Abusivi nelle case popolari: le prove nei documenti. A rischio la nuova graduatoria

Abusivi nelle case popolari: le prove nei documenti. A rischio la nuova graduatoria
di Paola ANCORA
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Domenica 22 Ottobre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 18:41
C’è la famiglia, occupante abusiva, che denunciò alla Polizia di aver ricevuto 120 euro in cambio del voto alle Comunali del 2012, dando il via a una inchiesta della Procura, ancora in corso. E c’è una seconda famiglia, la cui presenza - sempre abusiva - in un alloggio popolare fu riscontrata e messa nero su bianco dai vigili urbani di Lecce, con tanto di trasferimento degli atti alla magistratura. 
Parlano le carte, gli atti. E dimostrano come la graduatoria provvisoria costruita nel corso di sette lunghi mesi dall’ufficio Casa di Palazzo Carafa violi la legge regionale numero 80 del 23 aprile 2014. Quella norma, infatti, stabilisce che “i soggetti che occupano abusivamente alloggi di edilizia residenziale pubblica non possono partecipare alle procedure di assegnazione per i cinque anni successivi alla data di accertamento della stessa occupazione”. 
Parliamo di almeno due nominativi dei 563 inseriti nella graduatoria provvisoria perché ritenuti idonei dalla commissione comunale presieduta dall’allora dirigente Maria Luisa De Salvo – in pensione dal 30 settembre - e istituita il 28 marzo scorso, due mesi dopo la scadenza del bando per la presentazione delle domande. Fu proprio questo ritardo nell’iter a scatenare la polemica politica nel pieno della campagna elettorale. Ritardo che, nel corso del Consiglio comunale del 21 marzo, l’amministrazione – con l’allora assessore Attilio Monosi - motivò spiegando di essere in attesa «che la prefettura segnali un soggetto che dovrà essere inserito nella commissione per la valutazione e l’istruttoria delle domande». Oggi, dalla prefettura, chiariscono che «non c’è stata, da parte nostra, alcuna indicazione di un componente per la commissione comunale sugli alloggi»: si è ritenuto fosse «poco opportuno», anche alla luce dell’esistenza di una inchiesta aperta. Fin qui la cornice nella quale si è sviluppata l’istruttoria delle richieste presentate da poco meno di 700 famiglie, un centinaio delle quali scartate per mancanza dei requisiti.
 
Torniamo ai nomi, agli occupanti abusivi accertati e inseriti comunque nella graduatoria provvisoria. Il primo è quello di P.B.: nel 2012, quando le forze dell’ordine si presentarono all’uscio della casa occupata in via Giacomo Alberione, denunciò di aver ricevuto rassicurazioni da alcuni politici che, in cambio del voto, avrebbe potuto restare dov’era. Tre ore di interrogatorio, una informativa della Digos alla Procura e l’inchiesta. Non solo. In quella occasione fu ascoltato anche il marito della donna e padre dei suoi due bambini piccoli, Angelo Monaco, 40 anni. Nel 2014 l’uomo fu prima arrestato perché gli agenti delle Volanti, nell’abitazione di via Bari che occupava abusivamente, trovarono pistole di fabbricazione russa, ordigni di vario tipo, pallottole e polvere da sparo. Un vero e proprio arsenale. Poi, sempre quell’anno, fu coinvolto nell’operazione Eclissi e nel successivo maxi processo alla Sacra Corona Unita leccese, che gli valse una condanna a 12 anni di reclusione. 
Quando si parla di occupazioni abusive, le date, gli anni sono importanti perché è dopo cinque anni da una eventuale occupazione, che si riacquista il diritto a presentare legittimamente domanda per un alloggio. Diritto che - va sottolineato - andrebbe garantito a chiunque e, ancor più, ai bambini, agli anziani, ai soggetti socialmente più deboli. 
Il secondo nome di occupante abusiva inserita ugualmente in graduatoria, è quello di M.I, madre di due bambini. La donna, insieme al convivente, aveva occupato l’alloggio al civico 4 di via Pistoia assegnato nel 2015 al clochard Giuseppe Fiorentino, morto di infarto nell’estate di quell’anno, in mezzo a una strada. Il senzatetto aveva fatto denuncia: «Sono stato minacciato e ho dovuto lasciare la casa» disse ai vigili. Gli agenti della Municipale effettuarono più di un sopralluogo e riscontrarono effettivamente la presenza, in quella casa, di M.I. e del suo compagno, i quali dichiararono di aver pagato 500 euro perché Fiorentino consegnasse loro le chiavi di casa. Testimonianze messe a verbale dai vigili e inviate alla Procura, che in assenza di una casa parcheggio dove far trasferire la famiglia di M.I., la lasciò dov’era, nominando il convivente della donna quale custode giudiziario dell’alloggio. Due anni dopo, l’inserimento di M.I. nell’elenco comunale degli aventi diritto a una casa popolare. Elenco che ora – su richiesta del capogruppo Pd in Consiglio, Antonio Rotundo – è finito sulla scrivania della nuova dirigente alla Casa, Anna Maria Perulli. 
A lei il compito di passare al setaccio ogni documento e stabilire se vi siano o meno le condizioni per revocare la graduatoria degli alloggi popolari e far ripartire l’iter dall’inizio. Sgombrando il campo da errori e ombre. 
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