Scusarsi con Ercole Pignatelli? Non esiste. Sciatteria? «Sciatto sarà chi pensa di disporre degli spazi pubblici senza dare conto alla città». Il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, sgombra il campo dalle accuse all'amministrazione comunale che ha decretato con atto di giunta la fine del rapporto in base al quale le opere dell'artista leccese sono esposte nel castello Carlo V di Lecce fin dal 2005. E si toglie parecchi sassolini dalle scarpe.
Sindaco Salvemini, perché avete chiesto a Pignatelli di riprendersi le sue opere?
«Non l'abbiamo mai fatto. La richiesta di riavere indietro le opere è partita da Pignatelli stesso. Tutto nasce quando, nel 2017, la Soprintendenza ci ha chiesto di liberare la sala della Torre Mozza perché l'esposizione e l'allestimento, a suo tempo, non erano mai stati da loro autorizzati. Abbiamo comunicato all'artista questa decisione e, per il rispetto che si deve al suo prestigio e alla sua fama, abbiamo proposto soluzioni alternative, non meno importanti, che sono state tutte rigettate dall'interessato».
Quali?
«Anche la possibilità di ospitare una selezione delle opere al Must, il Museo storico della città. Con l'avvocato Luigi Quinto, che ci ha scritto chiedendoci la restituzione per conto dell'artista abbiamo interloquito a lungo, ma la volontà di Pignatelli è stata ferma. Prendo atto quindi del fatto che più che una donazione alla città la sua sia stata, con tutta evidenza, una donazione alla sindaca di allora, visto che lui stesso aveva anticipato nella campagna elettorale nel 2019 che, se non avesse vinto la candidata a lui più gradita, la stessa Adriana Poli Bortone, si sarebbe ripreso le opere. E così sta facendo».
Cosa risponde a Pignatelli quando lamenta la scarsa valorizzazione della sua donazione?
«Che le opere si trovano esattamente nello stesso posto e nelle stesse condizioni in cui lui le ha collocate 15 anni fa, all'epoca in cui fu invitato dalla Poli a scegliersi le sale per la collezione. Noi non abbiamo cambiato nulla rispetto all'impostazione originaria. Abbiamo solo rimosso il totem all'esterno, che lo ritraeva insieme alla moglie, perché ormai scolorito e rovinato».
Ci sono dati numerici sull'affluenza di visitatori alla permanente di Pignatelli?
«Non abbiamo questi dati perché gli ingressi al castello, nella parte da noi gestita, non contemplano una differenza per sezioni. Si entra e si visitano le collezioni permanenti e le mostre temporanee di volta in volta presenti. Posso dire però che, nel computo generale, non stiamo parlando di cifre di grande rilevanza».
La Poli parla di sciatteria e di mancanza di programmazione per Must, Teatini («ormai diventati uffici») e Agostiniani?
«Mi viene da sorridere.
In cosa?
«Nell'atteggiamento di chi considera i beni pubblici come qualcosa di proprio e di cui disporre senza nemmeno dare conto ai cittadini tutti che di quei beni sono proprietari. Nell'atteggiamento di chi invita a scegliere a proprio piacimento spazi che non sono nemmeno di esclusiva competenza del Comune. Ogni volta che si è trattato di dare in affidamento un bene pubblico, noi abbiamo sempre adottato procedure trasparenti, partecipate e condivise con gli altri enti ed effettuate attraverso concorsi e bandi. Un cambio di rotta rispetto al passato che rivendico con molto orgoglio».
La vicenda Pignatelli si inquadra in quella più ampia della gestione del Carlo V diviso a metà con la Soprintendenza. A che punto è la situazione?
«La questione è delicata e complessa e attiene al rapporto con le Soprintendenze, che è all'ordine del giorno di tutti i Comuni d'Italia, non solo di Lecce. Se ne sta parlando molto di questi tempi per via del Pnrr. La stiamo gestendo con grande attenzione e confido che, alla fine, approderemo alla soluzione migliore nell'interesse esclusivo del bene e della collettività».
C'è chi le sollecita le scuse a Pignatelli.
«Credo di aver chiarito come sono andate le cose. Sono dispiaciuto per la decisione di Pignatelli al quale rinnovo la mia stima come artista. Ma per l'epilogo di questa vicenda noi non abbiamo nulla di cui scusarci».
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