Sogliano Cavour, Consiglio sciolto per infiltrazioni mafiose: terzo Comune in due anni

Il municipio di Sogliano Cavour
Il municipio di Sogliano Cavour
di Paola ANCORA
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Mercoledì 27 Giugno 2018, 23:15 - Ultimo aggiornamento: 28 Giugno, 18:07
Un altro Comune sciolto per mafia. Il Consiglio dei Ministri ha infatti deciso questa sera - «in ragione delle riscontrate ingerenze da parte della criminalità organizzata» - di sciogliere Sogliano Cavour per infiltrazioni mafiose, facendo proprie e accogliendo le richieste inoltrate dal prefetto di Lecce, Claudio Palomba. Si tratta del terzo Comune del Salento, dopo Parabita e Surbo, finito sotto la lente di ingrandimento di prefettura, Viminale e CdM in appena due anni.
A casa, dunque, l’amministrazione del sindaco Paolo Solito, travolta dalle polemiche in questi mesi di indagine amministrativa da parte della Commissione d’accesso. A casa il Consiglio comunale: al prefetto Palomba, ora, l’incarico di nominare i commissari che guideranno l’ente per un periodo minimo di 18 mesi.
Lo scioglimento è l’ultimo atto - dal punto di vista amministrativo - scaturito dall’inchiesta “Contatto” del procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi e dal sostituto Roberta Licci, insieme ai carabinieri di Maglie. Inchiesta nella quale, insieme ad altre 64 persone, è finito anche l’ex vicesindaco e assessore ai Servizi sociali di Sogliano, Luciano Magnolo, a processo per corruzione per atto contrario e concorso esterno in associazione mafiosa. La prossima udienza si terrà proprio la settimana prossima, il 3 luglio, e Magnolo sarà difeso dall’avvocato Giuseppe Bonsegna.
Secondo l’accusa, l’ex vicesindaco sarebbe stato condizionato dagli uomini del clan Coluccia di Noha, garantendo loro sussidi e aiuti ai loro familiari. Uno su tutti, l’emergente Antonio Cianci. E poi anche a colui che gli inquirenti ritengono essere il reggente del clan, Pasquale Gugliersi. Alla presunta relazione fra Magnolo, Cianci e Gugliersi è stato dedicato, infatti, un intero capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Contatto”, a firma del giudice per le indagini preliminari Edoardo D’Ambrosio, capitolo intitolato proprio «L’infiltrazione dell’associazione negli organismi del tessuto politico-sociale”.
I fatti oggetto dell’inchiesta risalgono al 2015. Quell’anno l’ex vicesindaco avrebbe subito una serie di episodi violenti: botte per strada, danneggiamenti all’auto di sua proprietà. Tutti mirati a far sì che continuasse a fornire contributi in denaro e borse lavoro a Carmela Magnolo, madre di Cianci e assegnataria di un alloggio popolare. L’ex amministratore, secondo gli atti dell’inchiesta, incontrò poi Cianci e Gugliersi sul piazzale di un distributore di carburanti a Corigliano d’Otranto per discutere di questi problemi, salvo poi negare tutto quando fu ascoltato dai carabinieri. A testimoniare sulle pressioni ricevute per agevolare le pratiche relative a Carmela Magnolo è stata anche una assistente sociale. E la sua testimonianza, come tutti i fatti emersi nel corso dell’inchiesta, sono confluiti nell’indagine amministrativa della prefettura, indagine che si è mossa parallela a quella penale “Contatto”.
Al termine di questo approfondimento, il prefetto ha ritenuto di chiedere al Consiglio dei Ministri di procedere con lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Decisione, questa, che può essere assunta anche solo a scopo preventivo e che il Viminale, con il neo-ministro Matteo Salvini, e poi il Consiglio dei Ministri hanno deciso di fare propria e confermare.
Ora il sindaco Paolo Solito e i consiglieri eletti potranno decidere di impugnare il decreto di scioglimento, una volta che sarà pronto. Come è avvenuto, per esempio, a Parabita con l’amministrazione Cacciapaglia - dove a scrivere l’ultima parola sullo scioglimento, dopo una prima sentenza del Tar Lazio favorevole al sindaco, sarà il Consiglio di Stato - e come avverrà a Surbo, per l’ex sindaco Fabio Vincenti.
Al netto delle battaglie giudiziarie e dei procedimenti giudiziari, sul tavolo della politica restano dunque dati incontestabili da affrontare: le intimidazioni e le violenze registrate dalle cronache nei confronti di amministratori pubblici, la tentacolare presenza dei clan nei settori più vari dell’economia e il preoccupante numero di Comuni finiti “sotto tutela” dei commissari prefettizi negli ultimi anni.

Si tratta del diciassettesimo scioglimento deliberato dal Governo nei primi 6 mesi del 2018, che fa seguito ai 21 scioglimenti decisi lo scorso anno. Negli ultimi 5 anni sono state 79 le Amministrazioni locali sciolte per infiltrazioni mafiose, di cui 37 nella sola Calabria e 7 in Puglia. Il dato lo fornisce Avviso Pubblico, la rete degli enti locali e delle Regioni contro le mafie. - «Continua in maniera incessante lo stillicidio di Comuni che vengono sciolti per infiltrazioni mafiose: sono già diciotto nei primi mesi del 2018, dopo i 21 dello scorso anno. Chiediamo al Governo di non abbassare la guardia», commenta Luciano Silvestri, responsabile nazionale Legalità e sicurezza della Cgil. «Quasi sempre - spiega Silvestri - la presenza della criminalità organizzata nella Pubblica Amministrazione si combina con fenomeni di corruzione attraverso sodalizi invasivi che determinano un controllo sull'insieme della società di quel territorio. Gli appalti e gli affidamenti dei servizi - sottolinea - sono lo strumento e il luogo di questa azione criminale». «Per questo - prosegue il dirigente sindacale - al Governo chiediamo di non abbassare la guardia e di rafforzare, piuttosto che pensare di alleggerire, le norme sugli appalti». «Abbiamo bisogno di rigore e di controlli per riconquistare condizioni di legalità e riprendere il controllo sociale del territorio. Condizione fondamentale - conclude Silvestri - per garantire sviluppo e occupazione sana»
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