Centralismo in salsa regionalista

di Adelmo GAETANI
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Domenica 15 Gennaio 2017, 19:39
Il Frecciarossa volta le spalle a Brindisi e Lecce e la cartina geografica di Trenitalia torna a fissare il confine a Bari. Per qualche mese il treno superveloce ha toccato il Salento nei fine settimana, poi l’improvvisa decisione di sospendere il servizio. Si tratta di un’offerta “a mercato” è stato detto e il percorso sino a Lecce del treno proveniente da Milano “non è remunerativo”, quindi si taglia. Peccato che “non remunerativa” sia anche Bari, ma in questa caso la tratta resta attiva con la benedizione della Regione.
Trenitalia usa due pesi e due misure o, forse, sbaglia anche perché concentrata sugli investimenti milionari in Gran Bretagna, circostanza che la distrae dai problemi di una parte del Paese, quella più a Sud, che pure dà il nome all’Azienda ferroviaria? E lascia da pensare, poi, che proprio Tiziano Onesti, numero uno di quella Trenitalia che ha sbattuto il disco rosso in faccia al Salento, sia stato eletto ieri l’altro alla carica di presidente della società Aeroporti di Puglia (devono preoccuparsi gli utenti e gli operatori dello scalo brindisino?).
Il Salento si è mobilitato la scorsa primavera per il Frecciarossa: stampa, opinione pubblica, Istituzioni, forze politiche e associazionismo hanno rivendicato e conquistato un obiettivo dal forte valore simbolico e dalle indubbie ricadute pratiche su una terra periferica e di frontiera, ma sempre più inserita nei circuiti turistici nazionali e internazionali.
C’era chi non condivideva l’obiettivo, perché troppo parziale, e invocava il potenziamento del sistema dei trasporti regionale e provinciale. Giusta rivendicazione, ma era sbagliato contrapporla al Frecciarossa che, oltre a sancire la fine di una insopportabile discriminazione, integrava e arricchiva il sistema dei servizi trasportistici.
Ora che il treno superveloce ha abbandonato il Salento c’è da chiedersi perché è accaduto, perché è ancora possibile calpestare - con motivazioni economiciste - dignità e diritti di una popolazione e di un territorio che chiedono rispetto e parità di condizioni per proseguire il percorso di crescita faticosamente intrapreso.
La prima risposta non può che riguardare i nuovi assetti istituzionali che, con l’obiettivo di ridurre i costi della politica e, soprattutto, di semplificare il processo decisionale, hanno subito negli ultimi anni una forte torsione centralistica, sia livello statale che regionale, a danno dei territori periferici/svantaggiati. La bocciatura referendaria della riforma Boschi ha evitato che il carattere centralista dello Stato piegasse ulteriormente e riducesse al silenzio quanto resta delle Autonomie locali. Un sistema rappresentativo già reso vulnerabile da interventi legislativi che hanno realizzato un nuovo centralismo sub-statale reso forte dal combinato disposto Governi regionali-Città metropolitane. Allo stesso tempo le vecchie Province (che andavano riformate, ma non com’è stato fatto) sono state neutralizzate e messe nell’impossibilità di far sentire la loro voce a difesa dei territori esterni ai capoluoghi regionali.
Si spiega anche così la mancata difesa del Frecciarossa sino a Brindisi e Lecce da parte di un potere governante sempre più Baricentrico. Così come possono trovare una qualche lettura plausibile i gravissimi ritardi che si registrano sulla realizzazione della 275 (la Maglie-Leuca, finanziata, è il caso di ricordarlo, 12 anni fa, quanto a capo della Giunta regionale c’era Fitto) e sul contrasto alla Xylella, dove i fari delle autorità regionali preposte sono stati accesi almeno con cinque anni di ritardo rispetto ai primi allarmi partiti dalla zona di Gallipoli.
Sono storie che mettono in chiaro le difficoltà in cui versano i territori periferici, depotenziati sul piano della loro presenza istituzionale e per questo sempre più marginalizzati.
Ma, allo stesso tempo, sono vicende - assieme ad altre quotidianamente vissute - che interrogano la rappresentanza politica salentina e i corpi intermedi chiamati, ora più che mai, a garantire un sovrappiù di impegno e di condivisione di obiettivi che rafforzino la presenza e l’incidenza di Brindisi, Lecce e Taranto a livello regionale e statale, unico modo per rompere la cappa di asfissianti centralismi e poteri sempre più autoreferenziali.
Ripartire da un’idea del Grande Salento, recuperare gli interessi comuni e costruire su questi una massa critica che incida sulla realtà e cambi l’attuale corso delle cose: è un compito non agevole, ma non è eludibile se tutti i salentini vogliono ancora essere protagonisti del proprio destino.
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