Il tribunale perde pezzi, il progettista:
«Anche quel palazzo è storia, tuteliamolo»

Il tribunale perde pezzi, il progettista: «Anche quel palazzo è storia, tuteliamolo»
di Azzurra DE RAZZA
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Sabato 1 Ottobre 2016, 22:20 - Ultimo aggiornamento: 22:27

Asettiche costruzioni di cemento armato o barocche strutture di pietra leccese, per sopravvivere al tempo hanno bisogno di manutenzione. C’è quella ordinaria, continua, programmata, e quella straordinaria, d’emergenza, diciamo. La prima è preventiva e costa molto meno ma, a conti fatti, di solito, siamo abituati a interventi ad allarme già lanciato e, dunque, ad investimenti maggiori per risolvere il problema. Allora se cadono calcinacci e sembra non esserci più sicurezza nel maestoso palazzo di giustizia di Lecce in piedi da 50 anni, potrebbe solo essere arrivato il momento di quell’intervento straordinario previsto. Oppure di lasciare il vecchio per il nuovo. Cosa conviene di più, restaurare o ricostruire? «Prima di guardare alle norme, c’è un principio di natura culturale che ci condiziona. Francesco La Regina, uno dei padri della tutela dei nostri beni culturali, un ventennio fa diceva che il capitalismo consumistico mette in moto una catena di effetti legati alle esigenze economiche e produttivistiche che spesso sovrastano le esigenze di tutela e di conservazione. Si preferisce, in pratica, demolire e ricostruire quegli edifici che ancora non appartengono alla storia, o meglio che non si pensa appartengano alla storia. Perché? Perché non è radicata la cultura del recupero, perché pensiamo costi meno distruggere che conservare». Così Nicolangelo Barletti, architetto leccese, scrittore e studioso d’arte, e, tra l’altro, figlio di uno dei quattro progettisti che nel 1960 vinsero il concorso nazionale bandito dal comune del capoluogo salentino per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, Beniamino Barletti, che fu, poi, proprio il direttore dei lavori. Il loro progetto fu approvato nel 1964 e i lavori consegnati appena due anni dopo.
«Ci sono delle norme precise sulla tutela degli edifici pubblici con più di 50 anni», continua Barletti. «Secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio, gli edifici che siano di proprietà pubblica e abbiano funzione pubblica e più di 50 anni, sono legati ad una cosiddetta presunzione di vincolo, fino a verifica del loro interesse da parte del ministero della Cultura. Anche il Tribunale di Lecce di Viale De Pietro, dunque, potrebbe essere soggetto a tutela». Una verifica è obbligatoria, dunque, prima di parlare di demolizioni. «Comunque ci sono costi non solo economici ma di tutela del bene comune e del divenire della storia da considerare. Perché c’è quella norma sugli edifici con più di 50 anni? Perché qualcuno di quelli potrebbe essere un monumento del domani - continua l’architetto leccese -. La storia non fa salti, la città è un libro di pietra, le pagine si susseguono con continuità».
L’invito è a provare a guardare con occhi diversi anche il cemento armato e a non pensare che solo i riccioli barocchi in pietra leccese abbiano bisogno di cure. «In quegli anni si usava molto il cemento a vista, ci sono grandi esempi nel mondo di questo “new brutalism" di matrice anglosassone di cui l’Italia è piena, perché plasticamente il cemento si adattava a fare dei volumi molto articolati, era estremamente pratico. Ma anche facilmente aggredibile dall’acqua, anche perché è armato, si disgrega e oltretutto quando l’umidità penetra nella struttura fa arrugginire il ferro che si gonfia e quindi spacca ciò che ha intorno. Ma non allarmiamoci troppo: il copriferro che si vede consumato nelle foto che avete pubblicato dei muri esterni del tribunale, magari è segno di degrado ma non c’è nulla di pericoloso a cui pensare nell’immediato. Avrebbe solo avuto bisogno di un protettivo ogni cinque anni al massimo. Vedendo come è ridotto credo che in 50 anni non si sia fatto nulla o qualcosa, al massimo, una sola volta». Barletta ha firmato progetti di importanti edifici pubblici in città tra cui due facenti parte del ricco patrimonio dell’Università del Salento, e cioè il primo insediamento del complesso Ecotekne e il più recente Studium 2000, risalente a circa un decennio fa. «Come la gran parte degli edifici pubblici di Lecce e provincia, sono in pessimo stato. A Studium 2000 le facciata in pietra leccese sono sfigurate dal degrado, la fontana non è mai entrata in funzione».
Oggi, un po’ come la revisione obbligatoria dell’auto, anche il piano di manutenzione degli edifici è obbligatorio, fa parte del progetto esecutivo di cui sono solidalmente responsabili il committente e il progettista.

Intanto, una provocazione sul palazzo di giustizia. «Venderlo e delocalizzarlo. In quell’area di altissimo pregio si potrebbe pensare per esempio ad un centro commerciale. A quel punto sì, se ne potrebbero costruire anche altri due di tribunali»

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