Freddato nel parcheggio, la pista della vendetta. E si temono altri agguati

Freddato nel parcheggio, la pista della vendetta. E si temono altri agguati
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 28 Ottobre 2016, 12:14 - Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 23:12

Quattro piste. Lavorano su diversi fronti i carabinieri del Nucleo investigativo per risalire al movente ed agli autori dell’omicidio di Augustino Potenza, ammazzato a 42 anni l’altro ieri pomeriggio a Casarano da una raffica di 16 colpi di kalashnikov. Le indagini coordinate dai pubblici ministeri Guglielmo Cataldi (della Direzione distrettuale antimafia) e Massimiliano Carducci (Procura ordinaria) battono la pista dell’agguato mafioso. Lo ha fatto capire ieri il procuratore capo Cataldo Motta con queste parole: “La pax mafiosa è stata violata”.
Un regolamento di conti fra gruppi della criminalità organizzata? Al momento si tratta solo di una ipotesi investigativa che tiene anche conto dell’assoluzione di Potenza dalle accuse di associazione mafiosa e di aver ammazzato due persone come componente del gruppo di fuoco guidato alla fine degli anni 90 dal boss brindisino Vito Di Emidio. E l’inchiesta ha presente anche che Potenza non sia rimasto coinvolto nelle ultime indagini sulla criminalità di Casarano.
Una questione, per il momento, ha la priorità: stabilire se Augustino Potenza avesse un appuntamento con qualcuno lì nel parcheggio dell’IperMac di Casarano dove è stato trovato crivellato di colpi, almeno nove, mentre era fermo al volante di una Audi A5 con targa albanese. Perché sembra evidente che non avesse nulla da temere. Che, in altre aprile, si fidasse di quella persona. Chi era? Per trovare una risposta gli investigatori sono stati in casa della vittima ed hanno sequestrato telefoni cellulari, computer e diversi documenti. Inoltre sono state sentite le persone della cerchia familiare più stretta, gli amici ed i conoscenti.
Si cerca di individuare quella telefonata o quell’incontro in cui sarebbe stato fissato l’appuntamento con la morte. Ma chi ha voluto uccidere quest’uomo rimasto in carcere per otto anni con l’accusa di mafia e di aver ammazzato i coniugi Fernando D’Aquino e Barbara Toma il 5 marzo del 1998? Le indagini, come atto dovuto, stanno scavando in questa scia di sangue quando il gruppo di fuoco di Di Emidio uccise anche Cosimo e Fabrizio Toma (18 maggio del 2000, a Casarano), padre (anche di Barbara) e figlio. Gli investigatori stanno vagliando la possibilità che, insomma, la vendetta avrebbe presentato il conto quasi 20 anni dopo, sotto forma di quei due uomini con i visi coperti da caschi integrali bianchi e che in sella ad una moto tipo Enduro di grossa cilindrata, hanno colpito Potenza sul viso e sul fianco sinistro. Il volto reso irriconoscibile dalle scariche di mitra sta facendo prendere in considerazione che potrebbe esserci stato accanimento da chi riservava rancore e vendetta. Una ipotesi investigativa, al momento, e null’altro.
E c’è il presente. C’è la necessità di valutare se e quali gruppi criminali abbiano messo radici e perché sarebbero sorti contrasti con Augustino Potenza. Un gruppo emergente costituito dalle nuove leve, la seconda pista. Un gruppo legato ad un personaggio di spicco della vecchia guardia, ancora oggi influente, la terza ipotesi. O un gruppo arrivato da fuori i confini provinciali, l’ultima ipotesi. Fermo restando che Potenza da quando era tornato libero, due anni fa, avesse fondato due marchi per commerciare abbigliamento e prodotti alimentari tipici, lavorasse anche come broker finanziario ed avesse altri progetti imprenditoriali. Come quello di creare un parcheggio sul retro dell’ospedale di Casarano. Una vita, insomma, che sembrava aver preso le distanze dal passato.
 

 

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