Motta: «La pax mafiosa è finita, in gioco grossi interessi»

Motta: «La pax mafiosa è finita, in gioco grossi interessi»
di Alessandro CELLINI
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Venerdì 28 Ottobre 2016, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 18:54
Una piazza importante. E clan in lotta per assicurarsi gli affari illeciti che gravitano attorno a quella piazza. Secondo il procuratore capo Cataldo Motta può essere inquadrato in questi termini l’omicidio di Augustino Potenza, 42enne di Casarano, freddato l’altro ieri sera con sedici colpi di kalashnikov nel parcheggio dell’Ipermac. E non c’è da stare tranquilli: chi ha sparato lo ha fatto perché spinto dalla “necessità”. Una cosa è certa: «Se qualcuno ha deciso di violare quella pax mafiosa in vigore da alcuni anni, ci deve essere una motivazione importante».
Procuratore Motta, Potenza negli anni passati era un personaggio di spicco della criminalità organizzata locale. Ma di recente era stato assolto dall’accusa di duplice omicidio ed era tornato libero, avviando un’esistenza in apparenza legale. Che lettura si può dare di quanto accaduto mercoledì sera?
«L’unica cosa che si può dire a distanza di così poco tempo dai fatti, è che le modalità esecutive di ciò che è avvenuto l’altra sera sono quelle di un’esecuzione in perfetto stile mafioso. Un’azione molto determinata da parte dei due killer, che con una sola arma, un kalashnikov, hanno portato a termine il loro compito con freddezza».
Come si presentava la scena dell’omicidio, mercoledì sera, al suo arrivo a Casarano?
«Sono stati sparati una ventina di colpi, alcuni bossoli erano per terra, altri proiettili dovranno essere recuperati dal corpo della vittima. Solo in seguito all’autopsia, però, avremo la conferma di quanti di questi colpi siano stati effettivamente mortali».
Alla luce della sua lunga esperienza di lotta alla Sacra corona unita, ritiene che questo sia stato un omicidio di mafia?
«Sì, e peraltro arriva a distanza di molto tempo dall’ultimo agguato simile. Era il 2003, l’ultimo omicidio legato a logiche esclusivamente mafiose fu quello di Antonio Fiorentino (avvenuto a Lecce il 6 marzo di tredici anni fa, davanti al bar Papaya, ndr). Poi è vero, da allora ci sono stati gli omicidi di Salvatore Padovano, nel 2008, o quello di Lucio Vetrugno, nel 2010, ma si trattava di esecuzioni spinte da motivazioni autonome, per così dire, non riconducibili a logiche criminali interne alla Sacra corona unita. Qui siamo davanti a problemi di carattere diverso».
Cosa è successo all’interno degli assetti criminali che ha portato all’esecuzione di mercoledì sera?
«È impossibile dirlo con precisione adesso, a poche ore dai fatti. Quel che appare certo è che deve essere accaduto qualcosa di importante se l’organizzazione ha scelto di abbandonare quella strategia che aveva messo in atto da alcuni anni, quella della pax mafiosa, per intenderci. Se una parte della criminalità ha scelto di discostarsi da quell’atteggiamento, deve esserci sicuramente una motivazione valida. Non dimentichiamoci, inoltre, che quella di Casarano è una piazza ambita, fatta di attività commerciali, di un tessuto industriale molto sviluppato. È ovvio che possa attirare gli appetiti di molte persone».
Sul fronte delle indagini, c’è qualcosa che si può ipotizzare già da ora?
«È troppo presto per esprimersi. Servirà tempo per capire cosa ci sia dietro a questa esecuzione. Vedremo».
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