Filobus, Salvemini “chiama” Delrio:
«Già bruciati 23 milioni, ora smontiamo pali e cavi»

Filobus, Salvemini “chiama” Delrio: «Già bruciati 23 milioni, ora smontiamo pali e cavi»
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Lunedì 25 Settembre 2017, 10:21
Il ministro Graziano Delrio è già avvisato già da qualche giorno: se il filobus è costoso e non serve, meglio smontarlo. Si tratta di mettere nero su bianco, con il Comune, tutti i passaggi: certificare che non ci sono penali da pagare e che non ci sono ostacoli normativi. Poi, bisogna definire un piano d’intervento e, ovviamente, i costi per togliere mille pali (più cavi sospesi) dalle strade di Lecce.
«Rimuoveremo il filobus perché ci costa un milione di euro l’anno e non serve a nessuno. Finora, di milioni di risorse pubbliche, ne sono stati bruciati ben 23. Toglieremo pali e fili al minor costo possibile per il Comune. Sarò a Roma il prossimo 5 ottobre»: il sindaco Carlo Salvemini rompe gli indugi e, dopo essere tornato a “studiare” il caso, scende in campo per confermare un obiettivo annunciato in campagna elettorale. E motivo di scontro, in questi anni, con gli avversari del centrodestra.
C’è la data del vertice con Delrio e in questi giorni gli uffici comunali stanno anche mettendo a punto una prima previsione di spesa: a Roma bisogna andare preparati e pronti a rispondere ad ogni rilievo su una vicenda molto delicata. Nei mesi scorsi si era parlato anche di un esperto del settore per sbrogliare ogni parte dell’intricata matassa. «Al ministero dei Trasporti - scrive Salvemini - ribadiremo le ragioni d’interesse pubblico che motivano questa richiesta riguardante il filobus: è stato progettata su previsioni di traffico passeggeri totalmente false (trasporta 650 passeggeri al giorno contro i 15.000 previsti); non ha nessun collegamento con la rete ferroviaria; non serve i comuni limitrofi; comporta ogni anno oneri aggiuntivi rispetto al servizio bus pari a circa un milione di euro».
I soldi spesi, appunto. Quelli che, per Salvemini, sono sprechi. Risorse senza un “ritorno”. Che, sommati anno dopo anno, realizzazione compresa, fanno una grossa somma. «Su questi presupposti - aggiunge il sindaco - sono stati bruciati 23 mln di euro di risorse pubbliche, di cui gran parte ministeriali». E non finisce qui perché, conclude Salvemini, «pende oltretutto l’ipotesi corruttiva - come da processo in corso - secondo la quale l’opera è stata pensata e voluta per dare vantaggio ad alcuni e non alla cittadinanza».
Si tira dritto, dunque. Nessun dubbio, nessun ripensamento ad ormai quattro mesi dal termine di una campagna elettorale in cui Salvemini, sulla questione filobus, si era giocato molte. Un impegno che era diventato parte integrante del programma di governo: lo smontaggio dei pali come obiettivo da raggiungere senza neanche indugiare troppo. Tema sul quale il primo cittadino era tornato, in fase di approvazione di bilancio della Sgm, snocciolando anche una serie di cifre a sostanziare il suo ragionamento. Gestionale, appunto, oltre che estetico.
«I numeri che mi vengono riportati dagli uffici dell’assessorato e dalla Sgm - aveva detto Salvemini - confermano che la gestione del filobus è insostenibile per le casse comunali e che non vi è, per la mobilità pubblica urbana, alcun beneficio nonostante i tanti anni di esercizio». Numeri contenuti nel bilancio 2016 della società partecipata e giudicati inconsistenti dagli stessi vertici: l’azienda, in quel passaggio, definita come irrisorio il maggior ricavo, per 51mila euro annui, ottenuto da bus e filobus in particolare. Quasi una miseria, per usare un’espressione forte, a fronte delle spese sopportate per i 12 mesi del 2016: il filobus, carte alla mano, costerebbe alle casse dell’ente 1,2 milioni di euro ogni anno.
 
Ma c’è di più. I maggiori ricavi ottenuti l’anno scorso - scrivevano ancora da Sgm - sono dovuti non al fatto che i leccesi abbiano cominciato a usare più spesso i mezzi pubblici, ma ad incentivi e leggi che, in questi ultimi anni, hanno favorito le aziende dei trasporti.
Certo, lo scorso maggio, rispondendo alle domande di Quotidiano, i funzionari stessi del ministero che avevano seguito la pratica del filobus all’inizio degli anni Duemila, hanno specificato che smontarlo «non sarebbe un passaggio indolore».
Un’operazione difficile quella dello smontaggio? Un iter complesso? Ma Salvemini punta sul fatto di poter convincere il ministero, che ha finanziato quota parte dell’opera per 13 milioni e 297mila euro, di essere parte lesa in questa vicenda. Perché «Palazzo Carafa - queste le parole del sindaco alcuni mesi fa riportate da Quotidiano - ha chiesto il finanziamento di un’opera su presupposti totalmente sbagliati, su volumi di traffico abnormi e inesistenti e attorno a un percorso errato, incapace di porsi al servizio dei bisogni dei cittadini. E siamo ancora in attesa di capire se nella progettazione della filovia si siano consumati intenti corruttivi, questione che è al vaglio degli inquirenti e che sarà un processo a chiarire. L’ipotesi è che il filobus sia stato realizzato perché così avrebbe deciso il consulente giuridico dell’allora sindaco di Lecce: una circostanza che ha indotto il Comune a costituirsi parte civile in quel processo».
A Palazzo Carafa, dopo i primi colloqui con il ministero dei Trasporti, sono ottimisti. «Si può fare», si lasciano scappare negli uffici. E si può fare soprattutto se, come sostiene Salvemini, non c’è la penale da pagare per quello che viene considerato uno smontaggio “anticipato” dell’opera. Lo confermano i funzionari del Comune e lo confermano tutti i documenti che ne autorizzarono il finanziamento e la costruzione: dalla legge 211 del 26 febbraio del 1992 - con la quale sono stati stanziati finanziamenti per “Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa” - all’accordo del 2004 fra l’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi e l’ex sindaco Adriana Poli Bortone. Strada in discesa se dovesse confermarlo il ministero il 5 ottobre. Procedure rapide se, tranne il costo “vivo” dello smontaggio, non dovessero esserci altri intoppi.
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