Parabita, l’esordio dei commissari:
«I cittadini tornino ad avere fiducia»

Parabita, l’esordio dei commissari: «I cittadini tornino ad avere fiducia»
di Daniela PALMA
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Venerdì 24 Febbraio 2017, 13:54

Il primo atto della nuova era, quella chiamata a riportare la presenza dello Stato dopo lo scioglimento di una macchina dov’è insidiosamente serpeggiato il malaffare mafioso, è stato dire stop agli affidamenti diretti. Dall’acquisto di una penna a quello di un Boeing, dagli incarichi professionali all’affidamento dei lavori per la realizzazione di opere pubbliche, tutto – hanno sottolineato più volte i neo-insediati commissari straordinari - passerà da procedure ad evidenza pubblica e dal Mepa, il Mercato elettronico della Pubblica amministrazione. Inizia così il primo giorno dei 18 lunghi mesi di commissariamento di Parabita. Una prassi, certamente. Ma in un momento così delicato, con lo Stato che sta dispiegando tutte le forze per far sentire la sua voce forte e chiara, libera da ogni compromesso, è soprattutto una questione di metodo.
Il viceprefetto Andrea Cantadori, il viceprefetto Gerardo Quaranta e il dottor Sebastiano Giangrande, nominati dal Prefetto di Lecce Claudio Palomba dopo lo scioglimento dell’Amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose, si sono insediati in queste ore in Municipio, assumendo le competenze di norma spettanti a sindaco, Giunta e Consiglio comunale. Due i compiti principali: quello amministrativo, con le incombenze burocratiche da sbrigare, e quello ispettivo, con atti e decisioni precedenti da passare al vaglio per confermarle o, eventualmente, modificarle o annullarle. L’obiettivo principale, però, resta sempre uno: restituire ai cittadini fiducia nelle Istituzioni. E lo specificano più volte i commissari stessi: «Il nostro arrivo in Comune ha uno scopo preventivo, serve a ribadire che il lavoro delle Istituzioni non può essere inquinato da interessi di altro tipo». Nessuna patente di “mafiosità” per gli amministratori uscenti, sottolineano, invitando a distinguere il piano giudiziario da quello amministrativo. «Il commissariamento è una misura di carattere amministrativo. La valutazione di merito su arresti, responsabilità e condanne spetta unicamente alla magistratura», hanno specificato Cantadori, Giangrande e Quaranta. Solo la conclusione del procedimento giudiziario a carico dell’ex vicesindaco Giuseppe Provenzano, ancora sub judice, chiarirà la sua eventuale colpevolezza rispetto al reato di concorso esterno in associazione mafiosa contestatogli con l’operazione Coltura della Dda di Lecce.
Ma è una risposta, questa, che allo Stato non è servito attendere per decidere di intervenire e che non cambierà le sorti del paese, nemmeno in caso di assoluzione. Dirimente, in questo senso, è stato il lavoro della commissione di accesso agli atti insediatasi in municipio il 19 luglio scorso. I nodi che hanno portato al licenziamento del consiglio comunale, specificano i 3 commissari, sono già contenuti in quella relazione. Difficile pensare che dietro allo scioglimento possano celarsi «giochi di potere e precise volontà politiche» – come contestato da alcuni esponenti dell’Amministrazione uscente. Quel “cartone”, com’è chiamato in gergo tecnico il verbale della prima commissione investigativa, segue una laboriosa e scrupolosa serie di valutazioni che passa dal Prefetto, dal Comitato provinciale per l’ordine pubblico (quindi dalla Procura della Repubblica, dalla Direzione distrettuale antimafia, da carabinieri e polizia) e poi, una volta a Roma, dal gabinetto del ministro dell’Interno, dal Dipartimento degli Affari interni e territoriali, dalla segreteria del Ministro e, infine, da Consiglio dei ministri e Ufficio giuridico del Quirinale con la firma ultima del Presidente della Repubblica. «Se uno solo di questi soggetti avesse detto che non ci sono i presupposti per procedere, l’iter si sarebbe inceppato», ha chiarito la commissione.

Così non è stato, segno che il condizionamento tra mafia e politica c’era. Ed era esteso. Un po’ come nelle dinamiche che 25 anni fa coinvolsero Gallipoli e Surbo, casi di cui fu lo stesso viceprefetto Cantadori ad occuparsi. «Ci sono degli elementi ricorrenti rispetto ad allora, le motivazioni non sono tanto diverse», ha evidenziato il commissario. Segno che nella Scu cambiano le generazioni – a quei padri oggi sono subentrati i figli – ma non i tentacoli che provano a spadroneggiare sul territorio.

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