Negli ospedali test rapidi e termoscanner. L'ipotesi: controlli non solo sui sanitari
Positivo primario al Fazzi. Altri 5 contagi in casa di riposo. Nuovo caso a Merine

Negli ospedali test rapidi e termoscanner. L'ipotesi: controlli non solo sui sanitari Positivo primario al Fazzi. Altri 5 contagi in casa di riposo. Nuovo caso a Merine
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Martedì 24 Marzo 2020, 10:10 - Ultimo aggiornamento: 17:35
La notizia è di questa mattina: è risultato positivo al test per il Covid 19 anche il direttore del reparto di Chirurgia toracica del Vito Fazzi di Lecce. La sanificazione del reparto e degli ambienti in cui ha sostato il medico, è già in corso. Le misure di prevenzione sono quindi scattate e il Servizio di igiene pubblica della Asl di Lecce, come sempre nei casi di positività, sta ricostruendo la rete dei contatti “stretti” del medico per sottoporre a quarantena chi ha avuto rapporti di lavoro e personali con la persona contagiata. Dopo i due medici degli Infettivi e l’infermiere di sala operatoria (di un’equipe che non faceva parte dello staff della Chirurgia toracica), il Fazzi deve fare i conti con il caso di contagio di un primario.

A SOLETO SALGONO A 7 I CONTAGI IN CASA DI RIPOSO
Intanto salgono i contagi nella casa di riposo a Soleto: al momento sono complessivamente 7 i pazienti contagiati. Tra i sanitari ci sono 4 persone contagiate e una tra gli ospiti, ma altri tamponi sono in corso.
Nella stessa casa di riposo era morta una donna.

MERINE: RICOVERATA UNA COPPIA
Due anziani di merine ricoverati per covid. La moglie era già ricoverata e questa mattina hanno ricoverato il marito.

(Maddalena Mongiò)


SALE IL NUMERO DEI MEDICI CONTAGIATI
Almeno 72 operatori sanitari, tra medici e infermieri, sono stati contagiati dal coronavirus e altre decine sono in isolamento per precauzione. Gli ospedali, paradossalmente, rappresentano la speranza per la guarigione ma, allo stesso tempo, sono i punti più vulnerabili del sistema, è lì che il virus può insediarsi facilmente e far scoppiare focolai come accaduto in Lombardia. L'allarme lo lancia la stessa task force regionale, coordinata dal professore Pierluigi Lopalco, in una circolare trasmessa a ospedali e Asl sabato scorso: «Al momento attuale si legge - l'ambiente assistenziale in Puglia rappresenta una importante fonte di diffusione del virus Covid-19. Dei 241 di cui abbiamo informazione sulla professione, al momento 72 casi (29,8%) sono in operatori sanitari. Questi operatori hanno potuto contrarre l'infezione in comunità o durante l'attività lavorativa, ma il dato epidemiologico importante è rappresentato dal fatto che ben un terzo dei casi complessivi sono potenzialmente in condizione di accendere focolai ospedalieri, con potenzialità di diffusione comunitaria». Tra i 72 operatori sanitari contagiati, ci sono anche tre medici ricoverati.

L'IPOTESI DI TEST RAPIDI
La questione pone due problemi: la protezione degli operatori e, di conseguenza, degli ospedali e il controllo quotidiano della situazione. Per quanto riguarda il primo nodo, ieri il direttore del dipartimento Salute, Vito Montanaro, ha annunciato ai sindacati durante una videoconferenza che sono arrivate dalla Cina 100mila mascherine: non tantissime, ma almeno saranno utili per arrivare a fine mese, in attesa che dalla Protezione civile nazionale le consegne diventino più costanti. Sulla seconda questione, quella del monitoraggio, la task force regionale sta pensando di risolverla con i test rapidi. Confermato il no ai tamponi a tappeto per individuare i casi positivi di coronavirus, il gruppo di lavoro sta studiando la possibilità di utilizzare, a campione, test rapidi. «Le autorità regionali si legge nella stessa circolare regionale stanno valutando al momento l'opportunità di eseguire indagini sieroepidemiologiche attraverso l'utilizzo di test rapidi». Nel documento viene evidenziato che i test non possono essere validati come «test diagnostici individuali» perché il livello di affidabilità è basso, però «possono essere utili a conoscere, a livello di popolazione complessiva, la diffusione del virus nella comunità ospedaliera o di popolazione in generale. Servono cioè ad avere una idea della quota di popolazione che sia entrata in contatto con il virus».
Ci sono diverse tipologie di test rapidi e la task force sta valutando quali utilizzare sulla base della maggiore affidabilità: tra i test c'è, ad esempio, l'Antibody Determination Kit che è stato già utilizzato in Cina; oppure il Simplexa COVID-19 Direct Kit che ha ricevuto il via libera negli Usa. La procedura è veloce, ma il risultato non affidabile come quello del tampone: sostanzialmente, si fa un prelievo di sangue capillare, pungendo un dito, si mette una goccia di sangue nella provetta del device, si aggiunge un buffer specifico, si aspetta la reazione. La task force, quindi, al momento sta valutando l'ipotesi di usare questi test rapidi sia su «un campione di ospedali selezionati» che in «campioni della popolazione generale».

TERMOSCANNER DAVANTI AGLI OSPEDALI
L'altro provvedimento che sta per essere adottato da tutte le Asl prevede l'installazione di termoscanner davanti agli ingressi degli ospedali. Le aziende sanitarie, su direttiva della Regione Puglia, si stanno attrezzando per dotare tutti gli ospedali di apparecchi per la rilevazione della temperatura corporea da posizione agli ingressi in modo da riuscire a monitorare chiunque entri, dipendenti e visitatori. Al Policlinico di Bari, ad esempio, è già attivo un termoscanner, la buona pratica verrà estesa al resto delle strutture. Un altro metodo per evitare l'ingresso a persone asintomatiche o con lievi sintomi è l'uso del saturimetro, un piccolo apparecchio simile ad una molletta che attaccata all'estremità del dito riesce a misurare la quantità di ossigeno presente nel sangue e a rilevare se ci sono problemi respiratori. Il saturimetro, molto probabilmente, verrà impiegato anche nell'assistenza domiciliare dei casi meno gravi: i pazienti le cui condizioni permetteranno di evitare il ricovero, verranno monitorati grazie a questo piccolo aggeggio.
(Vincenzo Damiani)

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