Salento, partorì di nascosto e ferì con le forbici la figlia neonata: “In grado di intendere e di volere”

È questo il responso della perizia d’ufficio eseguita dal Ctu, Massimo Marra, su disposizione del presidente del collegio giudicante Fabrizio Malagnino

Salento, partorì di nascosto e ferì con le forbici la figlia neonata: “In grado di intendere e di volere”
Salento, ​partorì di nascosto e ferì con le forbici la figlia neonata: “In grado di intendere e di volere”
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Mercoledì 19 Aprile 2023, 21:02 - Ultimo aggiornamento: 21:05

“In grado di intendere e di volere” la giovane mamma di Martano, che nel luglio del 2021 dopo aver partorito di nascosto, dal compagno e dalla famiglia, ferì con le forbici la neonata. È questo il responso della perizia d’ufficio eseguita dal Ctu, Massimo Marra, su disposizione del presidente del collegio giudicante Fabrizio Malagnino, sulla 35enne finita a processo con le accuse di tentato omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Il processo si svolge in camera di consiglio con rito abbreviato condizionato. Prossima udienza fissata il 3 maggio.

Nelle conclusioni della perizia super-partes, redatte dal Consulente Tecnico d’Ufficio incaricato dal giudice, sarebbe emerso che oltre a non essere state obiettivate patologie mentali tali da porte incidere sulle capacità di intendere e di volere dell’imputata all’atto dei fatti, alla donna sarebbe quindi stata riconosciuta la capacità di “partecipare coscientemente” al processo.

Cosa successe

I fatti a giudizio risalgono al 23 luglio di 2 anni fa. La tragedia fu evitata dall’intervento dell’ex convivente che al mattino seguente sentì dei gemiti in giardino e scoprì il corpo della piccola avvolto in un asciugamano da mare abbandonato. L’allarme lanciato dall’uomo si rivelò fondamentale per salvare la piccola trasportata con urgenza in ospedale dai sanitari del 118.
Dalle ricostruzioni effettuate dagli inquirenti, fu la madre 35enne, a recidere il cordone ombelicale con una forbice, infliggendo poi alla figlia neonata non meno di tre tagli in corrispondenza della carotide con un coltello prelevato da casa procurandole ferite lacero contuse all’altezza del collo: “tre lesioni lineari: una di 1,5 centimetri; una seconda di 4,5 centimetri superficiale; una terza di 5 centimetri più profonda”.

E poi abbandonò il corpicino della neonata in giardino. La donna per questi motivi era stata raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, (emessa dal gip Alessandra Sermarini, su richiesta del pm Alessandro Prontera che ha coordinato le delicate indagini svolte dai carabinieri), con le accuse di tentato omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Dalle successive audizioni è emerso inoltre che la vicenda si sarebbe consumata in un contesto di particolare disagio familiare e sociale. La donna è difesa dall’avvocato Anna Elisa Prete.

Il compagno (non indagato) invece si è costituito parte civile con l’avvocato Roberto Rella. Molti aspetti della vicenda però, come il ruolo dell’uomo, o le testimonianze dei parenti che sarebbero rimasti all’oscuro della gravidanza della donna, saranno chiariti nel corso del dibattimento. Al vaglio del collegio giudicante saranno portati anche altri elementi emersi nel corso di una consulenza redatta dallo psichiatra Elio Serra e dalla dottoressa Silvia Olive per conto della difesa: sarebbero emerse gravi violenze e soprusi subiti dall’imputata tra le mura domestiche, violenze che alla fine avrebbero inficiato sulle sue condotte e sul tentativo di sbarazzarsi del corpo della figlioletta.
La bimba, che ora ha quasi 2 anni, sotto la curatela speciale dell’avvocato Daniela De Liguori, è stata affidata ad alcuni familiari su provvedimento d’urgenza del Tribunale per i Minori di Lecce.

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