La rimonta di Salvemini: «Adesso sarò il sindaco di tutti»

La rimonta di Salvemini: «Adesso sarò il sindaco di tutti»
di Vincenzo MARUCCIO
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Lunedì 26 Giugno 2017, 13:18 - Ultimo aggiornamento: 14:12
La mezzanotte porta la vittoria. «Lecce libera»: l’urlo che risuona in piazza Sant’Oronzo. Un corteo che diventa marcia fin sotto Palazzo Carafa. La “primavera” che arriva quando è appena cominciata l’estate. Aria nuova, cambiamento, si volta pagina. La rimonta è compiuta: meno 15, meno 10, meno 5, pari, poi il sorpasso. L’allungo definitivo. Uno, due, cinque. Il verdetto finale: quasi 10 punti di vantaggio, 55 a 45, finisce così. Sotto un cielo di stelle che cambia la storia.
Di padre in figlio, 22 anni dopo. Carlo Salvemini alza le braccia, le allarga, abbraccia tutti: «Hanno vinto i leccesi, ora si cambia. Unirò questa città, ricominceremo insieme, costruirò ponti, niente più fazioni». È lui il nuovo sindaco di Lecce. «Il sindaco di tutti», aggiunge. Il sindaco con il sorriso. E giù applausi. La festa annunciata, voluta, desiderata. La festa che si compie.
Via Braccio Martello: lacrime di festa e pianti di gioia nel quartier generale del centrosinistra che si prende la roccaforte del centrodestra dopo quattro mandati. È lì che la vittoria si materializza sin dalla prima sezione scrutinata: i dati delle scuole di piazza Palio dove è testa a testa e fino a poco fa il centrodestra faceva il pienone, i whatsapp con i numeri del “Quinto Ennio” dove il vantaggio è schiacciante, i risultati del “Calasso” dove non c’è partita.
Il corteo che parte da zona Mazzini, attraversa il centro come un fiume e Salvemini che lo guida: l’approdo finale è Palazzo Carafa, la stanza al primo piano che lo aspetta. Lì dove, più di due decenni fa, aveva spalancato quelle finestre papà Stefano, il sindaco galantuomo.
Le sue parole, il suo messaggio, gli slogan ripetuti davanti a taccuini e telecamere. «Ho vinto perché i leccesi hanno premiato il principio dell’alternanza - dice Salvemini in una piazza piena - per ora abbiamo pensato a rendere più bella la città. Ora bisogna migliorare la vita dei cittadini e dobbiamo farlo ogni giorno».
L’abbraccio con le civiche di Alessandro Delli Noci è il matrimonio che ha funzionato: il ticket siglato alla luce del sole e senza intermediari. La scossa definitiva, il patto nel segno del cambiamento che ha spostato gli equilibri, la scintilla che ha aperto la strada. «Via il vecchio sistema», il mantra ripetuto in questi ultimi giorni di campagna elettorale.
Il ballottaggio, come accade in questi casi, ha fatto il resto: uno contro uno, non più squadra contro squadra. Salvemini che ha preso le misure, ha accorciato le distanze, ha recuperato metro su metro fino all’allungo finale: difficile stargli dietro, il runner che diventa maratoneta e stacca l’avversario all’ultimo giro. Una domenica di giugno che sfianca tutti per il caldo, ma non lui abituato a dosare le forze in vista del rush finale.
Distanza che, a guardare i freddi numeri due settimane fa, poteva sembrare incolmabile. Freddi, appunto, perché il secondo turno è un’altra storia. C’è chi dice che si parte quasi da zero e la verità non è neanche tanto lontana.
La fotografia scattata 15 giorni fa era netta: Mauro Giliberti, candidato del centrodestra al 45,22%, e un passo dalla vittoria con le liste che toccavano quota 52%. Sette punti in percentuale in meno e già questo era un primo segnale. Il giornalista di “Porta a Porta” scelto da Raffaele Fitto e Paolo Perrone che mancava il bersaglio al primo turno venendo meno ad una tradizione ormai ventennale: per mantenere il fortino che prima ancora era stato di Adriana Poli Bortone per altri due mandati sarebbe bastato quello che lui aveva chiamato «un ultimo sforzo, un ultimo passo» da aggiungere ai 23.559 voti del primo turno.
Salvemini partiva più indietro, molto più indietro: 28,97% al primo turno, equivalente a 15.092 voti. Il consigliere comunale da sempre nelle file della sinistra che, dopo lo strappo con il Pd e l’abbraccio (temporaneo) con il mondo vendoliano, aveva coltivato un civismo colorato di rosso tenendosi ben lontano da ogni qualunquismo e men che meno di marca grillina.
Salvemini più avanti delle liste, comunque: circa 5 punti in più, la conferma della forza del candidato sindaco, una faccia, un volto, una storia politica da usare con tenacia. Risorsa per la rincorsa, quasi un gioco di parole. Circa 16 punti in percentuale da recuperare che, solo a dirlo, sembrava un’impresa in una città di centrodestra. Saldamente di centrodestra ogni volta che c’era la chiamata alle urne.
Terzo al primo turno - sorpresa positiva, secondo gli analisti esperti in numeri e non solo - Alessandro Delli Noci, l’ex assessore protagonista del durissimo scontro con Perrone nella fase caldissima delle candidature sotto l’ultimo albero di Natale che si era buttato nell’impresa (temeraria quanto ambiziosa) di sfidare i suoi compagni di viaggio: sei liste civiche senza bandiere e l’Udc alleato a suggellare un percorso nel segno «del riformismo moderato» e un 16,90% conquistato al primo turno che andava a rompere la graniticità dell’amministrazione. Voti - 8.807 per la precisione, una settimana fa - che potevano valere oro e così è stato: quanti passati a Salvemini difficile stabilirlo, ma sicuramente tanti ad alimentare un fiume che è diventato in piena quanto più si è avvicinata la data del 25 giugno. Apporto significativo, forse determinante: il vento del cambiamento - per usare il più ascoltato degli slogan - che ha messo insieme due mondi ritrovatisi più vicini di quanto si potesse immaginare. Più vicini ogni giorno che si avvicinava alla riapertura delle urne. Come se i leccesi non vedessero l’ora che quel giorno arrivasse. Più sentimento che calcolo politico, più visione comune che strategia studiata a tavolino. Nonostante padrini, veri o finti. Nonostante kingmakers, questi sicuramente inesistenti. Alla faccia di dietrologie, complottismi e di qualcuno che, in cabina di regia (si fa per dire), prova a salire sul carro per appuntarsi la medaglia della vittoria.
Un recupero che, da queste parti, non si era mai visto. Nonostante il centrosinistra non si sia mai fatto mancare i litigi, nonostante i “colpi bassi” di Michele Emiliano, nonostante il Pd ridotto a partitino sotto il 10%. La distanza di 15 punti colmata in due settimana e, addirittura, di più: un distacco di quasi 10 punti sullo sconfitto, lasciato lì lontano, lontanissimo. Come quando in salita bastano due, tre chilometri per far “saltare” la corsa: l’avversario che si “pianta” e Salvemini sale su leggero, veloce, come una piuma. Con il vento che sembra spingerlo, ma lui sa che costa fatica. Che non finisce qui, che i nodi - da subito - verranno al pettine. La maggioranza, innanzitutto, che Salvemini dovrà trovare in Consiglio per attuare il programma. Gli manca qualche numero, dovrà trovarlo e anche presto. «Voglio dare cinque anni di governo a Lecce, anzi di buon governo. Sono sicuro che ce la faremo». Serve un altro allungo.
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