Un luogo che possa accogliere numerose attività, non solo culturali ma anche eventi contemporanei come mostre e spettacoli dal vivo. Una gestione da organizzare sulla base del modello del partenariato pubblico privato, che possa offrire una serie di servizi come bookshop, infopoint, caffetteria, artigianato locale. Parola d’ordine: sostenibilità. È questo il futuro del Castello Carlo V immaginato dagli operatori culturali.
Il secondo appuntamento: partecipazione pubblica
Si è svolto ieri mattina all’interno dell’antico maniero il secondo incontro del programma “Sassolini”, il percorso di partecipazione pubblica promosso dal Segretariato Regionale per la Puglia del Ministero della Cultura e dalla Soprintendenza per le province di Brindisi e Lecce, in collaborazione con l’Associazione 34°Fuso, con l’obiettivo di raccogliere proposte utili a delineare modelli di gestione del Castello di Lecce.
«Abbiamo voluto invitare gli operatori culturali per impostare una strategia che guardi al futuro – ha sottolineato la soprintendente Francesca Riccio -.
«Questo luogo consente di diversificare le attività che possono essere svolte e permettere al privato di avere una sostenibilità economica e sociale – ha aggiunto Pio Panarelli di Arva srl, partner privato per la fruizione e la valorizzazione dell’area archeologica di Rudiae -. E non parliamo solo di attività culturali ma anche eventi, cene, mostre, matrimoni. Tutto ciò che può garantire la sostenibilità. Il Castello deve essere un luogo della storia ma anche luogo del contemporaneo». Capitolo governance. A oggi il bene storico è di proprietà del Demanio che lo ha ceduto in uso governativo alla Soprintendenza.
Operatori culturali divisi
Ma sul futuro gli operatori sono divisi. Secondo alcuni l’attore principale con cui dialogare dovrebbe essere il Comune («Lasciare gli spazi è stata una scelta incomprensibile»), per altri invece dovrebbe essere la Direzione regionale Musei Puglia in quanto «ha un potere di recepire finanziamenti superiore rispetto alla Soprintendenza, e questa possibilità si traduce in più progetti da realizzare». «Questo è un contenitore che può accogliere realtà private differenti – ha sottolineato Rossella Notarnicola, dell’Accademia Mediterranea dell’Attore -. Spesso questi luoghi rischiano di essere elitari e di attirare solo una parte di pubblico e invece bisogna aprire le porte a tutti». Spazio alle idee nel tavolo tecnico sulle “funzioni”. «Servono servizi di accoglienza – ha aggiunto Dario Corridore di Arva -. Occorre un bookshop con libri e merchandising legati al castello. E magari anche sale studio e spazi per il coworking». A questo bisogna aggiungere anche un infopoint, percorsi di didattica, mostre, eventi live, e un servizio di bar o punto ristoro ma «che sia lo specchio del luogo e del territorio». «Si può pensare di offrire laboratori permanenti di artigianato locale – ha sottolineato Paolo Babbo, presidente di Art Work, l’associazione che gestisce le visite delle chiese e dei monumenti religiosi della città -. La struttura si regge solo con dei ricavi e per avere ricavi bisogna differenziare l’offerta. I costi per la gestione di un contenitore così importante sono enormi per cui ben venga tutto quello che può essere utile per creare sostenibilità».
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