razionali vengono dismesse, e ci si ritrova impauriti di fronte al televisore come un gregge disperso che contempli un lupo onnipresente, imprevedibile, sempre spietato. Il gregge bela, impaurito: all’apparenza non può fare nulla, se non attendere e sperare. Che cosa? La pace? La fratellanza universale? I pensieri del gregge, quando è colpito dal virus del terrorismo, vanno in direzione contraria. Il popolo diviene folla, e ciò che la folla fa quando è terrorizzata è alzare la voce, gridando la propria insicurezza e la propria volontà di giustizia e vendetta. Il popolo cerca rimedi e soluzioni, magari in modo confuso e spesso rozzo. Il gregge è carnivoro e reclama un agnello sacrificale, un punto di sfogo ben individuato e mediatizzato. La trasformazione di Jekyll in Hyde è dovuta anche al precipitarsi del flusso mediatico su vicende complicate e dalla dinamica spesso misteriosa, su cui le compagini terroristiche dominanti (cioè quelle fondamentaliste) hanno gioco facile a ingigantire la propria corresponsabilità e quindi la loro potenza. Precipitarsi immediatamente sul versante dell’interpretazione, dando vita così a un’indagine basata su fatti possibili e non su fatti accertati, significa dare un ampio contributo alla trasformazione della preoccupazione popolare in psicosi di massa. Quando la mente vive uno stato di psicosi gli elementi che ricadono sotto la sua osservazione vengono diretti ossessivamente verso un singolo oggetto, a conferma dell’impostazione emotiva iniziale. Quando poi, in seguito a documentate indagini, i travisamenti interpretativi cadono insieme ai fatti non dimostratisi autentici o mai accaduti, ciò che contribuisce allo smarrimento generale si rafforza, generando un secondo veleno dopo la psicosi da insicurezza: la confusione, immersa nel sentimento di non trovare una verità certa e nella sensazione che nessuno dica la verità. Si tratta dell’anticamera di una vera atomizzazione: ciascuno di noi impara a sfogare da solo la propria confusione. Subiamo, silenziosamente, un processo di radicalizzazione individualistica, di sfiducia radicale. Quando dedichiamo dei pensieri a chi si fa esplodere in aria o schiaccia persone inermi con un tir sentiamo fluire nelle nostre vene qualcosa che non si può che chiamare odio. Come possiamo non odiare chi ammazza esseri umani (spesso bambini) a lui perfettamente sconosciuti, che nulla gli hanno mai fatto né potuto fare? Eppure: chi odiamo esattamente? Quale dei differenti volti di terrorista mostrati effettivamente dai media intendiamo assumere come parte per il tutto? Quello di un pazzo picconatore nato in Austria e radicalizzatosi in modo ignoto oppure quello di un giovane inglese bene istruito di etnia sud-orientale che da anni dichiarava in pubblico la necessità di distruggere l’Occidente?
Naturalmente riuscire a ragionare con freddezza selezionando le fonti più attendibili della cronaca e dell’interpretazione costituirebbe una possibilità in più per uscire dallo stato nevrastenico in cui versano gli europei e gli occidentali. Ci sono però diverse contro-indicazioni a questa chance. La prima è che gli attentati terroristici inducono a votare le forze che promettono la più rapida fine dell’insicurezza, da raggiungere attraverso una repressione dura e sistematica, ben attenta a colpire i supposti serbatoi degli eserciti terroristici, e cioè il mondo degli immigrati, vecchi e nuovi, irregolari e regolari. La seconda è lo stato pre-psicotico collettivo nei confronti dell’intera cultura musulmana, a partire dal suo testo religioso fondante, accusato di contenere, in sostanza, un progetto di schiacciamento delle altre fedi e delle altre culture, e dunque spacciato come fondamento credibile del terrorismo fondamentalista. La terza contro-indicazione alla ragionevolezza è costituita dall’interesse delle forze che reclamano una svolta travestita da populismo ma nella sostanza indirizzata verso una forma di “autoritarismo democratico” (o di “democrazia autoritaria”). La cancellazione del tabù dell’autoritarismo sta avvenendo in più modi e in più luoghi e si accompagna inevitabilmente all’emergere di venti di guerra, perché la logica autoritaria (figlia a sua volta di un leaderismo esasperato e spettacolarizzato) da sempre serra le fila attraverso la chiamata nazionalistica e si fa aggressiva. Perché il genere umano, e l’Occidente soprattutto, dovrebbe volere una soluzione di questo tipo? Come molte perturbazioni irrazionalistiche, anche questa accade in un mondo che è erede di un modello debole e menzognero, nel nostro caso quello della decostruzione del Welfare e dei sogni infondati della prima ondata di globalizzazione. In un mondo mai così popolato la concentrazione della ricchezza è ora massima, e ciò crea un terreno favorevole per il ritorno all’idea di politica come protezione degli establishment attraverso la pura forza, e cioè all’idea di politica come guerra sociale. Il racconto e l’azione dei terroristi puntano a generare paure di massa, mentre la narrazione abituale dei media occidentali si interrompe a ogni attentato, esasperando lo stato di eccezione simbolico. Le due storie si completano accelerando la mutazione di Jekyll in Hyde, folla universale fatta di atomi impauriti e inferociti, talmente perturbati dalle emozioni da non accorgersi dell’autentica eccezionalità del momento, con le urne di mezza Europa che stanno per essere aperte al voto nel giro di pochi mesi. Rischi ce ne sono, e sono tanti. La soluzione ragionevole – convivere per un certo tempo con le espressioni terroristiche del male senza precipitare nella disperazione violenta – è ben poco affascinante. Gli eventuali Lumi dell’Europa non sono mai stati così freddi e poco ospitali. È il momento giusto, per chi ha in mente un‘idea di popolo come folla da aizzare contro istituzioni comuni da smantellare, di assestare il terzo colpo dopo la Brexit e l’elezione di Trump. I terroristi, chiunque essi siano, hanno fatto la loro ultima mossa, favorevole a Mister Hyde. E tuttavia i cittadini francesi hanno ancora la fragile chance di piegare le urne a un esito diverso da come lo “spirito del tempo” si appresta a festeggiare. C’è tempo fino a domenica, nei seggi francesi, per veder rispuntare all’Eliseo un qualche dottor Jekyll.
 
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