Rifiuti, tariffe da rivedere batosta sui Comuni
Scatta l’allarme dissesto

Rifiuti, tariffe da rivedere batosta sui Comuni Scatta l’allarme dissesto
di Paola ANCORA
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Venerdì 28 Ottobre 2016, 20:38 - Ultimo aggiornamento: 20:40

Il rischio dissesto è dietro l’angolo. Insieme a quello, altrettanto concreto, di una inchiesta della Corte dei Conti per un presunto danno erariale. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato rischia di mandare gambe all’aria i conti di molti Comuni del Salento, in particolare di quelli piccoli e medi. Perché quel verdetto boccia senza appello l’ex Ato Provincia di Lecce e la condanna a pagare alla Progetto Ambiente 25 milioni di euro per il mancato aggiornamento delle tariffe di conferimento dei rifiuti agli impianti gestiti dall’azienda di Antonio Albanese. E la condanna è definitiva: non ci sono altre strade giudiziarie da percorrere per uscire dal pantano nel quale l’ex Ato è finita. Si deve pagare. E subito, hanno stabilito i giudici, negando ai Comuni anche la possibilità di rateizzare il debito maturato con l’impresa.
Di più. Il contenzioso aperto da Albanese è antico e non si è mai riusciti ad arrivare a una soluzione pacifica. Così nella sentenza di fine giugno del Tar di Lecce - che l’ex Ato ha impugnato inutilmente - sempre i giudici amministrativi hanno ribadito che l’Ato deve ottemperare ai precedenti verdetti sul tema, che hanno sempre accolto le ragioni dell’imprenditore, rappresentanto al Tar e al Consiglio di Stato dall’avvocato Luigi Quinto. Hanno stabilito che l’ex Ato deve applicare le tariffe aggiornate decise dai giudici (79,96 euro a tonnellata per il 2010; 79,45 euro/ton per il 2011; 77,67 euro/ton per il 2012; 77,07 euro/ton per il 2013 ndr) «senza operare alcuna correzione» come invece l’Ato aveva fatto in precedenza e deve pagare «immediatamente, senza possibilità di dilazionare unilaterlamente la corresponsione delle somme. In caso di mancata ottemperanza dell’Ato al termine dei 60 giorni - hanno scritto i giudici - il collegio si riserva di fissare un importo a carico dell’Ato per ogni ritardo ulteriore rispetto al termine fissato».
Ritardo che è maturato, sì, perché nel frattempo l’ex Ato, sparando tutte le “cartucce” che aveva a disposizione, ha presentato anche ricorso per revocazione: ha cioè sostenuto che i giudici avevano commesso un errore formale. E anche su questo ha avuto torto: il ricorso è stato respinto. E per ogni giorno di ritardo maturato dopo il 27 agosto - data in cui scadeva il termine fissato dal Tar per saldare i debiti con Albanese - l’ex Ato e quindi i Comuni saranno chiamati a pagare una penale, ancora da quantificare. È questo che potrebbe smuovere l’interesse della Corte dei Conti e che, certamente, sta già armando gli uffici legali dei Comuni, pronti a dare battaglia ai dirigenti dell’ex Ato qualora venissero individuati precisi responsabili dei mancati aggiornamenti tariffari.

 

Le somme che i Comuni sono chiamati a pagare, del resto, sono da capogiro: per l’ex Ato Lecce 1, il Comune di Lecce sarà chiamato a pagare circa tre milioni di euro; Melendugno, 492mila euro; Campi salentina, 311mila euro; Porto Cesareo, ben 529mila euro; Squinzano, 277mila euro; Surbo, 407mila euro; Leverano, 287mila euro e Veglie 366mila euro; Copertino, 389mila euro; Monteroni, 262mila euro. Per l’ex Ato Lecce 2, il Comune di Galatina dovrà pagare 615mila euro; quello di Gallipoli, 987mila euro; Galatone, 487mila euro; Maglie, 290mila euro; Nardò, più di un milione e 100mila euro; Otranto, 315mila e Sannicola 158mila euro. Per l’ex Ato Lecce 3, Ugento dovrà pagare 565mila euro; Casarano, 507mila euro; Tricase, 415mila; Taviano, 347mila euro; Racale 332mila euro. E poi ci sono i Comuni piccoli, come Soleto, che dovrà pagare più di 100mila euro; Corigliano, 100mila euro; Neviano, 104mila euro; Alezio, 141mila euro; Lequile, 159mila euro; Calimera, 137mila euro. E via così, in un quadro che, a scorrere i numeri, fa rabbrividire amministratori comunali e cittadini. Perché Antonio Albanese ha subito chiuso a ogni possibilità di dialogo con i Comuni: «L’ex Ato ha sempre voluto differire il pagamento - ha detto a Quotidiano - mettendo l’azienda in gravissima difficoltà, perché per i ritardi abbiamo subito una perdita di quattro milioni di euro ogni anno». E mettendo mano al portafogli per saldare i debiti, spiegano i sindaci, «se non sarà dissesto, si dovrà comunque andare a una compressione dei servizi nelle diverse comunità».

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