Imid, archiviate altre 7 posizioni: «Il solo obiettivo fu curare i pazienti»

Imid, archiviate altre 7 posizioni: «Il solo obiettivo fu curare i pazienti»
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Lunedì 26 Settembre 2016, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 16:08

«Non è emersa nè la realizzazione di condotte poste in essere in violazione di legge o regolamento.Nè l’intenzionalità dolosa da parte degli odierni indagati, volta ad arrecare a Minelli un vantaggio ingiusto. Alla luce della lettura degli atti, rimane affermazione del tutto apodittica ed indimostrata, che la struttura in questione fosse stata mantenuta in vita dalla Asl al solo scopo di avvantaggiare Minelli e di agevolarlo nel proseguimento di fini lucrativi». È il teorema sostenuto dal pubblico ministero Angela Rotondano ed accolto dal giudice per le indagini preliminari, Simona Panzera, con il decreto che ha archiviato l’inchiesta sul centro di cura Imid di Campi Salentina, specializzato nelle malattie croniche immuno-mediate. Nei giorni scorsi aveva avuto lo stesso orientamento il giudice Carlo Cazzella per il solo Mauro Minelli, 59 anni, di Campi, cioè il medico che creò l’Imid e restò il punto di riferimento della struttura fino alla chiusura.
 
Lo stralcio dell’inchiesta ha riguardato invece coloro che contribuirono alla nascita ed alla gestione del centro: l’ex direttore generale della Asl, Valdo Mellone, 67 anni, originario di Taranto; l’ex direttore sanitario Ottavio Narracci, 57 anni, di Fasano (in provincia di Brindisi); l’ex direttore amministrativo Antonio Vigna, 66 anni, di Matino; l’ex commissario straordinario della Asl, Paola Ciannamea, 65 anni, di Lecce; il direttore amministrativo Vito Gigante, 57 anni, di Giuggianello; il direttore sanitario Francesco Sanapo, 67 anni, di Specchia; e Grazia Pino, 41 anni, di Novoli, infermiera dell’Imid e persona di fiducia di Minelli.

Tutti, ad eccezione della Pino, rispondevano di abuso di ufficio, cioè di aver forzato i regolamenti per favorire Minelli. Nel merito il magistrato titolare dell’inchiesta ha spiegato perché l’Imid funzionò secondo le regole. Concludendo in questi termini: «Le prestazioni sanitarie del centro venivano erogate, nell’ottica del perseguimento dell’interesse pubblico alla cura della salute degli utenti in servizio». E sui ricoveri: “Alla luce delle risultanze investigative risulta, infatti, che il centro in questione ha effettivamente erogato molteplici prestazioni sanitarie anche nei confronti di soggetti residenti fuori regione i quali, evidentemente, presentando patologie anche di difficile risoluzione e tali da richiedere assistenza sanitaria specialistica e qualificata, si sottoponevano anche agli oneri correlati alla sottoposizione di cure in strutture lontane dai luoghi di residenza, assumendosene i relativi costi. E non è in alcun modo sostenibile la falsità dei ricoveri eseguiti, trattandosi peraltro di atto medico di natura altamente discrezionale. 
La Pino, sott’inchiesta per la sola ipotesi di peculato. Che è poi, il peculato, l’unica ipotesi di reato, insieme alla truffa, degna di approfondimenti, secondo il pubblico ministero Rotondano. Occorre capire, ha spiegato il magistrato, se è vero che gli onorari furono maggiorate.

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