Trepuzzi, licenziava e intascava i contributi: condannato

Trepuzzi, licenziava e intascava i contributi: condannato
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Sabato 21 Novembre 2015, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 09:07
Avrebbe licenziato tre dipendenti intascando ugualmente i contributi previsti per incentivare le assunzioni e aiutare le piccole imprese. Oltre 23mila euro finiti nelle sue tasche. Con l’accusa di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato è stato condannato a un anno e otto mesi di reclusione D.P., imprenditore 41enne di Trepuzzi.



La sentenza è stata emessa ieri dal giudice della prima sezione collegiale Francesca Mariano, che ha rivisto di poco al ribasso la richiesta di condanna a due anni del pubblico ministero Massimiliano Carducci. L’uomo era difeso dagli avvocati Walter Zappatore e Maria Nigro, che avevano chiesto l’assoluzione. Il giudice ha anche disposto una provvisionale di 10mila euro nei confronti del Comune di Lecce, che si era costituito parte civile nel processo con l’avvocato Tiziana Bello.



Le indagini erano partite nel dicembre del 2011, a distanza di oltre tre anni dai fatti. In particolare, i tre dipendenti erano stati assunti il 26 e il 27 settembre del 2007, e poi licenziati a gennaio, febbraio e giugno 2008, data in cui la stessa azienda ha cessato ogni attività. Un tempo non sufficiente - erano necessari tre anni di contratto - a trattenere i 23.241 euro erogati dal Comune di Lecce in seguito al bando Por Puglia, nell’ambito di “azioni formative e piccoli sussidi, sostegno alla piccola impresa in ambito urbano”. Il reato si sarebbe consumato nel momento in cui l’imprenditore non ha comunicato al Comune il licenziamento dei tre dipendenti.



Ma è proprio su questo punto che si è incentrata la discussione dei legali dell’uomo. Stando alla versione della difesa, infatti, la cessazione del rapporto di lavoro era dovuta alla crisi economica, che aveva portato anche alla chiusura dell’azienda: chiusura tempestivamente comunicata - spiegano i legali - al Comune di Lecce. Semmai, hanno argomentato gli avvocati, si sarebbe trattato di un illecito civile e non di natura penale. Non è stato però dello stesso avviso il giudice Mariano, che al termine della camera di consiglio ha condannato l’imprenditore 41enne. Una sentenza, questo è certo, che ben presto verrà impugnata in appello dai difensori dell’uomo.
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