«Camminiamo sulla cenere e ci piange il cuore». Il viaggio dei trekker nel Salento colpito dagli incendi

«Camminiamo sulla cenere e ci piange il cuore». Il viaggio dei trekker nel Salento colpito dagli incendi
di Anna Manuela VINCENTI
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Venerdì 20 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 09:08

Le suole delle scarpe calpestano cenere e gli occhi, che cercano il verde, trovano solo nero, marrone e grigio. I colori di un paesaggio devastato dal fuoco. «Sembra di camminare sui carboni ardenti, sulla cenere. Ci guardiamo intorno e ci piange il cuore».

Il viaggio nel Salento colpito dagli incendi

Le scarpe e gli occhi sono quelli dei “camminatori”, osservatori speciali perché con i loro piedi arrivano laddove le quattro ruote non possono: nel cuore naturale del Salento, nei boschi, nelle pinete, sulle coste impervie. Conoscono bene ogni metro quadrato di questo territorio, eppure - ora - faticano a riconoscerlo. Dopo gli incendi, sono tornati sui luoghi mangiati dalle fiamme: agli Alimini, a Porto Badisco, a Santa Cesarea Terme, a Castro, a Marittima. Giusto per fare qualche esempio. 
Le foto postate in questi giorni danno l’impressione che si cammini sui carboni. Un fermo immagine di un’estate che sta ardendo il Salento e la Puglia, secondi in Italia solo alla Sicilia per numero di incendi.

 

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«Quando per la prima volta ho visto le “Muntagne de Peppe Ozza” tra i paesi di Castro e Marittima dopo l’incendio - racconta Agnieszka Maria Fijal, presidente dell’Asd Camminatori Salentin -, mi è venuto da piangere, mi sembra incredibile vedere il Salento così cambiato.

La prima volta che sono andata al bosco delle Orte per una passeggiata in bicicletta era quindici anni fa, ma già da dieci anni il paesaggio non è più lo stesso, gli incendi hanno raso al suolo tanti alberi alterando il panorama. E poi ogni anno brucia, un bosco in più. Quest’anno prima Santa Cesarea, gli Alimini, Porto Badisco, senza dimenticare i roghi che hanno interessato Lecce e dintorni. Ogni volta che camminiamo in questi luoghi ci piange il cuore. Fortunatamente però noi che camminiamo sulle ceneri, notiamo anche l’erba che ricresce e la natura che si rigenera: ma passeranno decenni prima di sperare di ritrovare quello che c’era. Ci siamo ripromessi di ritornare a settembre». 

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Il Salento è fatto di luoghi aspri ed incantati, come il Parco “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase”. Luoghi identitari che sfuggono completamente al passaggio di chi percorre le strade d’asfalto, battute dalle auto, e pertanto rimangono li, lasciati nel loro tempo. E per fortuna. «I numerosi ed inarrestabili incendi stanno cambiando definitivamente anche questi paesaggi - spiega Francesco Minonne presidente del Parco Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase -, il fuoco da queste parti c’è sempre stato, ha creato la biodiversità rendendo unici ed identitari molti dei nostri luoghi, ma adesso le fiamme non si fermano più, invadono spazi, colpiscono comunità vegetali arboree, esemplari vetusti, comunità animali: sono fuori da ogni controllo. Non c’è più la cura di un tempo, non ci sono più le campagne curate con gli alberi taglia fuoco e la vegetazione che blocca le fiamme. Ora niente ferma il fuoco. Abbiamo bisogno di nuove visioni, di una prospettiva: dobbiamo capire cosa possono diventare questi uliveti abbandonati con centinaia di proprietari parcellizzati su pochi chilometri, come si fa ad interloquire con tutti? Intanto si continua a camminare sui carboni spenti che scricchiolano sotto le scarpe, in attesa di rivedere questi luoghi in inverno quando la natura avrà fatto il suo corso, perché il paesaggio va visto e vissuto in tutte e quattro le stagioni».
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