Lidi da smontare, i sindaci:
«Controlli fuori tempo
e ora chiarezza sulle norme»

Lidi da smontare, i sindaci: «Controlli fuori tempo e ora chiarezza sulle norme»
di Paola ANCORA
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Sabato 17 Febbraio 2018, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:59
«Completeremo la ricognizione dei lidi, ma va messo un punto chiaro e definitivo a questa vicenda, smettendo di ragionare a compartimenti stagni». Amarezza e scoramento serpeggiano fra i sindaci dei Comuni costieri del Salento, perché nonostante il problema dello smontaggio degli stabilimenti balneari imposto dalla Soprintendenza riguardi, in prospettiva, un numero limitato di attività, il nodo burocratico-amministrativo che vi è sotteso giace, irrisolto, da anni e anni, per responsabilità diffuse di tutta la catena istituzionale coinvolta in questa questione.
Un passo indietro, come premessa: fra esposti e indagini penali, contenziosi amministrativi conclusi o ancora in essere, il quadro attuale vede una decina di lidi, lungo tutta la costa, obbligati a smontare tutto in virtù di alcune sentenze datate del Consiglio di Stato, dunque definitive. Sentenze rimaste in soffitta per qualche anno - spulciando fra gli atti emessi dai giudici, ne abbiamo contate circa 15, da Gallipoli a Otranto, da Salve a Ugento, passando per Corsano - e che oggi la Soprintendenza brandisce e chiede siano rispettate, perché in virtù dei verdetti a lei favorevoli, quegli stabilimenti non hanno diritto all’autorizzazione paesaggistica e, dunque, i titolari devono rimuovere ogni struttura a fine stagione. Se ne discusse a un tavolo convocato in prefettura oltre un anno fa, tavolo al quale sedettero sindaci e Soprintendenza e che si chiuse con l’impegno, da parte degli amministratori, di verificare la situazione complessiva per contribuire a fare ordine. Quell’impegno, però, è rimasto lettera morta e un mese fa la Soprintendenza ha messo per iscritto la sua richiesta, sollecitando ai Comuni una ricognizione complessiva su tutti i lidi lungo il litorale.
«Dovremmo concluderla entro la settimana» dice Pierpaolo Cariddi, sindaco di Otranto, che sottolinea la delicatezza del ruolo di primo cittadino in questa situazione: «Siamo in mezzo, da una parte - spiega - il dovere di rispettare i principi di legalità, dall’altra le esigenze pratiche di programmazione delle attività degli stabilimenti. A una prima analisi, ancora parziale, ci risulta che su 32 lidi, solo tre o quattro potrebbero avere problemi con l’autorizzazione paesaggistica e in qualche caso, comunque, sono ancora pendenti ricorsi ai giudici amministrativi. Ufficio tecnico e Municipale sono al lavoro e faremo rispettare le norme e le sentenze. Poi - aggiunge poi Cariddi - risponderò alla Soprintendenza per iscritto, ma mi sarebbe piaciuto un tavolo ampio nel quale discutere del problema nel suo complesso, perché questo percorso non lo risolve di certo». E a spiegare perché, secondo Cariddi, è un esempio concreto offerto dalle spiagge in zona Alimini.
«Per arrivare all’arenile ci sono ormai soltanto sentieri pedonali. Se si obbligassero i lidi a smontare e rimontare - aggiunge Cariddi - saremmo costretti, per almeno due mesi di lavori, a far transitare fra pineta e macchia mediterranea gru e camion che avrebbero un enorme impatto su flora e fauna di quell’ambiente. Ma noi non possiamo nemmeno porlo questo problema, perché non esiste una sede adeguata e il confronto, con la Soprintendenza, non è da pari a pari».
 
Infastidito, il sindaco di Ugento Massimo Lecci, «perché non mi pare sia corretto né normale farci arrivare una lettera e dover mollare tutto e dirottare il personale su questa singola attività: un Comune ha il diritto e il dovere di programmare». Anche Ugento sta procedendo alla ricognizione degli stabilimenti balneari richiesta dalla Soprintendenza «ed entro i prossimi giorni avremo un quadro chiaro, anche se per noi si tratta di lidi storici, non ci sono nuove concessioni e la situazione è abbastanza cristallizzata». Concessioni annuali, con il permesso di lasciare le strutture montate anche in inverno. Opzione, peraltro, prevista dalla legge regionale in materia.
«Quello che è assolutamente indispensabile - prosegue Lecci - è un accordo istituzionale chiaro e netto, che sia punto di riferimento per tutti: per le Pubbliche amministrazioni chiamate ad autorizzare i lidi e a vigilare e per i titolari degli stabilimenti, che possano essere messi nelle condizioni di organizzare la loro attività». Né vale, per Lecci, suggerire che se il Piano Coste fosse stato approvato nei tempi, il desiderato “punto di riferimento” ci sarebbe già: «I ritardi accumulati non sono imputabili a noi, ma a una serie di ostacoli burocratici che ci hanno posto il Demanio e il ministero per lo Sviluppo economico. Se lavoriamo con norme risalenti al Dopoguerra e le leggi impongono tempi che nessuno rispetta, poi non ci si può né ci si deve stupire del cortocircuito istituzionale». Per il primo cittadino ugentino, il tema dei lidi va risolto e archiviato, «perché il turismo non è più solo quello balneare e dobbiamo impegnarci sul fronte delle infrastrutture primarie e secondarie, sulla valorizzazione dei beni monumentali e ambientali. Bisogna dare ormai, a questo tema, un peso specifico diverso».
Stesso copione per Melendugno, dove pure si sta procedendo alla ricognizione sui lidi richiesta dalla Soprintendenza, ma dove il sindaco Marco Potì solleva il problema dei tempi: «Questa attività, che dovrebbe consentire di rilevate irregolarità, dovrebbe essere fatta in ottobre, e non a marzo, quando gli operatori sono ormai in procinto di avviare la stagione balneare. Per questo avevo consigliato, in occasione del tavolo regionale, che questa attività venisse fatta a valle, dopo il varo della circolare regionale». Circolare che verrà pubblicata, con ogni probabilità, il prossimo martedì. «Fra l’altro - chiude Potì - siamo in piena campagna elettorale per il rinnovo dei due rami del Parlamento e la Soprintendenza è istituzione legata direttamente al Governo: non c’è neanche la possibilità di avere, con Roma, una interlocuzione serena».
 
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