Salvemini: «Giunta aperta agli esterni. Punto alla Bandiera Blu»

Salvemini: «Giunta aperta agli esterni. Punto alla Bandiera Blu»
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Domenica 21 Maggio 2017, 19:31
Carlo Salvemini, aveva annunciato che non si sarebbe più candidato al Comune. Ora, addirittura, corre da sindaco. Lei dice di aver sempre mantenuto le promesse, ma disattende la più importante della sua carriera politica. Perché ha cambiato idea?
«Un conto è annunciare il proprio ritiro dal Consiglio comunale, un altro è respingere la richiesta di candidatura a sindaco. Di fronte ad un appello sottoscritto da migliaia di cittadini e all’incoraggiamento di chi mi ha raggiunto con sms e telefonate, ho ritenuto coerente con la mia storia politica assolvere ad una impegno con la città e con la mia comunità a cui sono legato. Nella vita di ciascuno ci sono momenti in cui si ritorna su decisioni assunte e così è stato per me».
È stata la quinta scelta dopo che altri avevano detto “No, grazie”. Quanto le pesa?
«Mi sento una scelta fortemente sostenuta e attorno a cui si coagulano interessi, energie, passioni ed entusiasmi. Questo è quello che verifico quotidianamente e tanto vale».
Lei ha sempre chiesto che leader come Teresa Bellanova e Loredana Capone, per citarne due, si impegnassero concretamente al di là di una candidatura diretta: sta accadendo?
«Sono soddisfatto dell’impegno di tutte le forze e dei movimenti che mi sostengono. L’esperienza delle quattro liste civiche dimostra il lavoro appassionato per mettermi a disposizione candidati che hanno risposto all’appello da me lanciato per una sfida collettiva. Così è stato anche per il Pd, ciascuno con i propri ruoli e responsabilità. Loredana e Teresa incluse. Liste come “Una Buona storia per Lecce” e “Idea per Lecce” raccolgono energie fortemente coinvolte in questa esperienza. Vedere promotori di lista candidati essi stessi in Consiglio ne è la dimostrazione più evidente».
Al suo centrosinistra manca il centro: se guardiamo ai simboli di partito l’Udc sta con Alessandro Delli Noci: quanto peserà sul risultato?
«Sono perimetrazioni di geografia politica che, nel vivo del rapporto con gli elettori e nel quotidiano impegno del mio rapporto con la città, non trovano riscontro alcuno nei cittadini. È più un dibattito mediatico che di quotidianità politica fatta di soluzioni, proposte e idee per incrociare i bisogni dei cittadini».
Alla sua sinistra c’è Lecce Bene Comune che era la sua sigla cinque anni fa. Dicono che la candidatura di Luca Ruberti, cinque anni fa nel suo staff ristretto, è decollata proprio quando è stata formalizzata la sua: è così?
«Non lo so e la discussione non mi appassiona. Ci sono scelte che definiscono identità e che verranno valutate dagli elettori».
La preoccupa che pezzi del Pd leccese stiano con Ruberti?
«Ci possono essere situazioni e fatti riferiti anche a passaggi della vita politica nazionale, ma non c’è nulla di eclatante. Sono impegnato per vincere, parlo con tutti e non sono preoccupato dei rumors e di eventuali sostegni che imprevedibilmente si possono accreditare ai miei avversari anche perché vedo, misuro e riscontro che tanti elettori che nel passato hanno voltato le spalle al centrosinistra sono ora convintamente miei sostenitori»
Il ceto delle professioni continuerà a scegliere il centrodestra?
«Basta scorrere nelle mie liste. Il ceto medio e la borghesia delle professioni è largamente rappresentata. Sono ottimista. Eterogeneità anagrafica e sociale attestano le diverse sensibilità e attenzioni della vita cittadina»
Ma come si cambia rotta dopo 20 anni di centrodestra compatto e granitico?
«Lecce deve sfidare se stessa e volere di più perché vale e merita di più. Deve sentirsi una città del Sud pronta ad essere riconosciuta e apprezzata non solo per la stordente bellezza del patrimonio ma anche perché scommette e vince sulla qualità della vita. E, quindi, servizi pubblici che riconoscano diritti di cittadinanza capaci di garantire inclusione sociale e di aumentare il benessere di ciascuno».
Sì, ma Lecce è spesso in cima alle classifiche, l’appeal è in crescita e nel Sud mi pare che ci sia molto peggio: perché uno dovrebbe cambiare?
«Lecce è obiettivamente fragile e arretrata sull’offerta di servizi pubblici locali che i cittadini pagano 365 giorni l’anno. Trasporto che funziona, città pulita, assistenza a chi ha meno, politiche sportive capaci di educare: penso a una città che mette i cittadini al centro dell’azione amministrativa. Preoccuparsi di chi vive e lavora a Lecce tutto l’anno significa per me automaticamente accreditarsi ancora di più come città d’arte e turismo per rispondere ad esigenze sempre più stringenti».
Clientelismo e mancanza di trasparenza fanno parte della sua diagnosi. Qual è la sua terapia?
«La migliore terapia è alternanza che è ossigeno per le istituzioni. Lunghi cicli di governo, pur legittimati dal voto, determinano una ridotta attenzione sul rispetto delle regole, un’eccessiva discrezionalità delle scelte, una preoccupazione di potere per sé piuttosto che come servizio agli altri. La miglior terapia è voltare pagina e chiudere con questi vent’anni: è il migliore investimento che i leccesi possano fare».
Trasporti. La prima cosa che farà da sindaco?
«Ho presentato la mia agenda del cambiamento e sono l’unico candidato sindaco che si è dichiarato per la rimozione del filobus mostrando l’inesistenza di evocate penali rivelatesi mere suggestioni. Ho annunciato che, da sindaco, formalizzerò una proposta di acquisto dei 700 posti dell’ex Enel, inspiegabilmente privi di un’offerta pubblica da parte della società partecipata».
E ai soci privati di Sgm cosa dirà?
]«Intendo organizzarla come le partecipate di realtà come Milano, Bologna, Firenze, Verona che offrono identici servizi ai cittadini. Ho individuato nella pubblicizzazione dei bilanci Sgm un obiettivo strategico per garantire che i ricavi della sosta tariffata vengano totalmente reinvestiti nella mobilità pubblica oltre che pedonale e ciclistica».
Che ne facciamo di questo Pug finito nel freezer?
«Dopo quattro mandati di centrodestra Lecce non dispone ancora di un Pug. La proposta di Pug è stata frettolosamente licenziata con la giunta Perrone: è illegittima e largamente insufficiente per i bisogni della città. Non c’è pianificazione urbanistica che possa oggi privarsi di un’integrazione con la mobilità, con una politica per la casa, con una pianificazione del commercio. Tutti punti assenti nel Pug Perrone-Maniglio».
Marine: tutti ne parlano. Lei da dove comincerà?
«Due proposte forti, innanzitutto. Un Piano coste come il più importante investimento per il futuro e un concorso internazionale per “Lecce Città del Mare”. Ma c’è una sorpresa».
Avanti, Salvemini...
«Quella che ritengo simbolicamente la proposta più efficace, anche fuori dai confini nazionali, per lanciare Lecce non solo città d’arte e barocco, ma anche Comune costiero. Candideremo Lecce per il riconoscimento di Bandiera Blu nel 2022: l’iter non è breve, ma dobbiamo raggiungere questo obiettivo. Nessuno si è mai chiesto perché un comune con 22 chilometri di costa racchiusi in un’area naturalistica di pregio assoluto - oasi Cesine, sito comunitario Torre Veneri, Acquatina, Parco Rauccio - non abbia titoli e potenzialità per essere percepito come Città del mare. Un litorale che comprende San Cataldo, Frigole, Spiaggiabella, Torre Chianca e Torre Rinalda».
Le periferie sono ago della bilancia: voteranno a destra anche stavolta?
«Una premessa socio-politica: considero la periferia qualunque spazio urbano privo di servizi pubblici che garantiscano diritti, soddisfino bisogni, assicurino decoro e bellezza. Questo può avvenire nel centro come altrove. In questa campagna elettorale strada per strada siamo andati ovunque, anche dove per molto tempo, forse, non ci si era più fatti vedere».
Non basta farsi vedere...
«Lo so, ma questa volta raccogliamo attenzioni, sostegni e consensi. E togliamo voti anche a chi pensava di averli in cassaforte».
Pensa a una Giunta composta da eletti o anche da esterni al Consiglio?
«Anche esterni, assolutamente sì».
In tanti lo dicono, nessuno lo fa...
«Io lo farò. Per una svolta servono anche tecnici di settore e competenze specifiche».
Scenario ballottaggio: lei e Giliberti. Farà una telefonata a Delli Noci: che accordo gli proporrà?
«Che in nome del cambiamento ha un’unica possibilità: votarmi. Accordi? Difficile fare previsioni ora».
Scenario inverso: Giliberti e Delli Noci. Il secondo la chiama: lei a quali condizioni dirà sì?
«Votare per l’alternativa. Poi, ripeto, ogni cosa a suo tempo».
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