Gioco d’azzardo, vietare la vendita delle illusioni

di Gianni FERRARIS
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Venerdì 20 Maggio 2016, 19:14
Ho trovato interessante ed importante l’articolo “La corsa al gioco tra povertà e solitudine sociale” di Stefano Cristante su Quotidiano di sabato 14 maggio. Interessante perché racconta di una ponderosa ricerca della statunitense Natasha Dow Schull “Architerrute dell’azzardo” uno studio sociologico sul fenomeno "azzardo", e Cristante, da sociologo attento, racconta l'Italia dell'azzardo. 
Importante perché purtroppo poco se ne parla, occorre informare, dire del disagio sociale, di crisi economica, di rapporto mafie/gioco d’azzardo, di usura, di rapporti familiari e sociali interrotti. Soprattutto occorre capire come mai lo Stato sembri impotente di fronte a questi fenomeni e, se non impotente, potremmo sospettare connivente quando con una vera deregolamentazione, lascia campo libero agli speculatori.

Per parlarne è bene in primo luogo riappropriarci della lingua italiana. Dire “il gioco” è quasi un vezzeggiativo, stiamo invece parlando di gioco d’azzardo o, per amore di sintesi, di “azzardo”, non è una pignoleria gratuita, le sale gioco sono quelle degli asili nido e delle scuole materne, non certo quelle delle slot, dire di gioco è come chiamare le sigarette “benefici cilindretti bianchi”. Vediamo qualche numero per meglio comprendere un fenomeno che è fra le prime tre aziende italiane con un fatturato pari al 3% del Pil.
In premessa diciamo che A.A.M.S. (i monopoli di Stato che gestiscono il gioco d’azzardo legale) rifiuta categoricamente di comunicarci quanto si gioca a livello cittadino e provinciale. In una conferenza a Milano in cui si parlava di ludopatie, il responsabile Lombardia di AAMS disse che i dati locali non vengono diffusi “per evitare facili speculazioni”. Come se al Dott. Veronesi rifiutassero i dati sulle sigarette vendute perché potrebbe speculare con la storia del cancro. In realtà non dicono questi dati perché hanno il terrore di suscitare indignazione. La consapevolezza dei cittadini terrorizza AAMS e la politica connivente. Tuttavia, nonostante le reticenze, qualche dato minimo siamo riusciti ad ottenerlo.

In Italia nel 2015 sono stati comprati 1/5 dei biglietti gratta e vinci venduti nel mondo intero. Con l’1% della popolazione mondiale, l’Italia ha un mercato dell’azzardo pari al 23% di quello globale. Nei primi tre mesi del 2012, su elaborazione dei dati AAMS che all’epoca divulgava, apprendiamo che ogni italiano maggiorenne (l’ azzardo dovrebbe essere vietato ai minori, cosa non vera in mancanza di adeguati controlli) ha speso 1703 euro per l’azzardo. Nel 2015 questa quota è aumentata, sia pure di poco, in quanto la spesa è salita da 88 a circa 90 miliardi di euro.
Per quanto riguarda la provincia di Lecce, dai dati forniti dalla Consulta Nazionale Antiusura e dalla Fondazione Santi Nicola e Santi Medici di Bari, si evince che nella sola provincia di Lecce ogni cittadino (in questo caso neonati compresi) ha speso, nel 2012, 848 euro in azzardo. Essendo i residenti 816.000 circa il calcolo è presto fatto, parliamo di 691.968.000 Euro, pari al 5,50% del PIL provinciale. A questi dobbiamo aggiungere una quota non indifferente dell’azzardo illegale pari, si stima, a 23 milioni di euro a livello nazionale,  gestito in prima persona dalle mafie. Per quanto riguarda le altre provincie pugliesi, ogni cittadino ha speso, sempre nello stesso periodo: 1089 euro a Brindisi, 1022 a Bari, 1066 a Taranto, 748 a Foggia.

Sulla tipologia del giocatore medio apprendiamo da fonti Eurispes che gioca d’azzardo il 47% degli indigenti e il 56% degli appartenenti a ceti medio bassi. Come annotava il Nobel Milton Fidman «il modello di business dell’industria dell’azzardo può raggiungere dei grandi traguardi se fa un business sulla povertà perché un alto bacino a cui può attingere è quello di chi ha poco reddito».
E parliamo di Gap (Gioco d'Azzardo Patologico).  Come dice un rapporto dell’Asl di Torino: “il termine “ludopatia”, che non trova riscontro a livello clinico (la definizione del Dsm IV è, come è noto, “gioco d’azzardo patologico”) viene sempre più citato, alimentando ambiguità e confusione, come se si parlasse solo di gioco in generale, tralasciando l’aspetto dell’azzardo, che però è proprio quello che più ha a che fare con le problematiche comportamentali reiterative o additive”. Quindi parleremo di Gap (gioco d’azzardo patologico), termine riconosciuto anche dall’Oms a livello mondiale. Il Gap (850.000 i malati accertati, 1.500.000 quelli stimati)  costa allo Stato italiano dai 5,5 ai 6 miliardi di euro ogni anno per spese sanitarie e sociali. Il malato di azzardo ha come scopo quello di procurarsi denaro per giocare, e lo fa ad ogni costo: mente al coniuge, si rinchiude nel suo vizio, compromette ogni rapporto, compreso spesso quello di lavoro. Una dipendenza esattamente come quelle della droga.

A tutto ciò contribuisce la mancanza di regole rigide, un vuoto che lo Stato, impegnato a fare cassa, non intende colmare. La pubblicità, vietata per sigarette e alcoolici, è ampiamente diffusa in ogni dove per l’azzardo. Dai Bus urbani (Lecce ne è un esempio) alle Tv, a internet. “Vuoi vincere facile?” diceva una nota pubblicità. Ebbene, dall’analisi de “il miliardario” del 2005 scopriamo che il 61,5% dei biglietti perdeva e il 28,7% vinceva il costo del biglietto stesso, in sostanza il 90,2% dei biglietti non vinceva facile. Inoltre nei biglietti perdenti le combinazioni erano trappole vere e proprie. Ipotizzando la combinazione vincente 1,2,3 nel 75% dei biglietti perdenti compariva 1,2,4 - 2,3,5 ecc. Combinazione per la quale il giocatore normale dice “ho perso” il giocatore compulsivo dice “ho quasi vinto”.
Per il superenalotto la possibilità di fare 6 è una su 622 milioni, un matematico si trovò a dire che è come fare un numero telefonico a caso e parlare con Sharon Stone.
Manca il capitolo del gioco on line che è la frontiera più infida, quella che consente all’individuo di rovinarsi da solo di fronte a un monitor, indipendentemente dalla sua età anagrafica, basta fare clic sulla casella “ho più di 18 anni”.

Come contrastare questi fenomeni? Occorre una legislazione ad hoc che preveda il divieto di pubblicità. Citando lo studio dell’Asl di Torino:per quanto riguarda l’azzardo, a favorire il comportamento concorre, oltre allo stimolo costituito dal messaggio pubblicitario, anche la presenza di caratteristiche strutturali e situazionali, come la localizzazione delle postazioni di gioco e il loro numero. Rispetto alla pubblicità del gioco d’azzardo sui media, inoltre, molti studi rilevano che i messaggi veicolati sono spesso illusori, non spiegano le reali possibilità di vincita e tendono ad alimentare aspettative di facili guadagni.
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