Il paesaggio siamo noi: piani condivisi per tenerlo “in vita”

Foto d'epoca del Capo di Leuca
Foto d'epoca del Capo di Leuca
di Fabio POLLICE
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Martedì 14 Marzo 2017, 16:37 - Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 11:54
Dietro l’istituzione di una giornata dedicata al Paesaggio c’è la volontà di un Paese di tornare a riflettere sulla più grande eredità che ci abbia lasciato il nostro passato e sull’importanza che questa eredità può avere per il nostro futuro; c’è la volontà di spingere le comunità locali a riappropriarsi di questa eredità e a viverla come riferimento identitario imprescindibile, come bene comune inalienabile. Il paesaggio è prima di ogni altra definizione un «costrutto sociale», risultato del sedimentarsi di pratiche individuali e collettive che nel corso del tempo hanno plasmato lo spazio geografico, adattandolo alle proprie esigenze, ai propri valori, alle proprie aspirazioni, fino a differenziarlo dall’intorno geografico e a farne parte integrante e consustanziale della propria identità.

Nel paesaggio è dunque inscritta l’identità delle generazioni che hanno contribuito alla sua costruzione; un’identità dinamica, composita e talvolta contraddittoria nelle sue diverse manifestazioni, risultato del sovrapporsi nel tempo di popolazioni e culture diverse. E nel paesaggio, infatti, è possibile cogliere il senso ultimo dei luoghi sia perché il paesaggio racconta il territorio di più e meglio di qualsiasi altra forma di narrazione, sia perché, in quanto «sistema di segni» presenta un’organicità ed un’unicità che, se non può essere assimilata al senso stesso dei luoghi, ne costituisce di certo l’espressione tangibile più compiuta e nel contempo l’elemento che ne palesa più efficacemente l’esistenza.

Interpretare il paesaggio come una costruzione sociale in costante mutamento vuol dire riconoscere assoluta centralità alle popolazioni che questo paesaggio hanno ereditato dalle precedenti generazioni e continuano costantemente a modificare con i propri comportamenti. Una centralità ribadita all’inizio di questo millennio dalla Convenzione Europea sul Paesaggio (2000) laddove si sottolinea che il paesaggio è “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, a rimarcare, da un lato, l’esigenza di restituire centralità alle popolazioni locali nella tutela e nella valorizzazione del paesaggio e, dall’altro, l’importanza di un approccio interpretativo e conseguentemente pianificatorio che parta dalla percezione che del paesaggio hanno le comunità che lo vivono come espressione della propria identità territoriale.

Di qui l’esigenza di una pianificazione paesaggistica che parta dal territorio e coinvolga le comunità locali, facendone le protagoniste del processo pianificatorio e guidandole nel difficile compito di continuare a plasmare il paesaggio, preservandone gli elementi di unicità ed eccellenza, al pari dei valori simbolici e funzionali che ne fanno un riferimento identitario. Qualsiasi piano, anche il meno vincolistico, è destinato a fallire se non nasce dal coinvolgimento delle comunità locali ed è da queste condiviso.

La preservazione non può incentrarsi su provvedimenti che finiscono con l’inibire qualsiasi forma di trasformazione, a frenare processi innovativi; al contrario, essa deve fondarsi su un uso orientato e compatibile del paesaggio, capace di mantenerlo «in vita», senza che si spezzi quel profondo rapporto di interdipendenza che lo lega come costrutto sociale alla comunità locale.

Al pari di qualsiasi altro bene culturale la sua preservazione è indissolubilmente legata al rafforzamento del suo portato valoriale; un rafforzamento che talvolta richiede la rifunzionalizzazione del bene e, prima ancora, la sua reinterpretazione in chiave identitaria. Il fine ultimo di una valorizzazione del patrimonio culturale non può essere altro che fare del passato una fonte di ispirazione per progettare il futuro e proiettarvisi.

La Giornata Nazionale del Paesaggio diviene dunque a livello locale un’occasione unica per spingere la comunità salentina a riappropriarsi del proprio paesaggio, a viverlo come riferimento identitario, contribuendo alla sua salvaguardia e alla sua valorizzazione con azioni concrete e progettualità condivise. L’attrattività turistica del nostro territorio è largamente incentrata sulle sue qualità paesaggistiche, ma lo sviluppo turistico come può concorrere alla valorizzazione del paesaggio, così può divenirne uno dei più pervasivi agenti compromissori; e del resto nel nostro territorio gli esempi del secondo tipo davvero non mancano. La tutela del paesaggio salentino, in quanto «bene comune», è dunque una priorità assoluta che necessita del concorso di tutti gli attori locali, ma soprattutto di una strategia concertata.

L’impegno del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo è quello di creare, in collaborazione con gli altri Dipartimenti dell’Università del Salento e di quanti vorranno condividere questo progetto, un Osservatorio permanente sul Paesaggio Salentino al fine non soltanto di monitorare la sua evoluzione con l’intento di individuare i fattori di rischio e prevenire eventuali criticità, ma anche quello di orientare e supportare gli attori politici nella definizione di un quadro organico d’intervento a tutela di questa risorsa strategica e della sua valorizzazione. Confidiamo che questo impegno possa essere di stimolo ad un’azione corale che coinvolga tutto il territorio.
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