Due tentati omicidi nella guerra fra clan: condannato a 20 anni

Il sicario che fugge dopo l'omicidio fallito
Il sicario che fugge dopo l'omicidio fallito
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 17 Marzo 2021, 16:12 - Ultimo aggiornamento: 17:12

Vent'anni di reclusione sono stati inflitti a Giuseppe Moscara, 26 anni, di Casarano, ritenuto un sicario del gruppo criminale vicino alla Sacra corona unita, protagonista degli ultimi agguati di stampo mafioso avvenuti a Casarano. Gli viene contestato sia il tentato omicidio di Antono Afendi, avvenuto il 25 ottobre del 2019 - episodio che gli costò il fermo e il carcere - che di avere fatto parte del gruppo di fuoco che tre anni prima cercò di eliminare Luigi Spennato a colpi di fucile Sten e di mitragliatore kalashnikov. Con il risultato di ridurlo alla cecità e di consegnargli il resto della vita su una sedia a rotelle. Secondo l'accusa, Moscara avrebbe fatto parte anche della spedizione che avrebbe eliminato Ivan Caraccio (imputato di associazione mafiosa) se questo piano non fosse stato intercettato dai carabinieri con l’arresto della vittima prescelta. Attrezzato a puntino: con lastre e giubbotti antiproiettile.

La condanna è del giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Lecce, Michele Toriello, che ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Maria Vallefuoco e Massimiliano Carducci.  Ecluse le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili poiché ritenute insussistenti. Il dispositivo della sentenza ha inoltrte previsto la misura di sicurezza della libertà vigilata della durata di due anni, una volta espista la pena. Per Luigi Spennato, parte civile con l'avvocato Francesca Conte, è stata disposta una provvisionale di 50mila euro. 

Moscara viene collocato fra i più spietati partecipanti alla faida dei clan di Casarano fra il gruppo guidato da Tommaso Montedoro prima della scelta di collaborare con la giustizia e quello capeggiato dal suo ex amico e socio, Augustino Potenza, ammazzato il 26 ottobre del 2016 nella sua Casarano. Se ne parla nell’inchiesta condotta con i carabinieri del Nucleo investigativo che consentì il fermo di Moscara a poche ore dall’agguato ripreso da un impianto di videosorveglianza e che vide Afendi scampare alla morte per miracolo.

Non solo agguati e anche l’immancabile droga, in questa indagine che sembra il seguito della prima inchiesta sugli agguati e la mafia di Casarano, la “Diarchia”: il capo di imputazione di associazione mafiosa indica fra i settori di interesse anche la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni e di appalti “per sé e per gli altri”.

Quel contesto fra la politica e l’economia tracciato da Tommaso Montedoro sia nei verbali degli interrogatori in carcere che in videoconferenza quando è stato chiamato a testimoniare nei processi. Un aspetto – quest’ultimo – stralciato da questo fascicolo per dedicargli verifiche, riscontri ed approfondimenti.

I fatti contestati confermano intanto l’indole violenta e aggressiva della Scu salentina che sembra conciliarsi male con una eventuale evoluzione imprenditoriale: Moscara risponde di avere avuto il ruolo di killer nel progetto di eliminare fisicamente il gruppo concorrente facente capo a Potenza. L’obiettivo dell’ultimo agguato è stato Afendi, 28 anni indicato nel capo di imputazione come un compagno di Potenza. Legato al punto da tenere una sua foto sul cruscotto della Volkswagen Golf da cui riuscì a fuggire mentre veniva crivellata di colpi: «Ucciso il quale era necessario procedere all’eliminazione anche di Afendi, per sgomberare il campo da eventuali oppositori al gruppo capeggiato dallo stesso Montedoro», sostiene l'accusa.

Moscara risponde anche dell’incendio dell’Audi A4 trovata bruciata sulla Maglie-Lecce davanti al parco commerciale di Cavallino, quella stessa sera dell’agguato. In concorso con un’altra persona che provvide poi a farlo salire in auto e ad allontanarsi. È difeso dall’avvocato Simone Viva.

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