Non furono diffamatori i commenti e gli articoli pubblicati dopo la diffusione della foto che, a pochi giorni dalla morte dell'onorevole Gaetano Gorgoni, ritraeva alcune persone riunite in un ristorante e una torta con l'immagine del palazzo ducale di Cavallino e la scritta «Finalmente liberi (uniti)». Foto che in molti, sui social network, avevano associato a presunti festeggiamenti per la dipartita del politico, ex sottosegretario di Stato e sindaco di Cavallino per diversi anni.
La decisione del giudice
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Angelo Zizzari, ha archiviato il procedimento avviato a carico di 41 persone tra utenti di Facebook e direttori di giornale, accusati i primi di aver commentato in modo diffamatorio la pubblicazione della foto e i secondi di aver pubblicato senza il preventivo controllo articoli sulla vicenda.
Il pubblico ministero aveva chiesto l'archiviazione, ma le persone offese avevano presentato opposizione, chiedendo la prosecuzione delle indagini e l'imputazione coatta dei denunciati. Decidendo sulla questione, il gip ha sottolineato che i direttori delle testate giornalistiche sono esenti da accuse, perché si sono limitati a riportare la notizia, nell'esercizio del diritto di cronaca (e di critica, in un paio di articoli contestati), tra l'altro riprendendo una vicenda che aveva suscitato interesse soprattutto nella comunità di riferimento. Nessuna responsabilità neanche per l'amministratore del gruppo Facebook "Sei di Cavallino se...": su di lui, sottolinea il giudice, non gravava l'obbligo di impedire la pubblicazione di determinati commenti. Per quanto riguarda, infine, i vari commenti degli utenti, per il giudice sono da distinguersi in due gruppi: quelli nei quali è stato esercitato il diritto di critica, pur nel rispetto del limite della continenza, e quelli che, invece, pur oltrepassando il limite della continenza e trascendendo nella volgarità, sono "scusati" perché scritti «nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso». Da qui l'archiviazione per tutti gli indagati.
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