Morte in Messico di Simone Renda: il pm chiede 8 condanne per omicidio volontario

Simone Renda
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Giovedì 29 Settembre 2016, 17:47

Omicidio volontario l'ipotesi di reato alla base delle richieste di condanna per le otto persone che sono imputate nel processo a Lecce per la morte di Simone Renda, il 34enne che nel marzo del 2007 morì in Messico, in circostanze ancora poco chiare, durante una vacanza. Il giovane era stato arrestato dalle autorità locali con l'accusa di ubriachezza molesta e poi lasciato solo per due giorni in una cella di sicurezza a Playa del Carmen, senza assistenza né interventi medici nonostante gli fosse stato diagnosticato un infarto. Non fu ricoverato, e per di più restò in cella senza acqua né cibo e morì disidratato, come ha stabilito in seguito l'autopsia.

 

In Messico, per la morte di Simone Renda, sono stati processati un magistrato, alcuni poliziotti e i responsabili del carcere, ma se la sono cavata con condanne abbastanza lievi. Ora invece il pubblico ministero Angela Rotondano, che ha seguito le indagini recandosi anche in Messico, per gli otto imputati ha sollecitato condanne che vanno dai 24 ai 21 anni di carcere a testa, per omicidio volontario. Le pene più alte richieste riguardano il giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzales e Pedro Bay Balam, il vice direttore del carcere, accusati di omicidio e violazione dell’articolo della convenzione Onu contro la tortura o comportamenti degradanti.

Nell'aula del tribunale, durante la requisitoria del pubblico ministero, è stata presente anche Cecilia Greco, la mamma di Simone, assistita dagli avvocati Pasquale Corleto e Fabio Valenti, che da anni chiede giustizia e pene certe per i responsabili di una morte assurda che in Messico in molti avrebbero cercato di insabbiare. Si tornerà in aula il 17 novembre con le arringhe degli avvocati, mentre per il 15 dicembre è prevista la sentenza.

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