Parigi terra di salentini: le storie di chi ce l’ha fatta

Parigi terra di salentini: le storie di chi ce l’ha fatta
di Giorgia SALICANDRO
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Martedì 3 Maggio 2016, 21:03 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 19:46
All'inizio del Novecento era un approdo per gli operai, poi arrivarono, a frotte, gli intellettuali in fuga dal regime fascista, e gli artisti che portano alto il nome dell'Italia. Ma questa è storia nota. Quello che raccontiamo oggi è, invece, il presente di una Parigi multiculturale, che richiama lavoratori e cervelli in fuga dall'Italia soprattutto con l'industria dell'alta moda e le possibilità offerte dal sostegno statale alla formazione e alla cultura. Ma anche grazie al cibo e all'universo di ristoranti e affini che vi ruota intorno, parte integrante dell'economia, oltre che del carattere, della città.
È, questa, la Parigi che appartiene ai tanti salentini sparsi tra i venti “arrondissement” - le divisioni amministrative – e le centinaia di ex “villaggi” e quartieri, dal centro fino alle banlieu più lontane. Sono in 2.583 che abitano qui e arrivano dalla sola provincia di Lecce: 1408 maschi, 1175 femmine. Tanti sono gli iscritti all'Aire, l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero che però, si badi bene, conta solo gli effettivi cambi di residenza. Numeri anche più ampi se i confini si allargano: in tutto 5.180 salentini se si contano anche le province di Brindisi e di Taranto.



Roberta Baldi, psicologa

«Il lavoro è premiato rispetto all’Italia»

A Parigi avrebbe dovuto restarci un anno, il tempo giusto per studiare e pensare al da farsi, dopo le prime difficoltà lavorative incontrate in patria. Il “treno” era una borsa di studio di “Bollenti spiriti”, il programma regionale di sostegno all'alta formazione. Sfortuna volle che la rigorosa burocrazia francese si bloccasse proprio negli ultimi giorni della pratica, ma fu forse quell'inceppo a rendere più ostinata Roberta Baldi nella sua scommessa con l'estero. Pagato a proprie spese il master in “Psicosociologia”, nel 2010 Roberta arriva a Parigi. In tasca, una laurea in Psicologia alla Sapienza e un primo esperimento di lavoro nel suo paese, Porto Cesareo, con un progetto del Comune rivolto alle scuole. Poi, poco altro.
«In Italia, per lavorare come psicologo bisogna avere la specializzazione in Psicoterapia nella maggior parte dei casi – commenta - ma la psicoterapia è solo una delle possibili vie. In Francia la figura dello psicologo è più riconosciuta».
È così che, dopo essere passata da un ristorante italiano e da una biblioteca, il tempo utile per imparare il francese, la giovane psicologa decide di restare a Parigi, dove trova lavoro come docente in diverse scuole e in un istituto per malati psichiatrici. Il resto della giornata trascorre tra amicizie internazionali, ritrovi salentini animati dai coinquilini suonatori di pizziche e tarantelle, e i bistrot di Montreuil, paesino della periferia parigina dove è possibile «avere una vita di quartiere». Ma qualcosa, confessa Roberta, in questo turbine di esperienze ancora sfugge. Il senso in una “casa” - è questo il rovescio della medaglia - è forse più difficile da conquistare nel bel mezzo di un brulichio costante di esperienze da tutto il mondo, che non davanti al mare piatto di Porto Cesareo, nei giorni di tramontana. Con il Salento, come in ogni rapporto d’amore che si rispetti, è un po' “odi et amo”. «Tornerei, ma non a qualunque costo – dichiara - tornerei per realizzare un progetto: un’associazione di arteterapia, ad esempio, o di incontro tra culture. Ho tante idee, ma è difficile quando ci si scontra con la mentalità stagnante e familistica da cui sono fuggita».


Angelo Laudisa, produttore cinematografico
«Rapito dal cinema. Un festival per Acaya»

Nel '96 Angelo Laudisa aveva 32 anni, la temerarietà della giovinezza e la sensazione di aver fatto il suo tempo in Italia. Trasferitosi, ancora bambino, da Lecce a Milano insieme ai genitori leccesi “doc”, a quel suo viaggio mancava, ora, un ultimo passo.
Quell'anno arrivano in contemporanea due proposte, una per New York, l'altra per Parigi, come vice presidente di una società di entertainment. Nella sua testa, il futuro scorre come i fotogrammi di un bel film: a contare, però, è l'ultima scena, che allarga l'inquadratura sul buio di una sala cinematografica. «Ho scelto Parigi perché sono un cinefilo – racconta - a Milano inseguivo i film più astrusi che arrivavano ai d'essay, Parigi è la mecca stessa del cinema di tutto il mondo».
Sentirsi un personaggio della Nouvelle vague lungo i boulevard di Sanint-Germain-des-Prés, entusiasmarsi come un bambino visitando i luoghi di Melies e dei fratelli Lumièr, gli basta per poco: il cinema, lui, vuole farlo. E così si lancia nel mondo della produzione, prima un film, poi un altro, al terzo lascia un posto da AD e vi si dedica a tempo pieno. Laudisa riesce a inserirsi, lavora in produzioni importanti, come “Paradise lost” con Benicio del Toro. «I francesi, a differenza della politica italiana, hanno capito che con la cultura si mangia, eccome» commenta.
Dell'Italia è il Salento, “set” dei suoi primi ricordi d'infanzia, l'immagine che continua a catturarlo - decisamente più di Milano. Qui, nel Duomo di Lecce, l'anno scorso ha sposato Frederique Maillard, giornalista della tv nazionale francese.
«Un giorno a Parigi vedo una lunga fila fuori da una sala – ricorda - sul cartellone c'era “Pizzicata” di Edoardo Winspeare, e la cosa straordinaria è che l'ho scoperto qui». Il cinema, l'unica vera lingua madre, è il trait d'union anche con la sua terra. Tant'è che, quest'estate, a casa non porterà bon bon ma un festival di film francesi, il primo nel Salento - ad Acaya - pensato insieme al regista Alessandro Valenti. Che si chiamerà, non a caso, “Vive le cinema”.


Maria Rosaria De Benedittis, responsabile di sala
«Scuola di qualità, restiamo per i figli»

Sognavano qualcosa di diverso dalla solita trattoria tipica, ma la scommessa da giocarsi non era stata semplice. Al resto avevano contribuito le giornate che finivano a notte fonda tra la cucina e il libro dei conti. Così, quando al loro ristorante neretino arriva un giorno uno chef francese che prospetta l'apertura di un nuovo locale in patria, Maria Rosaria De Benedittis e suo marito non ci pensano due volte. Parigi, patria per eccellenza dell'alta cucina, ai due coniugi offre un immaginario fertile. «Eravamo un po' scoraggiati – racconta Maria Rosaria - ci siamo detti: proviamo a fare un'esperienza diversa, in un contesto più grande». Detto, fatto: a novembre 2014 la famiglia si trasferisce a Boulogne Billancourt, una zona residenziale dell'interland metropolitano.
Certo, non è stata proprio una passeggiata. Maria Rosaria, dopo aver transitato per vari locali, ha trovato lavoro come responsabile di sala in un ristorante-trattoria italiano. Suo marito, invece, è riuscito a entrare nella società di Alain Ducasse, riferimento della ristorazione francese. Per entrambi, lavorare da dipendenti comporta meno stress; del resto, spiega Maria Rosaria, all'estero si può mantenere dignitosamente una famiglia con due bambini anche senza essere titolari di un'attività: «Volevamo goderci la crescita dei nostri figli: questo ce lo ha permesso Parigi».
E oggi sono proprio loro, i bambini, che tengono la coppia ben salda nella capitale francese: «Il sistema scolastico francese è eccezionale, qui si investe davvero sulla formazione – dichiara - ai miei figli, che fanno la seconda e la quinta elementare, non ho mai dovuto comprare neppure un quaderno. Il più grande è stato quindici giorni sulle Alpi, ha seguito lezioni di sci con attestato finale, il tutto con un contributo veramente minimo, che varia in base al reddito».
Ma una parte del cuore resta a Nardò. Tant'è che in queste settimane Maria Rosaria sarà in paese per lavorare al rilancio del Modò.


Antonio Rizzello, imprenditore
«Gli affari crescono: qui tante opportunità»

Un po' come gli amanti della vela, Antonello Rizzello va dove trova il vento buono. Enfant prodige con il fiuto per il gli affari, la Francia è stato il suo primo mare aperto, che gli ha permesso di navigare veloce e costruire una fortuna. E ora, dopo oltre dieci anni a Parigi, segue ancora il vento che cambia e sta progettando di tornare stabilmente in patria, a Nardò.
Dopo la laurea in Economia bancaria all'Università del Salento, Antonello Rizzello arriva in Francia per un dottorato di ricerca a Nantes. Sparge curriculum, valuta varie offerte, accetta quella di una startup con sede a Parigi, che lavora nel settore dei minerali e fa breccia nei suoi antichi sogni da “piccolo chimico”. Antonello fa carriera, un anno più tardi già dirige l'intera società. Ma non si ferma qui. «Nel 2009 ho sviluppato una macchina per la spettometria di massa portatile, che analizza i minerali in modo innovativo, e ho fondato una mia azienda – racconta - stringendo una collaborazione con una grossa multinazionale».
Nel frattempo continua a investire e apre altre società. Però in quegli anni il vento cambia ancora, in Francia vengono introdotte nuove politiche sulla tassazione e lui decide di trasferire i suoi investimenti Budapest. Parigi, con una moglie e una figlia francesi, e un appartamento a due passi dall'Opéra, resta la sua casa. Ma non per molto. Perché Antonello, da bravo “lupo di mare”, segue il vento che lo riporta sulla costa jonica neretina, dove il turismo di lusso è ormai un business che paga. A Nardò apre il relais Il Mignano, poi il residence Quattro Colonne, e ora sta per inaugurare un'altra attività.
E, oggi, sembra essere quello il suo nuovo porto, approdo sicuro anche per una vita più serena. «Santa Caterina, perché no? Parigi è magnifica, ma esige di dover lavorare e guadagnare moltissimo per poter vivere comodamente – spiega - e poi dopo gli attentati l'aria è cambiata, mia moglie lavora per un'industria farmaceutica israeliana e, non lo nego, non siamo tranquilli. Io non ho mai dimenticato la mia terra, e oggi il Salento è un buon progetto per noi».


Federica Romano, visual merchandiser
«Città piena di bellezza, ma c'è anche la nostalgia»

Se dici alta moda, dici Parigi. Federica Romano lo sa bene, nel suo ufficio in pieno centro, tra Place de la Concorde e Madeleine, da cui transitano top manager e super blogger del fashion mondiale. Eppure lei a Parigi è arrivata, strano caso, per seguire il marito farmacista. Nata a Galatina, una laurea a Bologna in Scienze della comunicazione con indirizzo in “Fashion marketing”, si trasferisce poi nella capitale italiana della moda, Milano, dove vive per otto anni. A luglio sposa un «veneto purosangue» con il pallino della Francia e, voila, si ritrova a Parigi.
Fortuna vuole che, lavorando per Gucci, non abbia problemi a tenere il suo posto da visual merchandiser, e oggi è a capo di un team internazionale di italiani e francesi che cura l'immagine di tutti i negozi Gucci in Francia.
«Sono stata catapultata qui che non conoscevo neanche la lingua, ma in effetti Parigi è sempre stato un punto fermo nel mio cuore – commenta – e ora mi ci trovo benissimo: è una città che, a differenza di Milano, puoi girare in bicicletta e ti si riempiono gli occhi di bellezza». Certo, come dimenticarlo, manca la luce del Salento: «Qui d'inverno sembrano tutti diversi, più chiusi – scherza - appena arriva un raggio di sole la gente cambia, diventa più simpatica».
Ma gli inceppi della vita parigina, purtroppo, sono ben altri. «Gli attentati sono un pensiero che resta, anche se si tenta di tenerlo da parte, perché altrimenti non si va avanti – commenta - ma ancora a distanza di qualche mese mi sono ritrovata ad aver paura in un teatro».
Nel Salento, lo sa bene Federica, sarebbe tutto più facile. Tranne che la vita quotidiana di una visual merchandiser. «La realtà leccese è fatta di piccoli imprenditori, purtroppo mal si concilia con il mio lavoro, che non è molto sdoganato. La soluzione è tornare a casa appena posso e fare rifornimenti alimentari a non finire. Mi manca il cibo, ma anche il mio mare, la mia famiglia: in questo sono un'emigrante nostalgica»



 
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