Feto trovato in un armadio: la madre ha 17 anni. Indagati per infanticidio anche sorella e cognato

Feto trovato in un armadio: la madre ha 17 anni. Indagati per infanticidio anche sorella e cognato
di Katia PERRONE
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Venerdì 10 Febbraio 2017, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 22:44
Avrebbe partorito da sola e nascosto il suo bambino - anzi, la sua bambina - in un armadio.
Dovrà rispondere del reato di occultamento di cadavere e infanticidio in concorso con la sorella ed il cognato una ragazza di 17 anni, di Squinzano, perché ritenuta responsabile di aver nascosto in un borsone il corpo ormai senza vita di un neonato. Quella che tre giorni fa la ragazza ha dato alla luce nella sua camera, in un’abitazione della zona 167 alla periferia di Squinzano, era in realtà una bambina. Nata alla trentaseiesima settimana. E se sia nata viva o morta lo dovrà chiarire l’autopsia eseguita dal medico legale Emenegildo Colosimo. L’unica certezza è che il suo corpo è stato rinchiuso in una busta di plastica e poi riposto in una borsa nera capiente, appoggiata sul lato destro dell’armadio della camera da letto che la sorella e il cognato, ai quali era stata affidata e con i quali era andata a vivere, le avevano assegnato nella loro casa.
E in quella stanza, proprio all’interno di quella borsa, così come la stessa ragazza ha indicato, l’hanno ritrovata i carabinieri della Compagnia di Campi Salentina e della stazione di Squinzano, insieme ai colleghi della sezione del comando provinciale di Lecce, intervenuti intorno alle 21 di giovedì sera.
Ad avvertirli con una telefonata al 112 di quanto poteva essere accaduto in quella casa sono stati i medici dell’ospedale di Copertino dove poco prima, a causa dei forti dolori, si era rivolta la ragazza accompagnata dai familiari. Sottoposta alle cure necessarie, e dopo gli opportuni controlli ed una visita ginecologica, è stata messa davanti alla verità scientifica: da poco aveva dato alla luce un bimbo.
Ai medici ha raccontato di aver partorito da sola circa tre giorni prima, mentre in casa non c’era nessuno. Era seguito un primo controllo al Pronto Soccorso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, la stessa sera che aveva partorito. In quel caso però si era rifiutata di sottoporsi ad una visita ginecologica accurata, probabilmente per paura di essere scoperta.
Ma ieri non ne ha potuto fare a meno. Lei in preda ai dolori, debilitata, provata e in preda ad uno stato di estrema sofferenza tanto fisica quanto mentale. La sua piccola, ormai senza vita, rinchiusa in una borsa, e abbandonata alla sua triste fine in quella stanza, dov’erano ancora visibili le chiazze di sangue, e dove la madre l’aveva vegliata per tre lunghi giorni, prima di decidere di chiedere aiuto.
Ora la 17enne, ascoltata dai militari dell’Arma che hanno raccolto anche le testimonianze e i racconti dei suoi parenti, è ricoverata nel reparto di Ostetricia e Ginecologia del nosocomio copertinese. Al vaglio dei militari, dei pubblici ministeri della Procura ordinaria e della Procura per i minorenni, Donatina Buffelli ed Anna Carbonara, le dichiarazioni della ragazza, di sua sorella e del cognato, i quali erano a conoscenza della gravidanza della ragazza. Tutti e tre iscritti nel registro degli indagati: dovranno rispondere dei reati di occultamento di cadavere e infanticidio. Ora dovranno essere chiarite le responsabilità di ognuno di loro. E se nei loro racconti emergeranno elementi contraddittori da permettere agli inquirenti di chiarire l’effettiva dinamica dei fatti. Oltre al corpo della neonata, sequestrato per eseguire gli esami necessari per capire le cause del decesso, alla giovane madre è stato sequestrato anche il cellulare. Da un controllo accurato dell’apparecchio si cercherà di risalire all’identità del padre, magari attraverso conversazioni o messaggi in memoria, e che la ragazza non ha voluto rivelare.
Il dolore per la perdita di un figlio, qualunque ne siano state le cause, e le sue condizioni delicate condizioni di salute non le permettono di essere interrogata ulteriormente. Al riparo da voci indiscrete, da commenti e giudizi inopportuni, elabora il suo lutto sul letto di in una stanza di ospedale. Chiusa in se stessa e rifiutandosi di parlare oltremodo. Ieri mattina, ascoltato dal magistrato Donatina Buffelli anche il primo cittadino di Squinzano, Mino Miccoli. Il sindaco ha spiegato al pubblico ministero che non era mai stato messo a conoscenza, neanche attraverso i servizi sociali, della situazione di degrado in cui versava la famiglia. E né tanto meno delle condizioni della ragazza
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