Case fantasma a Gallipoli: 22 indagati per la maxi truffa

Case fantasma a Gallipoli: 22 indagati per la maxi truffa
di Vittorio CALOSSO
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Sabato 23 Luglio 2016, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 16:57

Specializzati nelle truffe telematiche per rifilare il classico “bidone” con l’affitto delle case vacanze. Al mare, anche alla Baia Verde o nelle marine sul litorale gallipolino, così come in montagna nelle località sciistiche più rinomate. E tra le oltre 600 vittime accertate, molte famiglie e gruppi di giovani vacanzieri, che negli anni passati, ma anche nella stagione in corso, avevano scelto proprio l’attrattività di Gallipoli per le proprie ferie estive. Due fratelli milanesi le figure chiave finite nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Milano e in totale 22 le persone denunciate nell’ambito delle indagini condotte e ormai concluse dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Milano, che hanno svelato l'esistenza di tre gruppi, formati da italiani e rumeni, legati alla stessa organizzazione criminale dedita alle truffe con gli annunci immobiliari online. Sui portali legittimamente operanti nel settore immobiliare, i truffatori proponevano fittiziamente in affitto diversi appartamenti situati in località di vacanza come Gallipoli, appunto, oppure Rimini, Riccione, Alassio, ma anche nelle note zone sciistiche di Courmayeur, Livigno e Bormio. E la tecnica adottata è quella ormai nota, anche se il livello di ramificazione e accortezza per portare a compimento la truffa perfetta questa volta è sembrato alquanto elevato. Le vittime, famiglie o gruppi di turisti, credevano di aver portato a termine le operazioni di locazione degli appartamenti nelle località turistiche prescelte, ma una volta giunte sul posto scoprivano che le abitazioni erano inesistenti o di proprietari ignari delle trattative di affitto. Tante le denunce di questo tenore nelle ultime stagioni presso il commissariato e i comandi di carabinieri e guardia di finanza, anche in quel di Gallipoli.
 
Una struttura organizzativa complessa quella ricostruita dalla polizia milanese, in contatto anche con questure e commissariati locali, che ha confermato i ruoli ricoperti dai truffatori e le finalità illecite. Gli indagati, che ripetevano tra loro il commento «mi trovo a Gallipoli dove li abbiamo truffati tutti», si recavano spesso nelle località turistiche per effettuare dei sopralluoghi ed essere quindi in grado di fornire quante più informazioni possibili alle vittime (persino con l'indicazione dei migliori ristoranti o lidi del posto), che finivano per credere di parlare davvero con un abitante del luogo. Nel solo territorio dell’hinterland di Milano sono state 254 le persone truffate (per un ricavato illecito che ammonta ad oltre 350mila euro), che hanno presentato querela, ma nel corso delle indagini sono state accertate circa 600 vittime sparse in varie regioni d’Italia.
L'articolata attività d’indagine della polizia è partita delle denunce di alcune vittime che avevano locato appartamenti l’estate scorsa, ma anche per le festività natalizie e preso contatti telefonici con gli inserzionisti, accordandosi sull'importo e sulle modalità di pagamento della caparra necessaria a bloccare l'abitazione. Il pagamento avveniva mediante bonifico bancario verso un interlocutore (un prestanome sempre diverso) di nazionalità italiana, spesso con l'accento del nord Italia per rassicurare le vittime. All'atto della prenotazione gli indagati inviavano via email agli interessati anche un finto contratto di locazione, allegando i documenti d'identità dei finti proponenti (che in realtà riproducevano i volti dei prestanome) in modo da acquisire la fiducia necessaria per effettuare i pagamenti per poi rendersi irreperibili.

Gli investigatori della polizia postale hanno condotto attività tecniche sulle connessioni internet e sugli account email, accanto a quelle tradizionali di osservazione e pedinamento nei confronti dei due fratelli milanesi, ritenuti elementi chiave dell'organizzazione. Numerosi i telefoni cellulari e le schede telefoniche (finite sotto sequestro) utilizzate per le inserzioni: su di essi, per individuarli, i due indagati apponevano adesivi con i dati del luogo e dell'abitazione oggetto della truffa.

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