Ex Bat, fumata nera: nessun acquirente. In 160 senza sussidi

Ex Bat, fumata nera: nessun acquirente. In 160 senza sussidi
di Pierpaolo SPADA
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Mercoledì 28 Settembre 2016, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 16:55
Non c’è ancora soluzione per i lavoratori della ex Bat di Lecce che (154 sono gli ultimi) che da maggio perderanno anche il trattamento di mobilità dopo esser stati licenziati nel 2010 da British American Tobacco e dalle 4 aziende che li avevano riassunti grazie ai cospicui incentivi a fondo perduto assicurati dalla multinazionale.  E’ l’esito del vertice che si è svolto ieri pomeriggio al ministero dello Sviluppo economico, convocato subito dopo la lettera inviata da alcuni operai al premier Matteo Renzi alla vigilia del suo arrivo a Lecce. «E’ andata malissimo», dicono i sindacati.
  
Non c’è il benché minimo interesse di potenziali investitori sul sito ex Bat che, tra l’altro, - è il risultato del sopralluogo effettuato dagli Advisor Sofit e Vertus – non è ritenuto «idoneo» ad ospitare nuovi insediamenti produttivi. 
Quel che, più concreta di altro, è emersa è, piuttosto, la volontà da parte delle istituzioni - in particolare il Mise - di insistere alla ricerca di nuovi investitori anche attraverso i programmi nazionali, come Industria 4.0. Lo ha proposto l’assessore comunale alle Politiche sociali, Alessandro Delli Noci. Ed è una proposta che richiede da parte del Mise il riconoscimento del Salento come area di crisi. A tal proposito è stato Leo Caroli (in qualità di rappresentante della task force regionale) ad assumere l’impegno a nome dell’ente di via Capruzzi di richiedere, previo emendamento, il riconoscimento del territorio salentino, fra quelli pugliesi, come “area di crisi complessa”. Intanto, però, la Regione dovrà completare anche la “profilazione” dei lavoratori presso gli uffici per l’Impiego. 

Il Mise sembra disponibile a supportare qualsiasi percorso funzionale al ricollocamento dei lavoratori «fuori o dentro il sito di viale della Repubblica», tiene a precisare il viceministro Bellanova. Ma il tempo trascorre. «Siamo andati a vuoto a Roma», dice Annarita Morea (Fiom Cgil), «dopo 4 anni sentirsi dire che nessun imprenditore potrebbe operare in quello stabilimento mi sembra un po’ forzato. Anche la Regione è in ritardo, avrebbe dovuto procedere alla “profilazione” un anno fa. Abbiamo sentito solo buoni propositi ma nulla di concreto. La mia sensazione è che siamo ormai fuori tempo massimo». «Da Roma torniamo sempre sconcertati – aggiunge Maurizio Longo (Fim Cisl) - perché bisogna dare dignità a queste persone che da anni l’hanno persa, e non per loro colpa. Ben le buone idee, ma si trovi una soluzione ». «Non c’è nulla che ci soddisfi. Prendiamo atto che il sito diventa elemento non accomodante per chi eventualmente voglia investire. Così come della proposta della Regione. Continuiamo a confidare sulla responsabilità delle istituzioni», afferma, Piero Fioretti (Uilm). «Già da diversi anni – è questo, infine, il pensiero di Fernando Vergine (Failms Cisal) - si era capito che nessuno poteva fare nulla per questi lavoratori. Come intendiamoci muoverci? Noi, da tempo, abbiamo ci siamo affidati alla magistratura. Le istituzioni hanno fallito».
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