Albaservice, secondo giorno traffico in tilt: la protesta blocca l'ingresso di Lecce

Albaservice, secondo giorno traffico in tilt: la protesta blocca l'ingresso di Lecce
di Paola COLACI
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Martedì 19 Aprile 2016, 22:11 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 14:30

Sono tornati in strada anche questa mattina i lavoratori di Alba Service, che bloccano da questa mattina l'ingresso nord della città paralizzando i traffico

Si tratta del secondo giorno di protesta dopo il vertice di martedì in prefettura da cui sono arirvate pessime notizie per il loro futuro occupazionale.

L'azienda è infatti sull’orlo del baratro: la Corte dei Conti boccia la richiesta della Provincia di anticipare le somme promesse dal governo per salvare la società partecipata. E monta la rabbia dei 121 lavoratori: ieri sera i dipendenti hanno bloccato via XXV luglio per quasi un’ora e mezza e stamattina sono tornati a bloccare la strada dalle 9 contro il licenziamento collettivo. La protesta si sposta anche al resto della città: dal Duomodove una decina di lavoratori si sono barricati da qualche ora al cinema Massimo, dove i dipendenti Alba Service minaccianodi bloccare il festival del cinema europeo per essere ascoltati.


Ma i sindacati ora promettono: «Questa volta non ci fermeremo, protesteremo ad oltranza».
Quelladi ieri doveva essere la serata della svolta per la società con 121 dipendenti che è in liquidazione dallo scorso settembre. I rappresentanti di Regione Puglia, Provincia e sindacati, convocati dal prefetto Claudio Palomba per le 17, avrebbe dovuto analizzare in sede di tavolo tecnico il parere che la Corte dei Conti ha fornito al presidente Antonio Gabellone nelle scorse ore. Nessun rappresentante della Regione, invece, all’incontro. Mentre alla richiesta avanzata dall’amministrazione provinciale di anticipare i 2 milioni di euro che il governo aveva promesso incia per garantire la manutenzione di strade e scuole l’organo contabile dello Stato ha risposto con un secco no. Un parere vincolante contro il quale la Provincia non può andare in deroga e non potrà anticipare neppure un euro delle somme che avrebbe dovuto già incassare dallo Stato entro il 28 febbraio scorso. Sebbene la Legge di Stabilità 216 avesse previsto 245 milioni di euro complessivi da trasferire ai nuovi enti di secondo livello per i settori di cui si occupa parte del personale di Alba Service, a tre mesi di stanza non è stato emanato alcun decreto ufficiale di stanziamento dei fondi. Ma i soldi servono e il tempo a disposizione per il personale di Alba Service sta per scadere. I lavoratori sono allo stremo. Da nove mesi non percepiscono più gli stipendi e lo scorso 10 febbraio il commissario liquidatore Maurizio Spagnulo ha avviato le procedure di licenziamento collettivo. La prima fase della mobilità scadrà nelle prossime ore. Poi ci saranno ancora 30 giorni di tempo per provare a individuare una soluzione in grado di far ripartire Alba Service e mettere al riparo 121 famiglie dal rischio di licenziamento. Se entro la fine di maggio da Roma non saranno giunte almeno le comunicazioni sulle somme da destinare alla società, per i dipendenti della società sarà davvero la fine.

E così, dopo l’ennesima fumata nera,  la tensione è tornata ai massimi livelli. I lavoratori che stazionavano davanti alla Prefettura hanno reagito con rabbia, occupando per venti minuti via XXV Luglio. Ma il sit in è solo il preludio di quella che i sindacati annunciano come un’azione di protesta a oltranza. E chiamano in causa la politica. «È disgustoso – attacca Mirko Moscaggiuri di Cgil - perché il destino dei lavoratori è legato alle somme dello Stato. E i nostri rappresentanti politici sono tutti responsabili di una situazione che ormai è diventata esplosiva».

Per Carmela Tarantini e Valentina Donno, di Fisascat Cisl, «nonostante gli impegni assunti dal vice ministro Bellanova siamo ancora in alto mare. E a pagare sono sempre lavoratori». Giuseppe Mancarella, rappresentante dei Cobas, annuncia: «Questa volta non ci fermeremo, protesteremo ad oltranza». Vito Perrone, di Ugl, tuona: «È ora che la Regione e i nostri rappresentanti del governo si assumano la responsabilità di dire che fine devono fare queste famiglie». Alessandro Monosi, di Cisl, si chiede: «Siamo davvero lavoratori di serie B? Non capisco perché per tutte le altre vertenze il Mise apra tavoli di crisi e noi, invece, siamo destinati a subire nell’indifferenza generale. È una vergogna». E il salvataggio appare sempre più in bilico.

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