Il pubblico ministero Guglielmo Cataldi aveva chiesto la condanna di Scazzi a sei anni e 30mila euro di multa (per porto d'arma, minaccia e tentata estorsione) e sei mesi per gli altri per minaccia, invocando l'assoluzione dal reato più grave. Le motivazioni della sentenza non sono ancora note, ma non è escluso che abbiano inciso le dichiarazioni rilasciate durante il processo dal neo-collaboratore di giustizia Antonio Pierri, 31 anni, di Squinzano. Questi, ascoltato in videoconferenza, nell'udienza del 28 gennaio aveva confermato che gli imputati erano presenti al momento dell'agguato, ma che a premere il grilletto era stato un cittadino rumeno. Le rivelazioni di Pierri (al quale, proprio a fine giugno, non appena si diffuse la notizia della sua collaborazione con la magistratura, fu incendiata l'auto di famiglia) potrebbero essere lo stimolo per l'apertura di un nuovo capitolo giudiziario, visto che il giudice Toriello ieri ha chiesto alla Procura di indagare sul ruolo dello straniero nella vicenda. E non solo. Hanno avuto un peso anche le dichiarazioni della vittima che inizialmente accusò i tre uomini, ma poi ritrattò, sia davanti agli inquirenti che dinanzi al giudice. In particolare, Barbetta riferì di aver avuto una discussione accesa con gli imputati e che questi ritornarono sotto casa sua con una Fiat Multipla, condotta da Poso e dalla quale scese Scazzi imbracciando un fucile.
Certo è che Barbetta quella notte non riportò neppure un graffio. In ospedale, invece, finì lo zio 62enne, Donato Capraro, con ferite alla mano destra per i vetri della finestra raggiunta dai proiettili e un principio di infarto. Nel giro di poche ore, gli uomini dell'Arma chiusero il cerchio e arrestarono in piazzetta Santa Chiara, nel centro storico di Lecce, Scazzi e i due compaesani. Gli imputati erano difesi dall'avvocato Ladislao Massari.