Truffa con l’antiracket, primi interrogatori e la Gualtieri si difende

Truffa con l’antiracket, primi interrogatori e la Gualtieri si difende
di Alessandro CELLINI
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Domenica 14 Maggio 2017, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 13:36

Dopo il terremoto giudiziario, ieri è stato il giorno della difesa. Fatta nelle aule giudiziarie e davanti ai taccuini dei giornalisti. È toccato agli indagati - soprattutto quelli colpiti da misure cautelari - dimostrare la propria estraneità rispetto alle accuse mosse dalla Procura e messe nero su bianco in 371 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo.
Proprio davanti al gip Gallo ieri sono comparsi gli indagati “eccellenti”. A cominciare da quella che viene ritenuta “capo, promotore e organizzatore” dell’associazione per delinquere: Maria Antonietta Gualtieri, presidente dell’associazione “Antiracket Salento”. La donna, difesa dagli avvocati Luigi Rella e Paolo D’Amico, ha risposto alle domande del giudice nel corso di un interrogatorio andato avanti per oltre due ore. Gualtieri ha respinto con forza l’accusa di aver gestito in maniera truffaldina l’associazione, incassando soldi grazie a una serie di false fatturazioni e fittizie assunzioni di personale. «La mia gestione è stata sempre corretta», ha sostenuto davanti al gip. Per il momento resta in carcere: i suoi legali valuteranno in seguito se avanzare richiesta di scarcerazione.
Interrogatorio lungo e complicato anche per l’assessore al Bilancio del Comune di Lecce Attilio Monosi, nei cui confronti il giudice ha emesso un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici per un anno. L’assessore, carte alla mano, ha cercato di smontare le accuse che hanno rappresentato un vero e proprio scossone politico. Monosi è finito nel mirino della Procura per il suo ruolo nell’ambito dei lavori effettuati dalla Saracino Costruzioni nella nuova sede leccese dell’Antiracket Salento, in via De Simone. Quei lavori sono stati pagati due volte: prima dal Comune di Lecce, poi dal ministero dell’Economia. L’accusa nei confronti di Monosi ruota tutta attorno alla possibilità che lui sapesse di quel pagamento - non dovuto - da parte di Palazzo Carafa. Per dimostrare la sua estraneità, l’assessore - assistito dall’avvocato Riccardo Giannuzzi - ha portato al gip alcuni documenti che proverebbero la sua estraneità alla vicenda, almeno nella fase iniziale. Perché poi, quando venne messo al corrente di quel pagamento, si sarebbe attivato perché il Comune ritornasse in possesso del denaro. Prima, in maniera bonaria, cercando di convincere Giancarlo Saracino, titolare dell’azienda, a restituire i soldi. Poi, più avanti, con un provvedimento ufficiale. Nello specifico, Monosi ha consegnato al giudice la delibera di Giunta con cui è stata promossa un’azione giudiziaria nei confronti della ditta, a maggio 2016. E la ricevuta del bonifico, a dimostrazione del pagamento, effettuato dalla Saracino Costruzioni, a luglio dello stesso anno. Documento di cui la Procura non era in possesso, tanto che nell’ordinanza si legge che quella somma «non risulta essere stata ancora recuperata alle casse dell’Ente pubblico». Monosi, in sostanza, ha rimarcato come lui abbia tentato di correre ai ripari non appena messo al corrente della situazione. C’è un’intercettazione in cui l’assessore chiarisce la situazione a Saracino: «Non ne teniamo pezze a colori, perché noi quei soldi non li dovevamo pagare, punto. Per superare questo problema - aggiungeva Monosi - chiaro che una volta che noi riceviamo l’accredito, perché il Ministero paga te, restituisci i soldi...». La conversazione risale al gennaio del 2015, almeno quattro mesi dopo che Monosi era venuto a conoscenza del doppio pagamento.
 
All’interrogatorio erano presenti anche i due pubblici ministeri titolari dell’inchiesta, i sostituti procuratori Roberta Licci e Massimiliano Carducci, che per Monosi avevano chiesto l’arresto, richiesta poi rigettata dal giudice. L’avvocato Giannuzzi ha presentato al gip una richiesta di revoca della misura. Il giudice deciderà lunedì, dopo aver sentito il parere dei due pm.
Giornata di interrogatori anche per Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del Comune, Serena Politi, stretta collaboratrice della Gualtieri, e Pasquale Gorgoni, funzionario dell’ufficio Patrimonio di Palazzo Carafa.

Il primo ha risposto alle domande del gip cercando di respingere le accuse che gli vengono mosse e che in particolare lo dipingono come il braccio destro della Gualtieri nella gestione della parte amministrativa e contabile dell’associazione Antiracket, nonostante fosse un dipendente pubblico. Gli altri due, invece, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Per la Politi, l’avvocato Giuseppe Milli ha presentato già un ricorso al Tribunale del Riesame.

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