Nandu Popu ci ripensa: «Taurino non è mafioso»

Nandu Popu ci ripensa: «Taurino non è mafioso»
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Mercoledì 28 Settembre 2016, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 19:10

Dopo la querela, Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, ci ripensa: «Giuseppe Taurino non è un mafioso». Lo ha scritto ieri, sul suo profilo Facebook, la voce storica dei Sud Sound System, che in diversi post precedenti aveva definito l’attuale sindaco di Trepuzzi «un ricattatore», un «politicante» e, soprattutto, il punto di riferimento della «mafia Xylella».
Messaggi durissimi. «Accade solo a Trepuzzi - aveva scritto Nandu Popu - capitale della mafia xylella. Politicanti in grado di atteggiarsi a imprenditori, ma che usano il denaro pubblico per assolvere alle proprie egemonie: ricattare i cittadini per un misero voto».
Una volta eletto sindaco lo scorso giugno, Taurino aveva deciso di querelare Nandu Popu per diffamazione aggravata a mezzo internet. Motivo: il futuro primo cittadino trepuzzino avrebbe portato avanti la sua campagna elettorale continuamente esposto ai tantissimi commenti fatti ai post di Blasi dai suoi fan e ritenuti tutti denigratori della sua persona.
Trascorsi due mesi, Nandu Popu fa dietrofront. E lo fa dopo aver usato parole pesantissime contro il sindaco di Trepuzzi, ma non solo, senza farsi mancare termini ritenuti offensivi. Ma sono bastati pochi mesi - ed evidentemente il “peso” di una querela - per “pentirsi” dei proclami e dei messaggi lanciati attraverso i social.
Ora su Facebook scrive: «Taurino non è sicuramente il mio modello di politico e siamo diversi in tutto, ma non è un mafioso. Siamo diversi, abbiamo linguaggi diversi e per queste ragioni i nostri ruoli, che vanno incontro al volere dei cittadini, restano diametralmente opposti».
Un lunghissimo commento, come si diceva. «In questi anni di abbandono i salentini hanno provato rabbia e frustrazione alle quali non è arrivata nessuna soluzione da parte di chi ci comanda, per questo vediamo scritto sui muri “Mafia Xylella”. Ho provato e provo ancora dolore nel vedere irrisolto il problema del disseccamento dei nostri ulivi e, credetemi, è stata proprio questa rabbia che mi ha spinto a usare un linguaggio duro come un martello e infuocato come una frusta: l’ho fatto per amore della mia terra».
 

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