Tentato omicidio, s’indaga sul “giro” di estorsioni

Tentato omicidio, s’indaga sul “giro” di estorsioni
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Mercoledì 25 Maggio 2016, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 14:02

C’erano altri commercianti di Nardò sotto la scure delle minacce e delle richieste di denaro della banda dei siciliani di Gela? È uno degli aspetti su cui si stanno concentrando le indagini dopo l’arresto di Francesco Russo ed Angelo Caci, 64 e 47 anni, neretino il primo e gelese l’altro, con l’accusa di aver cercato di ammazzare Gianni Calignano, 27 anni, e l’arresto di Giampiero Russo, 27 anni, per tentata estorsione in concorso con il padre Francesco, Caci ed altri due gelesi.

Sono stati tutti interrogati ieri mattina, i Russo (difesi dagli avvocati Francesca Conte, Tommaso Valente e Francesco Fasano) nel carcere di Lecce dal giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. Caci (difeso dall’avvocato Davide Vitali) per rogatoria nel carcere di Novara. La linea difensiva è stata condivisa da tutti: si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Nulla, dunque, hanno potuto aggiungere, semmai ne avessero avuto intenzione, alle indagini che si stanno occupando anche di stabilire a che titolo la persona che aveva preso in affitto la casa di via Corsica, a Lecce, l’avesse messa a disposizione dei Russo dalla serata di sabato e fino al primo pomeriggio di domenica quando l’irruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo ha messo fine alla fuga iniziata lunedì verso mezzogiorno dopo la pistolettata in petto a Calignano in corso Galliano, che ha rischiato di ammazzarlo. 

C’è ancora una vicenda da chiarire nell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Stefania Mininni, con i carabinieri del Nucleo investigativo, della Compagnia di Gallipoli e della stazione di Nardò: il ruolo di Calignano. E cioè se abbia cercato di fermare il racket delle estorsioni solo per una forma di cortesia verso l’amico commerciante o consapevole dello spessore che potrebbe avergli conferito fra la criminalità neretina il precedente del tentato omicidio del 24 ottobre del 2005.
Ha sostenuto la possibilità delle esistenza di due clan contrapposti ed ha aggiunto anche che le dinamiche siano quelle mafiose, il giudice Maritati nell’ordinanza di custodia cautelare. Sono aspetti ancora in corso di accertamento, certo che si sia creata la necessità di verificare se quel gruppo di persone indagate per la tentata estorsione al commerciante vicino a Calignano, abbiano bussato cassa anche in altri negozi.
“Mi manda zio Angelo”, il biglietto da visita che avrebbe presentato Giampiero Russo a quel commerciante che sarebbe stato poi pestato e minacciato con una pistola dai tre siciliani e dai Russo. Una banda con radici a Gela, perché anche Francesco Russo ha vissuto in quel comune della provincia di Caltanissetta e lì avrebbe stretto legami con la criminalità del posto.

Possibile che i gelesi siano arrivati a Nardò con il solo obiettivo di incassare 500 euro (questa la richiesta) al commerciante picchiato? Ed ancora un’altra domanda che gli inquirenti si stanno ponendo come “atto dovuto” e che va ad incrociarsi con quella parte dell’inchiesta sul ruolo di Calignano: Francesco Russo e Caci hanno sparato per uccidere come gesto, sproporzionato, di stizza o perché la posta in gioco sarebbe stata ben più alta di 500 euro? Temevano forse di vedere affievolito il timore che avrebbero potuto esercitare su altri commercianti?
Temi scottanti, anche alla luce dell’assoluta mancanza di collaborazione offerta dai neretini a questa inchiesta.

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