Salvare le cose buone messe in campo per il Sud

di Chiara MONTEFRANCESCO
3 Minuti di Lettura
Sabato 10 Dicembre 2016, 15:57
Il referendum è ormai alle spalle e il Natale è alle porte. Le danze possono ricominciare nel bel paese ed in Europa. E nel mezzo, i destini di chi deve fare i conti non con il domani, ma con l'oggi. I tanti che hanno vinto. Chi ha perso. Il solo che ha perso, in mezzo a molti errori, con l'onore delle armi da parte di chi non è schierato. Restano i problemi. A cominciare dalla piovra europea che ancora a urne calde avverte che ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva. E dai vincitori domestici che avvertono, finalmente, che quella manovra è propagandistica, piena di elemosine, fasulla. Ben venuta Europa. Ben venuto referendum.

E allora? Che Draghi ci protegga con gli acquisti BCE dei titoli del debito nostrano. E gli italiani? Molti, circa il 60%, felici. Sono state bloccate le derive autoritarie. Non si capisce alla fine di chi! L'importante è che non ci saranno più rischi dittatoriali in Italia, per i prossimi vent'anni. Certo che siamo un po' creduloni forse troppo irrazionali. Circa il 40%, delusi. Per essi, niente più riforme e conti da far pagare alle caste. Per i prossimi vent'anni.

Ed i giovani? I disoccupati? La ex classe media impoverita? E il Mezzogiorno? Paradossalmente sono essi ad aver sventato i rischi dittatoriali o bloccato il ridimensionamento del potere delle caste. È proprio strano come spesso l' irrazionalità prevalga sulla più semplice delle logiche. La gente? Il Mezzogiorno? Di nuovo sull'altalena delle speranze e delle frustrazioni. Per i giovani andarsene o restare? Per le imprese inseguire mercati, banche, incentivi, investimenti, burocrazie, tasse, porti e aeroporti o arrendersi.

Infoltire le fila di chi ce la fa, vuole farcela a dispetto della politica, delle istituzioni, del governo e dell'Europa o schierarsi con chi si lamenta e aspetta che qualcuno lo aiuti e gli risolva i problemi? E se facessimo come in Belgio? O anche come in Spagna? Senza Governo? No. Siamo in Italia. Sesta potenza manifatturiera al mondo. Non scherziamo. Per fortuna in fondo a questi mesi di passione qualcosa rimane.

La voglia e la consapevolezza di un Mezzogiorno fatto di imprese e di giovani che ci credono e non si arrendono. Investono e innovano e si internazionalizzano. E si pongono come faro per gli altri. C'è un piano industria 4.0 che nessuno potrà cancellare. Significherebbe rinunciare al futuro. Esso potrà sostenere quegli investimenti per il salto dell'industria dentro la quarta rivoluzione industriale. E innescare un nuovo irrinunciabile approccio culturale. C'è un inizio di allentamento del vincolo fiscale: l'Ires, l'imposta sugli utili delle imprese, scende al 24% dal 27.50. Il Regno Unito vuole portarla al 17%. Ma è un segnale nella direzione giusta.

È poco? Non è abbastanza? Certo. L'obiettivo è una riforma choc del nostro fisco. We can dicevano, qualche anno fa, i post comunisti nostrani convertiti alla democrazia americana. Dipende da noi. E dipende da chi andrà a governare questo paese magari affrontando anche la questione europea. Con il piglio giusto e anche le alleanze giuste. Risolvendo la questione del nostro ruolo nel Mediterraneo. Sciogliendo il nodo del lavoro e della competitività puntando all'efficienza generale piuttosto che sulla precarizzazione del lavoro e del salario. Risolvendo la questione logistica. Dei trasporti, del credito. Della burocrazia asfissiante. Ridando dignità al sapere e alla scuola. Chissà!

Ripartendo magari con il dimezzamento del costo dei politici e delle istituzioni. Visto che il dimezzamento del numero dei primi e lo snellimento delle seconde sono rinviati a data da destinarsi.
We can! O no? Forse bisogna toccare il fondo per provare a risalire!


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA