“Baricentrismo”: le lacrime tardive del Salento

di Paolo PAGLIARO*
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Martedì 24 Gennaio 2017, 13:21
Credo che ormai tutti si rendano conto della bontà e dell’urgenza di certi ragionamenti e mi pare che la necessità di porre un freno al distacco crescente fra Salento e Bari e il resto della Regione Puglia e d’Italia non sia più terreno di scontro, ma convincimento unanime. A tal proposito intendo suddividere questa mia riflessione in due parti. La prima di carattere più politico, la seconda di concreta elencazione dei tanti peccati originali che frenano il nostro sviluppo.
Il Salento è dietro. È dietro nelle classifiche, nelle graduatorie, nell’organizzazione di modelli socio-economici e in tutta una serie di cose. È come se non avessimo mai avuto una classe dirigente a far da palo e sentinella o come se altri avessero compiuto a spese del Salento i peggiori atti di violenza e sopruso con il nostro silenzio complice.
Non accusiamo nessuno, perché abbiamo un senso di responsabilità alto, ma diciamoci le cose senza ipocrisia, convinti come siamo, tuttavia, che la distanza dai centri decisionali (il cosiddetto baricentrismo), o la strafottenza dei governi regionali e nazionali sono diventati patrimonio di tutti gli opinionisti, i giornalisti, gli imprenditori, gli universitari, gli amministratori della vecchia Terra d’Otranto e, pertanto, dopo quasi 20 anni e più di 7 anni che, senza interruzione e con molta fatica, abbiamo sbugiardato gli imbrogli e gli scippi a nostro danno, oggi, grazie a Dio, tutti gridano “al ladro, al ladro”.
Il problema è che abbiamo perso degli anni, tempo prezioso che sarà difficile da recuperare. Magari però non impossibile, soprattutto se le dirigenze politiche di questo territorio decideranno una volta per tutte di lavorare per obiettivi e di combattere le ingiustizie.
La strategia in atto appare perversa e del tutto contraria alle esigenze e ai bisogni del Grande Salento, come opportunamente rilevato qualche giorno fa da Lino De Matteis sulle colonne del Nuovo Quotidiano di Puglia. Tutto vero, ma perché consentire che si arrivasse fino a questo punto. Non possiamo fare una colpa a Bari intanto divenuta Città Metropolitana,con tutti i vantaggi annessi, di essere stata capace a tal punto da garantirsi una marcia in più, no di certo. Il caso Frecciarossa è emblematico, assolutamente chiarificatore della situazione che ci troviamo a dover subire.
Insomma stava ai nostri politici di difendere le ragioni del Salento, ciò non è avvenuto e il Grande Salento, una buona idea che aveva testa ma non gambe, si è rivelata un’occasione mancata, uno spreco di tempo e denaro, un ripiego inutile.
Ciò che serviva era ben altro, era il corretto coordinamento di tutta una serie di indirizzi politici e amministrativi da parte della Regione Puglia che al contrario ha prodotto il potenziamento delle tratte aree sul Palese e non sul Casale, che si fa attribuire i treni veloci, prevedendo gli investimenti per la stazione di testa per l’alta velocità a Bari , trascurando il capolinea Lecce, che vede unti gli ingranaggi promozionali e organizzativi della Fiera del Levante a fronte della morte della Fiera del Salento, che vede sponsorizzati i festival di Bari città ignorando le sensibilità artistiche del Salento che si gira dall’altra parte sulle criticità di Tap, Cerano e Ilva. Un elenco da estendere ad altri tanti punti che per motivi di spazio oggi tralasciamo.
E poi c’è il dibattito, che guarda caso si arricchisce di spunti polemici e che vede protagonisti inattesi e sorprendenti esponenti delle istituzioni che, dall’incuria e dal disprezzo con cui hanno trattato l’allarme baricentrismo lanciato qualche anno fa, oggi si fanno paladini, sulla carta, di una battaglia a difesa della posizione. Tutti pronti ad accusare la Regione Puglia di essere matrigna nei confronti di buona parte del suo territorio, magari di quello che fa fatica riconoscersi in un quadro politico di quota barese. Come si vede è sempre quello il nodo da sciogliere: la Regione. Eppure si continua a perdere tempo, si continua a favorire indirettamente il baricentrismo, con una complicità ipocrita e doppiogiochista, che ha finito per indebolire il nostro sistema geografico agli occhi del Governo centrale. Nessuno può e deve fare i conti senza il Salento, lo dimostrano le classifiche di gradimento della nostra cultura, l’appeal della nostra offerta turistica, la seducente supremazia del nostro mare. Tutto questo quindi come si sposa con la totale mancanza di considerazione da parte dei vari governi? Si spiega facilmente con l’assenza di un interlocutore forte, autorevole, responsabile e cioè la Regione Salento che sarebbe un determinante contraltare istituzionale da spendere nel burrascoso rapporto fra Stato e suoi organi periferici, tra Roma e i confini dell’impero. Forse dette così certe cose assumono un altro significato. Ecco perché alle forze politico istituzionali vorremmo proporre un patto, un patto per la sopravvivenza di Lecce, Brindisi e Taranto. Chiamatelo come volete, Grande Salento o bel Salento, ma sbrighiamoci, se non vogliamo che venga cancellato del tutto dalle mappe della geografia economica.

* Dirigente nazionale Forza Italia
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