Vittorio Emanuele e l'oblìo negato:
diritti e ragioni dietro la sentenza

Vittorio Emanuele e l'oblìo negato: diritti e ragioni dietro la sentenza
di Salvatore SICA
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Venerdì 4 Agosto 2017, 18:03
La sentenza della Cassazione relativa al caso di Vittorio Emanuele di Savoia ripropone il delicato tema del diritto all’oblio. La Corte di Cassazione stabilisce che Vittorio Emanuele di Savoia «è responsabile» per la morte del giovane Dirk Hamer sull’isola di Cavallo nel 1978. E ciò anche se è stato assolto in Francia dall’accusa di omicidio volontario. Per questo non è diffamazione affermare che Vittorio Emanuele «ha ucciso», anche perchè quella morte avvenne in una sparatoria a cui partecipò Savoia, al di fuori di ogni ipotesi di legittima difesa e sulla quale, intercettato, «rese una confessione». La Cassazione ha così confermato l’assoluzione dell’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e del giornalista Maurizio Crosetti dall’accusa per aver definito il principe «quello che usò con disinvoltura il fucile all’isola di Cavallo, uccidendo un uomo».

Ma in che cosa consiste il concetto di oblìo? E come si riferisce al caso in questione? Intanto è l’aspirazione del singolo a non vedere più richiamata una vicenda che lo riguarda, se essa ha perso di attualità e non vi è più il presupposto dell’interesse della collettività a conoscerla. Spesso, e di recente, esso si confonde con il diritto, tipico di internet, alla deindicizzazione, cioè la pretesa a che il motore di ricerca elimini il riferimento all’episodio tra le parole chiave da esso registrate. La giurisprudenza europea, ad esempio, correttamente ha affermato tale ultimo diritto se una vicenda non è più attuale e se non attiene a un personaggio di rilevanza pubblica.

Lo scorso anno, in Colombia, dove mi trovavo per un ciclo di conferenze, mi è stato chiesto se gli ex terroristi del Farc, ora che è in corso la trattativa sull’accordo di pacificazione nazionale, hanno diritto all’oblio. Ho risposto che possono pretendere il diritto alla deindicizzazione, se sono passati a «vita privata» ma non quello alla cancellazione della memoria collettiva, se intendono partecipare, come è legittimo alla vita pubblica. La collettività se, sempre a titolo di esempio, deve scegliere un proprio rappresentante va messa in condizione di disporre delle informazioni, nessuna esclusa, che riguardano lo stesso.

I Savoia, allora, hanno diritto all’oblio? Occorre distinguere una serie di profili; hanno scelto di essere personaggi pubblici, addirittura fanno dell’immagine un proprio momento distintivo. La loro riservatezza è dunque attenuata, ma è corretto rievocare un episodio quando è seguita un’assoluzione? Ha ragione la Cassazione allorché precisa che un conto è la responsabilità penale, un altro quella civile ed etica. Va però detto che Vittorio Emanuele, rinunziata ogni «pretesa monarchica» e rifiutati i riflettori, ha diritto, come ciascuno di vivere in pace la propria vita. Quindi questa pronunzia, che pure appare fondata su un ragionamento giuridico e di fatto credibile, non metterà la parola fine al dibattito sull’oblio: perché siamo di fronte ad un equilibrio instabile per definizione.
 
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