Petrolio, c'è l'ok per Global Med nel basso Salento

Petrolio, c'è l'ok per Global Med nel basso Salento
di Alessandra LUPO
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Lunedì 4 Settembre 2017, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 14:21
Chi pensa che le istanze per la ricerca di petrolio sulle coste salentine restino a vita nei cassetti ministeriali dovrà ricredersi: quella delle ultime ore è stata infatti una doccia fredda per il basso Salento, dove la società petrolifera Global Med LLC con sede in Colorado- ha ottenuto il primo fondamentale via libera dal Ministero dell’Ambiente per avviare la ricognizione nei mari dell’Adriatico settentrionale attraverso l’airgun.
Si tratta di due concessioni, in realtà, la prima è la d89 FR GM e misura 744,6 kmq “nel Mar Ionio settentrionale di fronte alla punta meridionale della penisola salentina” ed è già stata approvata, la seconda è in via di approvazione ed è la d90, 749 kmq in un'area contigua. Si tratta di una porzione di mare molto estesa e che si trova di pochissimo al di là delle 12 miglia nautiche, quindi fuori dalla fascia di interdizione delle trivelle confermata anche dal referendum abrogativo del 2016.
Come si legge nel decreto del Ministero dell’Ambiente che porta la data del 31 agosto si dà il via libera alla compatibilità ambientale per l’indagine sismica di fronte alla penisola salentina al largo dei comuni di Tricase, Gagliano del Capo, Ugento, Racale, Alessano, Castrignano del Capo, Taviano, Andrano, Diso, Otranto, Morciano di Leuca, Patù, Tiggiano, Gallipoli, Alliste, Salve, Santa Cesarea Terme, Castro, Corsano), dove si avvierà la cosiddetta “crociera sismica”.
Un termine piuttosto inquietante, a dirla tutta, che indica l’attività di indagine 2D attraverso l’utilizzo di airgun, ovvero cannoni ad aria compressa che provocano onde sismiche sottomarine permettendo di scandagliare i fondali attraverso appositi rilevatori sonori. Con questa tecnica di ispezione dei fanghi e del sedimento posto dai 150 ai 500 metri di profondità è quindi possibile capire se nel sottosuolo esistono o meno sacche di petrolio.
Il via libera è arrivato con le prescrizioni consuete dei Beni culturali, che prevedono l’immediata sospensione delle attività qualora le indagini sismiche dovessero evidenziare la presenza di reperti archeologici o altre anomalie, basti pensare che nell’area ad esempio furono trovati in passato alcuni vecchi ordigni risalenti al secondo conflitto mondiale.
Una questione, questa, contenuta nella pioggia di osservazioni, di associazioni, enti e singoli cittadini della zona, arrivate negli anni scorsi all’indirizzo del Ministero per opporsi alla ricerca di petrolio sulle coste pugliesi e nello specifico alla tecnica dell’airgun che seppur considerata meno invasiva è ritenuta da una parte del mondo accademico pericolosa per i mammiferi marini.
 
Durante i 60 giorni che precederanno la crociera sismica infatti la società è tenuta – si legge ancora nella Via ministeriale – a piazzare alcune sono - boe che rileveranno in grado di determinare i valori di soglia di rumore entro i quali potranno esserci disturbi comportamentali e danni fisiologici. Ma anche quali sono le frequenze pericolose per i cetacei riguardo i quali le imbarcazioni dovranno anche dotarsi di un osservatore altamente specializzato.
L’istanza per l’area del basso Salento venne presentata dalla società americana a ottobre del 2014, aprendo a una lunga serie di istanze analoghe arrivate da ogni parte del globo e in buona parte ancora in piedi.
La reazione delle comunità locali fu immediata: Comuni, Provincia e Regione si opposero fermamente insieme a Università ed Ente Parco. Lo stesso fecero associazioni, cittadini, politici. Persino la Chiesa prese posizione, rilanciando l’idea del Salento come parco. Tra le principali motivazioni della contrarietà, l’analisi dei biologi marini come il professor Ferdinando Boero e la sua equipe convinti che «oltre all’ipotesi di impatto letale che avrebbero eventuali incidenti con gravi sversamenti di petrolio, le sole perdite di carattere  fisiologico comporterebbero, in maniera irreversibile per il Mar Mediterraneo e tutta la sua economia una vera e propria catastrofe, vanificando gli sforzi per la conservazione di una cultura e di una tradizione note ed apprezzate in tutto il mondo. Il mar Mediterraneo infatti è un bacino chiuso collegato all’oceano dal solo stretto di Gibilterra che assicura il ricambio e le correnti necessarie ad attenuare l’effetto».
 
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