Bancarotta Andretta: condanne con lo sconto

Bancarotta Andretta: condanne con lo sconto
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Venerdì 9 Dicembre 2016, 14:09 - Ultimo aggiornamento: 17:00
L’Appello riduce ma mantiene la condanna per bancarotta fraudolenta del negozio di abbigliamento che ha vestito generazioni di leccesi, il negozio “Vittorio Andretta”. La sentenza dell’altro ieri sera dei giudici Carlo Errico (presidente), Silvana Botrugno e Cosimo Almiento, ha inflitto tre anni di reclusione alla vedova e al genero del titolare, Giovanna Morelli e Dario Ferrante, 83 e 71 anni.
Il collegio giudicante non ha tenuto conto delle richiesta dell’accusa e della difesa: per l’assoluzione hanno concluso sia il sostituto procuratore generale Giampiero Nascimbeni che gli avvocati difensori Pasquale e Giuseppe Corleto. Il legale della curatela fallimentare, l’avvocato Amo9lcare tana, ha chiesto invece la conferma della sentenza di primo grado che il 13 giugno del 2011 condannò gli imputati a cinque anni di reclusione e come pena accessoria, l’interdizione per dieci anni dall’esercizio di attività commerciali e dagli uffici direttivi di imprese, nonché al versamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 303mila euro.
 
Nel processo di appello ha scritto una nuova pagina sugli aspetti giudiziari del tramonto di uno dei negozi di abbigliamento più ricercati per gli amanti del genere classico: Ferrante è stato assolto dall’accusa di bancarotta semplice “per non aver commesso il fatto”. Inoltre per entrambi gli imputati è andata in prescrizione l’accusa di omessa tenuta delle scitture contabili (registri dei verbali del Consiglio d’amministrazione, verbali delle assemblee, libro dei soci, registro del collegio sindacale e mastrini contabili). Dopo aver riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, i giudici hanno rideterminate le pene.

Giovanna Morelli e Dario Ferrante sono stati rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione (dal 1993 al 2002) e amministratore delegato (dal luglio 1993) della “Vittorio Andretta srl”. Quando la situazione economica si fece difficile, un’assemblea straordinaria dei soci (convocata il 18 luglio 2002) nominò Morelli liquidatore. Secondo la ricostruzione dell’inchiesta dell’allora pubblico ministero Maria Consolata Moschettini, avrebbero distratto rimanenze di magazzino per un valore di 114mila euro. Inoltre gli era stato contestato di aver avviato una svendita della merce ad un prezzo inferiore al cinquanta per cento del costo di acquisto: un’iniziativa che, stando ai conti fatti dalla Procura, avrebbe provocato una perdita di quasi 480mila euro. Parte degli incassi (quando lo stato di insolvenza si era già manifestato e prima della procedura fallimentare) sarebbe servita per il pagamento di alcuni creditori preferenziali. E cioé, le banche.
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