«Investite nella musica: qui c’è l’energia giusta». Claudio Coccoluto, il più famoso dj producer italiano, non ha dubbi

«Investite nella musica: qui c’è l’energia giusta». Claudio Coccoluto, il più famoso dj producer italiano, non ha dubbi
di Ilaria Marinaci
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Sabato 28 Novembre 2015, 15:43
«Non serve chiudere i locali contro lo sballo. L’economia della notte può essere trainante e nel Salento trovo l’energia della Ibiza di vent’anni fa». E se lo dice lui, bisogna crederci perché Claudio Coccoluto è il più famoso dj producer italiano. Re della disco da almeno due decenni, Coccoluto, fra gli ospiti del convegno “Tenera è la notte”, fa una difesa appassionata non dei locali notturni ma della musica. E spiega perché, a suo parere, Gallipoli e il Salento hanno tutto da guadagnare puntando su questo settore.

Economia del divertimento, sicurezza e legalità. Tutti i temi di questa due giorni lei li conosce molto bene.
«Anche se i temi sono concatenati, i piani di discussione sono differenti. Sul piano economico, dovremmo invocare le volontà politiche visto che abbiamo un premier che ha messo al centro dell’agenda l’industria turistica italiana, di cui l’intrattenimento notturno è parte integrante. Le prove di questo arrivano dall’estero, da Berlino, per esempio, che ha una vita notturna così effervescente che compensa il minor numero di monumenti e musei rispetto a Roma e Parigi. Poi questo piano economico si deve coniugare con la parte della sicurezza e della legalità, per la quale ci vorrebbe una discussione sulla cultura del divertimento, su cosa si possa fare per scongiurare gli eccessi senza cercare facili capri espiatori».

Cioè senza arrivare alla chiusura delle attività che funzionano?
«La chiusura del Cocoricò equivale, per fare un paragone automobilistico, alla chiusura della Maserati. La musica è la più bistrattata delle Muse. Vorrei vedere un paese che difende l’istituzione culturale della musica in tutte le sue espressioni, inclusa quella dell’intrattenimento notturno».

Lei, infatti, ama definire feste le serate in discoteca.
«Lo faccio per cercare di spiegare a quelli che io chiamo i diurni che la festa in discoteca dà un coinvolgimento diverso da un concerto o da altri tipi di fruizione musicale. Per questo è il luogo principale di aggregazione giovanile. Esiste una forma di interazione e di comunicazione che va al di là dello show e che vede le persone ballare fianco a fianco sullo stesso disco, fregandosene della razza, del sesso, della provenienza sociale, delle convinzioni politiche. Invece di prendere il buono di questo, noi peschiamo nel torbido per via di fattori esterni».

Che sono le droghe.
«Ma le droghe in discoteca le portano gli spacciatori, che vanno combattuti fuori dai locali, non dentro, chiudendoli. Non vedo la logica di simili provvedimenti. Vedo, invece, polvere buttata sotto al tappeto».

Fra qualche giorno, dopo 4 mesi il Cocoricò riapre ma con l’ingresso vietato ai minori di 18 anni. Cosa ne pensa?
«Io sono socio di un locale a Roma, il Goa, aperto da vent’anni. Già sei anni fa abbiamo deciso, spontaneamente e senza pressioni esterne, di vietare l’ingresso ai minorenni perché abbiamo capito che, in questa società privata di punti di riferimento, un adolescente non è preparato ad affrontare l’evento discoteca. Questa cosa, fatta prima al Cocoricò, probabilmente avrebbe salvato la vita di quel ragazzino. È una misura minima già in vigore in altri stati occidentali».

A giugno, in tempi non sospetti, lei è stato protagonista di una serata speciale del Cocoricò a San Patrignano. Com’è andata?
«Vedere gente, passata attraverso il tunnel della droga e anche della fruizione sbagliata dei locali, venirmi a dire, alla fine dell’esibizione, di non essersi mai divertita come quella sera, ha il sapore del riscatto morale».

Cosa pensa della realtà attuale di Gallipoli e del Salento?
«Vengo nel Leccese da molto prima che diventasse di moda. Una volta, quando ti dicevano che avevi una serata a Gallipoli, la prima cosa che pensavi era la distanza. Con le strade vecchie di allora, ci si impiegava circa quattro ore da Bari ed erano pesanti da fare prima di una serata».

Quindi, lei ha visto il Salento prima e dopo. Come lo trova oggi?
«Penso davvero da tempi non sospetti che questa terra possa essere una sorta di Ibiza italiana, dove Ibiza va intesa come sinonimo di eccellenza. Mi riferisco soprattutto all’energia. La prima volta che sono stato ad Ibiza, nel 1990, mi venne a prendere all’aeroporto Josè Padilla, il dj storico del Cafè del Mar, uno che ha inventato la chillout music e che faceva finire “The greg gig in the sky” dei Pink Floyd esattamente quando il sole spariva all’orizzonte. A cena mi spiegò Ibiza come si racconta la religione a un nuovo adepto. Le discoteche erano santuari dove la musica aveva una forza quasi spirituale. Tutto questo, che ora a Ibiza si è perso, io l’ho ritrovato qui, dove i ragazzi hanno un attaccamento alla terra, all’estate, al mare che si eleva a livello spirituale e un rapporto speciale con la musica».

Secondo lei, insomma, il Salento deve puntare sull’economia della notte?
«Sì, sono sicuro che crescerà ancora e diventerà geopoliticamente importante, perché la Grecia è in ribasso per via di una crisi strutturale, la Spagna, a parte Ibiza, si è un po’ ammosciata e il resto del Mediterraneo è inutile citarlo. Non a caso io conosco tanti imprenditori della notte del Nord che stanno investendo qui, dove ci sono tutti i presupposti per uno sviluppo a lungo termine».
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