«La Scu cambia pelle: è rimasta senza boss»

«La Scu cambia pelle: è rimasta senza boss»
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 15 Gennaio 2017, 18:25
Racconta una mafia evoluta, una mafia diversa, una mafia orfana del boss indiscusso, interventista e sanguinario, l’ultima sentenza sulla “Sacra corona unita” (Scu) salentina.
Nelle 801 pagine delle motivazioni che spiegano le ragione delle condanne di 65 imputati accusati nel processo “Eclisse” di aver aderito ai clan di Lecce, Vernole, Merine e Cavallino, il giudice per l’udienza preliminare, Giovanni Gallo, definisce l’evoluzione delle associazioni mafiose con il termine di “network”.
Una rete di contatti e collegamenti andati a volte anche in corto circuito, ma costruita, in altri termini, su una collaborazione orizzontale per continuare ad ottenere il massimo rendimento dal tradizionale brand della Scu salentina: il traffico e lo spaccio di droga. Ci sono anche le estorsioni ai commercianti, in “Eclisse”, ma circoscritte a questo o quello titolare di attività che accetta di sostituire lo Stato con i criminali: perché chiede protezione o l’intercessione del personaggio dal noto carisma mafioso. E’ il caso, ad esempio, delle estorsioni ad alcuni venditori ambulanti di panini e bibite.
Insomma, non c’è più un capo in grado di garantirsi una grossa fetta di territorio e di mercato, sono tramontate quelle aspirazioni egemoniche che negli anni 90 e gli inizia del 2000 scatenarono guerre fra clan con una sequenza di morti ammazzati: “Emerge certamente che i gruppi criminali oggetto delle diverse incriminazioni non risultano essere un grado di imporsi su tutto il territorio, attraverso l’uso di un potere di intimidazione inidoneo ad assoggettare ampi settori della società e del’economia», ha sostenuto il giudice Gallo nel capitolo della sentenza dedicato al reato di associazione mafiosa. «Sicuramente rispetto al passato si è verificato un indebolimento delle frange salentine della Sacra corona unita, a causa evidentemente della risposta ferma dello Stato e della impermeabilità di alcuni settori della società civile».
In questa prospettiva, sono state condivise e riportate le motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Eclisse”, quelle del giudice per le indagini Alcide Maritati, perché riportano i passaggi salienti dell’evoluzione della Scu dall’arresto e dal pentimento dell’ultimo boss che cercò di raccogliere una buona parte dei gruppi criminali centro la stesa casa: Filipo Cerfeda.
Finì a marzo del 2003 quel progetto di mettere insieme i surbini con i clan del Nord Salento e dei comuni della fascia a Sud est di Lecce. E con loro i clan del Basso Salento. A chi non si adeguava erano riservati attentati, gambizzazioni, ferimenti ed omicidi (Cerfeda ha confessato di essere stato il mandante di 15 omicidi). Una Scu con quelle caratteristiche egemone e violente oggi non esiste più: «Ma esistono anche tante “mafie” che non hanno tali caratteristiche e che pure possono essere riportate al solo modello di stampo mafioso, per la metodologia che adottano».
Il giudice Gallo a proposito della nuova connotazione dei clan della Scu ha citato un passaggio della relazione nazionale della Direzione investigativa antimafia: «Operanti attraverso un sistema delittuoso complesso, caratterizzato da una organizzazione policentrica, fiondata su vari network reticolari di gruppi e di soggetti, che non possiede unità di vertice, che garantiscono la continuità dei traffici illeciti e della relativa redditività ai vari sodalizi appartenenti alla rete».
La Scu continua ad esistere comunque, al netto di qualsiasi equivoco. Ha cambiato solo modello organizzativo. Del resto dicono questo le condanne del processo “Eclisse” nato dall’operazione condotta dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, e dai poliziotti della Squadra mobile.
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