«Salento, troppi malati»
Le priorità di de Castris: ambiente e corruzione

«Salento, troppi malati» Le priorità di de Castris: ambiente e corruzione
di Erasmo MARINAZZO
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Sabato 22 Aprile 2017, 14:02

Più attenzione alla tutela della salute e dell’ambiente. Alla lotta alla corruzione. Senza dimenticare, tassativamente, che il terrorismo potrebbe essere dietro alla porta. Più attenzione all’ambiente perché «nel Salento ci si ammala troppo». Senza per questo trascurare i settori tradizionali della criminalità: è il nuovo corso dell’ufficio della Procura di Lecce annunciato da Leonardo Leone de Castris.
Nella cerimonia di ieri di insediamento a capo della Procura e della Direzione distrettuale antimafia, de Castris ha parlato anche della sua idea delle funzioni del magistrato: «Dovremmo frequentare più il dubbio che le certezze. Non siamo al centro del mondo. Ricordo spesso che siamo solo vincitori di concorso e che non abbiamo l’investitura popolare».
I sorrisi dei colleghi, gli applausi, le strette di mano e le pacche sulle spalle hanno dato la misura dell’approvazione del progetto di riorganizzazione gli uffici della Procura per i prossimi otto anni. Per il dopo Cataldo Motta.
Nell’aula magna della Corte d’Appello gremita di magistrati come anche di avvocati, di personale amministrativo e di rappresentanti delle forze dell’ordine, de Castris ha in pratica annunciato in che termini imposterà il lavoro della Procura. Il cambiamento. Ed ha fatto capire di conoscere le problematiche di natura penale del territorio, come pure le dinamiche cristallizzatesi da tempo nell’ufficio che dirige da ieri.
«Forse tutti voi vi aspettate di capire cosa voglia questo signore», ha detto nelle prime battute. «Che idea abbia della Procura e delle funzioni della magistratura. Vengo da due esperienze diverse, una da un ufficio piccolo, abbastanza di frontiera (Rossano Calabro), l’altra più grande di Lecce (Foggia, ndr). Mi hanno insegnato alcune cose, queste esperienze: primo, la Procura deve essere un ufficio di prossimità, deve aprirsi alla gente ed abbandonare l’atteggiamento autoreferenziale. Sul fronte dei reati da perseguire resto convinto della necessità di non cedere di un millimetro nella lotta alla criminalità, tradizione di questo ufficio. E con lo stesso livello di attenzione, dedicarsi alla tutela della salute e dell’ambiente: nel Salento ci si ammala troppo. E dedicarsi al contrasto alla corruzione ed a tutti i reati contro la pubblica amministrazione. Infine, non ci dimentichiamo che nei prossimi anni noi tutti dovremo fare certamente i conti con i fenomeni terroristici. Questo è inevitabile e non dovremo mai dimenticarlo».
Il nuovo procuratore ha riservato parole di elogio all’avvocatura salentina, «...il foro di Lecce può essere portato ad esempio come modello da esportare per stile e deontologia». Ed anche al personale amministrativo messo al centro del funzionamento della macchina della giustizia.
Alla sua idea di organizzazione dell’ufficio ed al cambiamento che intende apportare, de Castris ha dedicato la seconda parte del discorso: «Dal punto di vista interno vorrei una Procura che si sentisse squadra, in cui ognuno avesse non solo la percezione ma l’intima convinzione di essere al pari degli altri, di avere le medesime possibilità, prerogative ed opportunità. Il capo, in questo suo essere vertice si manifesta nel coordinamento e nell’indirizzo, ma anche come parte di una squadra».
Una organizzazione orizzontale, più che verticistica, l’obiettivo: «Tutte le decisioni di tipo organizzativo vengono prese in assemblee, collegialmente, possibilmente all’unanimità, quando non è possibile a maggioranza. Non so se sarà possibile, mi sono sempre sforzato nelle precedenti esperienze, credo di esserci riuscito. Conoscendo tutti o quasi tutti i colleghi, sono convinto che sarà così».
Infine, l’ultima riflessione è stata dedicata alla funzione del magistrato di amministratore della giustizia: «Credo che noi tutti dovremo cercare di frequentare di più il dubbio che le certezze.

Come dire, considerare che la nostra posizione è sempre molto relativa ma mai al centro del mondo. Perché la verità è sempre molto più complessa di quella che appare. Che in definitiva quando noi ci troviamo a firmare un atto, così detto cautelare o un rinvio a giudizio, qualsiasi atto decisivo, ci dovremmo ricordare che abbiamo in mano la vita e la morte delle persone, i loro destini, le loro professioni, le loro aziende. In quei momenti dovremo ricordarci di essere solo dei vincitori di concorso. Ossia non abbiamo l’investitura popolare, non abbiamo un mandato di rappresentanza. Alcuni colleghi, in buona fede, a volte confondono la loro funzione, pensano di dovere fare la storia, fare la notizia: ecco l’ultima cosa che penso debba fare un magistrato è cercare il consenso. Perché il consenso è pericoloso e non appartiene alla professione. Noi dobbiamo cercare la legittimazione. Che è una cosa diversa».

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