Tra i pendolari delle Ferrovie Sud Est, in attesa del "cambiamento"

Tra i pendolari delle Ferrovie Sud Est, in attesa del "cambiamento"
di Paola ANCORA
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Lunedì 14 Dicembre 2015, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 09:54
Binari vuoti e pioggia battente. Studenti, migranti e poche anziane con le buste della spesa aspettano, intirizziti, l’arrivo del treno. Qualcuno deve andare a Muro leccese, qualcun’altro a Tricase, a Gallipoli. L’attesa si consuma sulle scale del sottopasso che porta ai binari: il numero sei e il sette, infatti, cioè quelli lungo i quali corrono i treni delle Ferrovie Sud Est, sono scoperti, non hanno pensiline né coperture di sorta che possano consentire a chi aspetta di farlo all’asciutto d’inverno e senza soffrire la canicola d’estate. «Ma a che ora arriverà il treno per Muro?» chiede una ragazza dai lunghi capelli neri. «Scusi, sa dirmi qual è il binario per arrivare a San Pancrazio?»: qualcuno prova a indovinare quale convoglio arriverà, a dare indicazioni ai viaggiatori occasionali.

L’improvvisazione di Fse sublima nelle giornate di pioggia e il trasporto funziona soltanto grazie alla disponibilità del personale, che si premura di dare tutte le informazioni necessarie - e, soprattutto, disponibili - alla gente in attesa.

La notizia che l’assemblea straordinaria del 24 novembre scorso ha rimosso l’amministratore unico di Fse Luigi Fiorillo e nominato un Consiglio di amministrazione di tre componenti è arrivata anche qui, fra chi ogni giorno usa i treni e gli autobus delle Sud Est per raggiungere la scuola, l’Università o il posto di lavoro. Si è insinuata nella rassegnazione di chi, da anni, sale e scende dalle littorine anni Sessanta senza poter mai toccare con mano un miglioramento reale del servizio, nonostante i tanti annunci e le promesse fatte dalla politica. E ha solleticato domande e richieste per il nuovo Cda di Sud Est, perché il trasporto malandato garantito fino a oggi diventi almeno dignitoso e in tempi rapidi, ancor prima che si metta mano al risanamento, imprescindibile perché la società del ministero dei Trasporti possa avere, realmente, un futuro.

«Dovrebbero intervenire innanzitutto sui ritardi» dice Clarissa De Donno, 21 anni di Muro leccese, studentessa universitaria. «Lunedì scorso - racconta - siamo stati fermi 50 minuti a Zollino perché la coincidenza da Gallipoli per raggiungere Muro, non arrivava mai. Un ragazzo che aveva appuntamento dal medico si è molto arrabbiato, ha chiesto spiegazioni e gli hanno risposto che avevano “perso” il treno, davvero». E se pure appare improbabile che si perdano le tracce di un treno, tutto è possibile nell’universo Fse, dove quando un treno si guasta non c’è altra scelta che sopprimere le corse, senza avvisare i viaggiatori.
«Alla fine - sospira Clarissa - nonostante fossimo partiti da Muro alle 7.42, siamo arrivati a Lecce alle 9.20, un’eternità».

Nora Berdad, 19enne di Cannole, studia Scienze politiche e delle Relazioni internazionali. «Oggi prendo il treno - spiega - ma in genere sfrutto gli autobus, che sono una vera e propria schifezza. La fermata è alla Questura, su viale Marche, e già questo è un controsenso - spiega - perché siamo costretti a fare due abbonamenti, uno con Sgm per prendere la circolare e raggiungere la Questura dalle sedi universitarie e uno di Fse». Per qualche famiglia, la doppia spesa non è sostenibile e, inoltre, la fermata alla Questura non ha spazi adeguati per l’attesa. «Quando piove, come oggi - prosegue - nel pullman dobbiamo stare tutti in piedi perché le infiltrazioni bagnano i sedili e li rendono fradici. Una volta un autista ci ha preallertati che eravamo a rischio, perché il volante non funzionava a dovere. Ma allora, mi chiedo, perché siamo partiti ugualmente? In un’altra occasione, ha preso fuoco il motore, all’altezza di Maglie. La società dovrebbe subire cambiare i mezzi e intervenire sulle fermate, cambiandole, creandone di nuove e di diverse per rendere più funzionale il servizio».

Arriva una coppia di ragazze, ricci rossi e zaino in spalla. «Dove arriva il treno per Martina Franca?». Non il conforto di un display elettronico, l’indicazione di orari e ritardi eventuali, nulla. Si stringono nelle spalle e tornano indietro, in stazione, a cercare informazioni utili dal personale Fse e sul tabellone centrale, proprio all’ingresso. «Mancano le basi - interviene Manuela, 28enne di Tricase - mancano panchine e pensiline per chi aspetta e questa parte della stazione, che nel suo complesso non brilla, è lasciata a se stessa, non ha un minimo di cura, nemmeno dal punto di vista estetico». Qualche volta, Manuela ha provato a raggiungere Salve con i treni Fse, «ma sono anni che ci dicono che sulla linea ci sono lavori in corso ed è interrotta. Nessuno che sappia dirci di che lavori si tratti. E così - aggiunge - siamo costretti a scendere dal treno e prendere un bus».

I dipendenti tamponano, spiegano, giustificano, provano a riempire con qualche parola i vuoti scavati negli anni dentro il corpo vivo di Ferrovie Sud Est, schiacciate dai debiti - si stima un buco di 250 milioni di euro - e senza lo straccio di un piano industriale da anni.

«Ora che la “testa” è cambiata - grida un dipendente Fse correndo incontro al treno in arrivo da Gallipoli - speriamo riescano a garantirci lo stipendio, e a pagarlo con puntualità». Quello di ottobre, infatti, è stato accreditato ai 1.300 dipendenti Fse con 13 giorni di ritardo proprio a causa dei problemi di liquidità della società.

«Speriamo cambi tutto - interviene Valentina, studentessa di Economia - perché la verità è che dalle littorine vecchie agli orari, ci sarebbe davvero bisogno di un cambiamento radicale». La Puglia se lo aspetta.