Espianto ulivi, tra tensioni, scontri e malori
Continua il braccio di ferro

Forze dell'Ordine e attivisti al cantiere Tap
Forze dell'Ordine e attivisti al cantiere Tap
di Nicola QUARANTA e Mauro BORTONE
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Martedì 28 Marzo 2017, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 12:29

MELENDUGNO - Un altro giorno di “passione” e tensioni al cantiere Tap di San Foca: dopo che martedì, tra le contestazioni degli attivisti antigasdotto, sono ripresi gli espianti d’ulivi, anche ieri i mezzi della multinazionale del gas sono tornati sul posto per il prosieguo delle operazioni. I manifestanti del presidio No Tap, di cui una quarantina hanno dormito sul posto in tenda, erano lì ad attendere l’arrivo dei camion. 
Fin da subito, lo scenario non si è presentato molto differente rispetto a quello di ventiquattrore prima: da un lato, i dimostranti, muniti di striscioni e accompagnati dal fronte dei sindaci, dall’altro, le forze dell’ordine, accorse in massa e schierate lungo il perimetro del cantiere in assetto antisommossa. I militari si sono distribuiti in maniera da tale da costringere gli attivisti ad una distanza maggiore dall’ingresso della zona di lavoro, facilitando così il transito dei camion. 
Ma gli avvenimenti del giorno prima, dall’alta concentrazione di forze dell’ordine passando per le cariche della polizia su amministratori e cittadini fino all’epilogo notturno di una bomba carta, depositata da ignoti nella zona dove sorgono gli ulivi oggetto di espianto, non hanno di certo agevolato un clima disteso. E, infatti, un gruppo di attivisti “No Tap” costruisce un muretto di pietra per ostruire la strada ai mezzi, ma l’ostacolo è stato prontamente rimosso dalla polizia. Poco dopo, alcuni manifestanti, una trentina in tutto, hanno provato a inscenare una protesta passiva, sedendosi davanti ai cancelli: la loro dimostrazione finisce con l’allontanamento coatto da parte delle forze dell’ordine e l’identificazione. Un uomo, nella calca, accusa un problema respiratorio e viene soccorso dal personale medico. 
La concitazione raggiunge l’apice quando anche i sindaci, impegnati in alcune dichiarazioni ai media, sono sorpresi e spinti bruscamente fuori dall’area delimitata: «Stavamo facendo delle interviste – racconta il sindaco di Melendugno Marco Potì – manifestando come amministratori eletti democraticamente il nostro dissenso secondo quanto garantisce la Costituzione, quando le forze dell’ordine ci hanno costretto a spostarci ritenendo che fosse più importante in quel momento liberare il piazzale per far largo ai mezzi di Tap, arrivati tra l’altro due ore dopo». 
Tra i primi cittadini presenti, ci sono i sindaci di Alessano, Martano, Trepuzzi, Uggiano La Chiesa e Gallipoli, insieme a rappresentanti dei 28 comuni “No Tap”. Singolare il caso di Stefano Minerva, che ha trascorso la notte in auto per presenziare al sit-in. C’è anche un deputato di Sinistra Italiana, Giovanni Paglia, venuto da Ravenna a manifestare solidarietà e non mancano gli esponenti del M5S. Il segretario del Pd salentino e sindaco di Uggiano, Salvatore Piconese, invece, si dice sorpreso dall’assenza dei parlamentari del suo partito, concetto che ribadirà più chiaramente in una nota ufficiale, inviata una volta andato via. 
Poi arrivano i camion: sono in numero maggiore rispetto al giorno prima, radunati in un corteo che schizza via all’interno del cantiere dopo aver tagliato in due il presidio. Riprendono gli espianti, mentre all’esterno monta la rabbia di chi è costretto ad osservare dietro il cordone di caschi blu. I canti di liberazione, le note di “Bella Ciao” e perfino l’inno nazionale sembrano una forma di conforto condiviso per chi protesta: «Non ci arrendiamo», ribadiscono con forza. 
Ma è ancora caos quando qualche attivista lancia sassi all’interno del cantiere: un operaio 39enne, di Copertino, si sente male e riparte la macchina dei soccorsi. L’uomo è trasferito e ricoverato all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce per un sospetto infarto. Per qualche istante, ripartono gli allontanamenti forzati di chi protesta. 
Il sindaco Potì, intanto, a chi gli chiede se incontrerà i vertici Tap risponde perentorio: «No, se il tentativo è quello di convincerci ad accettare questa infrastruttura. Non cerchiamo compensazioni, perché l’opera incompatibile con questo territorio». Sul posto c’è anche Cristian Casili, consigliere regionale del M5s con fasciatura alla mano dopo le contusioni rimediate il giorno prima: «Appare kafkiano che uno Stato calpesta sindaci e consiglieri pur di portare avanti un’opera che, anche a detta dei tecnici, è inutile perché il fabbisogno per quel tipo di approvvigionamento è oramai calato a meno del 50 per cento». 
Una volta fuoriusciti, i mezzi portano via gli ulivi tagliati e avvolti in un telo bianco: i manifestanti salutano quel passaggio con una pioggia di fischi e urla, gridando agli operai «traditori». Sono 75 gli alberi espiantati a San Basilio, che s’aggiungono ai 61 già collocati nell’area di stoccaggio allestita nella Masseria del Capitano, dove saranno temporaneamente reimpiantati prima di essere rimessi al loro posto. Le operazioni proseguiranno anche oggi con l’obiettivo di chiudere la fase degli espianti: all’appello mancherebbero poco piAncora tensioni davanti al cantiere della Tap, a Melendugno, dove si trovano anche i manifestanti che proseguono la loro protesta contro l'espianto degli ulivi dal tracciato del microtunnel e contro il progetto di approdo del gasdotto sulla costa. La polizia è presente in maniera massiccia e ha delimitato, posizionando gli automezzi in dotazione, l'area prevista per il passaggio dei tir che trasporteranno gli ulivi espiantati. Il cordone di sicurezza è stato spostato a maggiore distanza dal cantieri e ora gli agenti stanno allontanando con la forza i cittadini che protestano contro la realizzazione del gasdotto prelevandoli uno alla volta e portandoli via dall'ingresso del cantiere, tra le proteste degli altri manifestanti. Un operaio che era al lavoro all'interno del cantiere per la realizzazione del gasdotto Tap è stato colto da malore durante la sassaiola a cui hanno dato vita alcuni manifestanti. L'operaio è stato portato via con un'ambulanza fatta arrivare sul posto dalle forze dell'ordine. Episodi anti-Tap si sono verificati nella notte nell'area del cantiere dove persone non ancora identificate hanno fatto esplodere, senza provocare danni, una bomba carta davanti ai cancelli e hanno sparso sulla strada che percorrono i tir con a bordo gli ulivi espiantati - dal cantiere Tap al centro di stoccaggio (una masseria poco distante) - dei grossi chiodi, che sono stati rimossi. Inoltre, gli agenti della sicurezza di Tap, hanno verificato che in più punti, la rete di recinzione è risultata essere priva di bulloni, portati via nella notte. La recinzione è stata quindi ripristinata. Attualmente davanti ai cancelli del cantiere non ci sono manifestanti dopo che uno alla volta sono stati allontanati con la forza dai poliziotti e portati in un'area poco distante dal transito dei camion che trasportano gli ulivi.


 

 

Mercoledì 28 marzo 
Gasdotto, lo scontro si infiamma: tafferugli in cantiere con otto feriti
(Nicola QUARANTA)

Tra gli ulivi, la polvere e la rabbia dei territori. Là dove i primi scontri hanno preso il sopravvento sulle trattative. Che quella di ieri potesse essere sotto il profilo dell’ordine pubblico una giornata complessa da gestire a San Foca, lungo il litorale di Melendugno, dopo il via libera del ministero dell’Ambiente per l’espianto degli oltre 200 ulivi sul tracciato del microtunnel del gasdotto Tap, era prevedibile. E così è stato. Il dialogo e la diplomazia, che nelle scorse settimane aveva fatto sì che non entrassero in contatto forze dell’ordine e manifestanti, hanno lasciato il passo alla tensione. Complice, appunto, la ripresa delle attività di rimozione delle piante. Sin dalle prime luci del giorno, significativo il dispiegamento di forze di polizia messo in campo dalla questura. Agenti in assetto antisommossa sia lungo le vie di accesso che conducono al cantiere sia all’ingresso dello stesso, dove puntualmente alle 8 sono ripresi i lavori di rimozione e spostamento degli alberi (ripiantumati momentaneamente nel sito di stoccaggio di masseria del Capitano), in un clima di forte contestazione da parte della comunità locale. Così, quando alcuni manifestanti del comitato “No Tap” hanno impedito fisicamente l’accesso al cantiere (per non far accedere i mezzi e gli operai), polizia, carabinieri e guardia di finanza, dopo gli inviti a non ostacolare le operazioni, hanno forzato il presidio, spostando di peso le persone una per una e avanzando con scudi protettivi, liberando a fatica la via di accesso. Sono state fasi concitate, nel corso delle quali gli agenti hanno fatto ricorso anche ai manganelli, pur di creare il varco ai mezzi di Tap.

 


A patirne le conseguenze, anche il cordone istituzionale schierato in prima linea al fianco dei manifestanti: dal sindaco di Melendugno Marco Potì, ai primi cittadini e agli amministratori di Caprarica, Castrì, Calimera, Zollino, Martignano, Melpignano e ai consiglieri regionali Cosimo Borracino, Antonio Trevisi, Cristian Casili (ha riportato la contusione a una mano e lividi sulla schiena determinati - il suo racconto - dalle spinte della polizia con gli scudi) e alla parlamentare Daniela Donno. Il bilancio finale: sei complessivamente i contusi tra i manifestanti, due tra gli agenti. Un manifestante No Tap di 65 anni, Ippazio Luceri, è stato invece colto da malore e soccorso dai sanitari giunti con un’ambulanza proprio a margine della prima carica della polizia compiuta davanti al cantiere. L’uomo, in sciopero della fame da una settimana, è uno degli attivisti in prima linea nella protesta contro l’eradicazione degli ulivi. In sette giorni - raccontano i manifestanti - ha perso quattro chili. «La nostra è una protesta pacifica. Tra di noi E continuerà ad esserlo. Siamo stati allontanati con la forza, a colpi di manganello dagli agenti. Una quindicina di manifestanti sono stati bloccati e trattenuti dalla polizia dopo la carica», racconta un giovane. È un mondo variegato quello che alimenta il fronte dei No Tap, fatto di giovani soprattutto, di donne, di interi nuclei familiari, di studenti e anziani, fra loro anche professionisti. Un comitato spontaneo nato nel 2012 per dire No all’approdo del gasdotto Tap a San Foca. «Non ce ne andremo fino a quando questo scempio non sarà cessato», precisa un giovane.
Le operazioni di spostamento delle piante sono riprese dopo gli incidenti e proseguite per tutta la giornata. E a scandire il tempo ancora gli scontri al passaggio sotto scorta della carovana dei cinque camion impegnati nell’intervento di spostamento degli ulivi appena eradicati. Un viavai monitorato e protetto dalle forze di polizia. Ad accompagnare l’uscita e l’entrata dei mezzi, bordate di fischi e cori da parte dei manifestanti.
Nel primo pomeriggio, quando sembrava ripristinata la calma, si sono registrati altri momenti di tensione: lancio di sassi nei confronti delle forze dell’ordine, seguito da un’ulteriore carica di alleggerimento da parte degli agenti. Anche in questo caso più di qualcuno, tra manifestanti e forze di polizia, ha dovuto fare ricorso alle cure dei medici. Poco dopo i No Tap si sono riuniti in assemblea per decidere quali altre iniziative intraprendere. A riportare un minimo di serenità, la notizia della convocazione di un vertice in Prefettura a Lecce. Era stato lo stesso Prefetto, Claudio Palomba, a chiedere lo scorso 22 marzo al Ministero di chiarire alcuni aspetti in seguito ad un incontro col sindaco di Melendugno e con altri sindaci della provincia. Per il ministero «sono soddisfatte le condizioni della prescrizione “A 44” per la porzione di progetto esaminata».
Ma il fronte del No, a cominciare dalla rete dei sindaci sino alla Regione Puglia, non ci sta. «Questo è soltanto un film che serve a Tap per dimostrare che il cantiere è avviato. Non sarà però sufficiente lo spostamento degli ulivi a dimostrare l’indimostrabile, ossia che l’attività del cantiere di fatto è a zero. E se il governatore Emiliano una volta per tutte facesse revocare in autotutela la parziale autorizzazione all’espianto rilasciata dai sui stessi Uffici regionali la società non avrebbe neppure questo piccolo alibi da esibire», sbotta il sindaco di Caprarica Paolo Greco, anche lui sul fronte, con la fascia tricolore. E ieri è intervenuto anche monsignor Nicola Macculi, direttore dell’Ufficio pastorale sociale e del lavoro di Lecce: «La gente si sente scavalcata e non si arrenderà», afferma. Il nodo della questione - aggiunge - non è che il gasdotto non si faccia. Nessuno lo mette in discussione. Ma che venga trasferito in un’altra area, come potrebbe essere quella industriale a sud di Brindisi, dove l’impatto ambientale sarebbe decisamente più contenuto». Punto e a capo. Tra le ragioni del “No” e “Tap” la distanza si fa siderale.
Con le operazioni di ieri sono stati trasferiti nell’area di stoccaggio altri 28 ulivi che portano a 61 il numero degli alberi già spostati dall’inizio delle attività. Ne rimangono 150 ancora da eradicare e la multinazionale conta di completare i lavori entro la settimana.

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