Il Mezzogiorno può farcela a una condizione: dare subito lavoro ai giovani

di Mons. Vito ANGIULI*
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Venerdì 17 Febbraio 2017, 16:04
Il lavoro, in particolare quello giovanile, è la drammatica questione affrontata nel Convegno svoltosi a Napoli la settimana scorsa. Non è la prima volta che le Chiese meridionali trattano le tematiche sociali. Risale al 1948 il primo documento, sottoscritto da ben 73 Vescovi del Sud, intitolato “I Problemi del Mezzogiorno”. Nel secondo dopoguerra, i Vescovi italiani si fecero portavoce di alcune condizioni necessarie per lo sviluppo del Meridione.
ra le più importanti: la distribuzione del lavoro, la proprietà privata, la condizione dei braccianti, l’elevazione spirituale dei lavoratori. Quarant’anni dopo, nel 1989, nel documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, essi posero l’accento su un cambiamento del modello di sviluppo che ad essi appariva “incompiuto, distorto, dipendete e frammentato”. In un successivo documento, intitolato “Per un Paese solidale, Chiesa italiana e Mezzogiorno”, essi misero in evidenza la necessità di agire in modo solidale. Nel 2009, I Vescovi del Sud convennero insieme a Napoli per riflettere sulla situazione ecclesiale e sociale in uno scenario politico ed economico in rapida evoluzione.
Il recente Convegno, svoltosi ancora una volta a Napoli, ha preso atto che, in questi ultimi anni, il lavoro è diventato una vera e propria emergenza sociale, diventando una questione non più rinviabile, bisognosa di una risposta responsabile da parte del governo nazionale e regionale. Per questo occorre fare rete e raccordare gli interventi. I problemi attuali sono enormi e di non facile soluzione. Essi richiedono il serio e coraggioso ascolto reciproco, la condivisione delle problematiche, il confronto delle esperienze, le prospettive comuni, il desiderio di individuare soluzioni concrete in un’armonica sinergia tra i diversi soggetti e Istituzioni.
I temi da affrontare sono molteplici. Un primo aspetto riguarda il rapporto tra etica e lavoro. La centralità della persona e la dignità del lavoro sono i due cardini su cui impostare un’etica del lavoro. Senza una tensione etica, i problemi non troveranno una soluzione concreta e percorribile, ma si ritroveranno in un groviglio sempre più complicato. Bisogna sfatare l’idea che l’etica costituisca un impedimento allo sviluppo e dimostrare con i fatti che l’agire etico non solo è giusto, ma è anche efficace e addirittura conveniente sul piano economico.
In linea con questa prospettiva, si colloca la relazione tra lavoro e legalità. Non si deve avere paura di denunciare i fenomeni di corruzione e di degrado sociale ad opera della criminalità organizzata che agisce attraverso forme di condizionamento (il pizzo, l’evasione ed elusione fiscale, le attività illegali come il gioco d’azzardo, il caporalato, ecc.) e si alimenta soprattutto quando l’azione delle Istituzioni risulta essere poco efficace perché debole o addirittura inesistente.
Un terzo aspetto fa riferimento all’innovazione digitale e al progresso tecnologico. Lo sviluppo e l’innovazione tecnologica, la delocalizzazione delle imprese, l’automatizzazione del lavoro affidato a macchine sempre più sofisticate, la riduzione sempre più crescente dell’apporto umano hanno cambiato radicalmente il modo di vivere e di lavorare. Il Messaggio finale dei Vescovi ha riconosciuto che «il Sud non è privo di risorse: il turismo, l’agricoltura, i beni culturali sono solo alcuni capitoli del suo immenso patrimonio». Se includiamo anche l’azione di un’industria ecocompatibile abbiamo un quadro completo delle possibili vie di sviluppo. Infine occorre saper coniugare la sicurezza del lavoro e la difesa dell’ambiente. Educazione e recupero ambientale costituiscono opportunità per creare nuove occasione e nuovi ambiti lavorativi.
Compito della Chiesa non è aprire i cantieri, ma proporre dei segni concreti e indicare un possibile orientamento. In questa linea vanno considerate le “buone pratiche” presenti nelle sei regioni meridionali. Esse hanno il volto del “Progetto Policoro”, una rete di solidarietà e di concreta attuazione lavorativa soprattutto per i giovani. I dati nazionali rilevano che nell’ambito del “Progetto Policoro” sono nate più di 700 attività, sono stati coinvolti migliaia di giovani animatori e sono stati creati più di 4 mila posti di lavoro in Italia. Il “Prestito della speranza” e il “Microcredito” sono strumenti per dar vita a nuove iniziative lavorative, a infondere fiducia e a incentivare la creatività giovanile. Solo nella Diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca sono nate 35 piccole imprese giovanili.
In ultimo, vorrei evidenziare una significativa espressione del Messaggio finale nel quale i Vescovi scrivono che la collocazione del Sud «al centro del Mediterraneo può rappresentare un’opportunità unica di sviluppo». Queste parole costituiscono il motivo fondamentale che ha spinto la nostra Diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca a istituire il “Parco culturale ecclesiale” per valorizzare il territorio, ricco di beni materiali e immateriali, allo scopo di suscitare soprattutto nei giovani la vocazione turistica, agricola, artigianale e culturale da cui far scaturire piccole e medie imprese. Il Parco si muove nella logica di una strategia di partecipazione su obiettivi comuni alle diverse istituzioni ecclesiastiche e civili, pubbliche e private, perché i giovani possano avere un soggetto che ascolti i loro desideri e li aiuti a formulare proposte concrete di impegno e di lavoro.
Il Convegno è stato un grido di allarme e un’occasione di riflessione comune e di indicazione di proposte concrete. Con l’apporto di tutti, il Sud può diventare un laboratorio e un cantiere aperto nel quale il lavoro non sia più considerato come un miraggio, ma come una concreta possibilità vincendo clientelismo, fatalismo e rassegnazione. Occorre, dunque, promuovere il lavoro come vocazione, opportunità, valore. Ma anche come dignità e promozione di legalità: purché, come afferma Papa Francesco, sia «libero, creativo, partecipativo e solidale».

*Vescovo di Ugento
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