«Uccise il pensionato per rapinarlo»
Condannata a 16 anni di reclusione

«Uccise il pensionato per rapinarlo» Condannata a 16 anni di reclusione
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 11 Luglio 2017, 13:29 - Ultimo aggiornamento: 13:32

Sedici anni di reclusione con l’accusa di aver ammazzato un uomo. E’ la pena inflitta a Valentina Piccinonno, 33 anni, di Lecce, per l’omicidio, confessato, di Salvatore Maggi, 73 anni, di Monteroni.
Omicidio volontario con l’aggravante dello scopo della rapina, quello contestato alla Piccinonno, per il quale sono previste pene fino all’ergastolo. Nella sentenza di ieri, tuttavia, il giudice per l’udienza preliminare, Cinzia Vergine, ha riconosciuto all’imputata la parziale incapacità di intendere e di volere quel pomeriggio del 28 giugno di due anni fa quando colpì alla testa Maggi con un corpo contundente non meglio individuato dalle indagini. L’ulteriore riduzione della pena è la conseguenza sia della scelta del rito abbreviato che dell’esclusione della recidiva contestata dalla Procura per i precedenti penali (reati contro il patrimonio e rapimento di una bambina) della Piccinonno.
Nel dispositivo della sentenza è stata inoltre prevista la misura di sicurezza della libertà vigilata di tre anni, una volta scontata la pena. Ed il risarcimento in sede civile dei danni ai familiari della vittima costituitisi nel processo con l’avvocato Roberto Rella.
Il calcolo della pena fatto dal giudice è stato leggermente inferiore a quello della Procura: il pubblico ministero Emilio Arnesano nell’udienza del 18 aprile scorso aveva invocato 18 anni di reclusione.
Omicidio preterintenzionale e non volontario, ha sostenuto l’avvocato difensore Ladislao Massari: secondo il legale la Piccinonno non aveva intenzione di uccidere Maggi. Ma solo di colpirlo per fermarlo. Per fermare le molestie sessuali raccontate al giudice per le indagini preliminari, Alcide Maritati, nell’interrogatorio seguito all’arresto dell’11 gennaio dell’anno scorso. Una reazione spropositata - siamo sempre sul fronte della difesa - in virtù del parziale vizio di mente riconosciuto dalla perizia affidata dal giudice Vergine alla psichiatra Paola Calò, su richiesta della difesa.

 

Tre mesi il termine indicato per depositare le motivazioni della sentenza. Accusa, difesa e parte civile valuteranno poi se sia opportuno impugnarla in appello.
Intanto a due anni dalla tragedia è arrivata la sentenza di primo grado. La svolta nell’inchiesta arrivò a poche ore dal delitto, quando una pattuglia dei poliziotti delle Volanti fermò la Piccinonno nel quartiere Stadio alla guida di una Fiat Panda. Quella macchina era ricercata perchè aveva poco prima causato un lieve incidente stradale, ma l’attenzione degli investigatori si concentrò sul libretto di circolazione: era intestato a Maggi. E la Piccinonno non seppe dare una spiegazione plausibile perché stesse guidando quella macchina. Siccome risultava agli arresti domiciliari ed era evasa già una prima volta verso le quattro di pomeriggio, venne perquisita. Addosso le trovarono effetti personali di Maggi: portafogli, tre anelli, un bracciale ed il telefono cellulare.
Al corrente dei precedenti della Piccinonno per “reati contro il patrimonio”, i poliziotti contattarono la famiglia di Maggi. E dopo quella telefonata si diressero ad Arnesano in contrada “Li Catelli”, dove l’uomo si era portato nel pomeriggio per passare il tempo a curare un pezzo di terra. Era lì, riverso a terra, con la testa insanguinata. Morto.
L’inchiesta, tuttavia, ha lasciato irrisolto un dubbio sollevato sia dal Tribunale del Riesame che dal giudice Maritati: la Piccinonno era stata vista e ripresa dalle telecamere in compagnia di un uomo. La persona che aveva provocato un incidente alla guida della Panda di Maggi. Tuttavia non se n’è mai saputo nulla dell’eventuale complice.
 

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