Copiarono all'esame di avvocato: sei mesi di servizi sociali per pentirsi

Copiarono all'esame di avvocato: sei mesi di servizi sociali per pentirsi
di Alessandro CELLINI
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Sabato 3 Dicembre 2016, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 14:00
Sei mesi per dimostrare di essersi “pentiti”, di aver chiuso quel capitolo della propria vita professionale che ha rappresentato per loro una macchia. E per provare a togliersela di dosso, quella macchia.

Protagonisti sono gli avvocati “copioni”, quelli scoperti a violare le regole durante le tre prove scritte dell’esame di Stato del dicembre 2012, relative al distretto di Lecce (che comprende anche le sedi di Brindisi e Taranto): in 89 sono imputati in un processo per violazione della legge numero 475 del 1925, che punisce «chiunque in esami o concorsi, presenta come propri dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno». In quel caso, gli aspiranti avvocati copiarono da Internet. E ieri per quindici di loro è arrivato l’ok da parte del giudice Silvia Saracino alla richiesta di messa alla prova; per quasi tutti gli altri, l’istanza dei difensori è stata depositata proprio ieri, e dunque si deciderà nell’udienza del 27 febbraio.
Quelli nei cui confronti invece si è già deciso - perché avevano depositato l’istanza nel momento della opposizione al decreto penale di condanna dello scorso anno - accederanno a un programma di trattamento, gestito dall’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe), che prevede sostanzialmente lavori di pubblica utilità. Centottanta giorni il tempo ritenuto congruo dal giudice Saracino.

Dopo questi sei mesi, verrà valutata la condotta degli imputati, ed eventualmente verrà estinto il reato. Il presunto illecito fu scoperto al momento della correzione degli elaborati: la commissione esaminatrice di Catania si accorse di alcune “singolari coincidenze”, annullò i loro compiti e li inviò alla commissione d'esame locale presieduta dall’avvocato Francesco Flascassovitti.

È così che partì l’inchiesta condotta dal procuratore capo Cataldo Motta con il prezioso contributo del vicequestore Floriana Gesmundo e del funzionario tecnico Andrea Carnimeo, del compartimento di polizia postale di Bari, e dell’ispettore Salvatore Antonio Madaro, della sede di Lecce. Le indagini svolte utilizzando potenti software, come il Tetras, consentirono di entrare nei cellulari degli indagati, ovviando al sequestro, partendo proprio dal numero fornito dagli stessi nelle domande di ammissione, di scorporare le e-mail scambiate con gli studi legali, gli sms in entrata e in uscita, e le connessioni a siti web specializzati in diritto durante le ore delle prove scritte.
Poco più di un anno fa fu emesso un decreto penale di condanna a pagare 11mila euro di multa. A fronte di quella condanna, quasi tutti presentarono opposizione, e oggi si ritrovano ad affrontare un processo. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Enrico Gargiulo, Federico Pellegrino, Marco Castelluzzo, Pasquale Corleto, Antonio Savoia, Anna Inguscio e Cristiano Solinas.
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