App per messaggi erotici, adescata a 13 anni

App per messaggi erotici, adescata a 13 anni
di Fabiana PACELLA
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Venerdì 6 Maggio 2016, 07:11 - Ultimo aggiornamento: 16:33
Adescata sul web, attraverso i circuiti di nuove app per incontri diventate must tra i giovanissimi. Il gioco dei ruoli si presta a diverse e preoccupanti interpretazioni nella vicenda che vede protagonista, e vittima secondo gli inquirenti, un’adolescente di 13 anni originaria di un comune dell’hinterland leccese.

Salvata in tempo, è il caso di dire, dalle insidie della rete, grazie due genitori molto attenti. E preoccupati dalla frequenza con cui la figlia si chiudeva in bagno o nella propria stanza, per ore, accampando scuse alla buona, come la voglia di studiare o l’interesse per un nuovo libro, per nascondere la realtà di lunghi interminabili dialoghi in chat. Kik e Kiwi, le app su cui transitavano brevi messaggi e foto (nel primo caso) che ritraevano la ragazzina, acqua e sapone, capelli arruffati e volto pulito, e membri sessuali maschili, inviati in risposta da uomini intrigati dalla bellezza fresca delle adolescenti,  oppure domande e risposte, sempre a sfondo sessuale (nel caso della seconda app). Presenti sul cellulare anche le altre app di messaggistica e invio foto, quali Google Talk, Whatsapp e Instagram, su cui transitavano però conversazioni meno compromettenti.
 
Il padre della studentessa salentina è riuscito a prendere lo smartphone in cui sperava di trovare risposte a quelle lunghe assenze. E così è stato. Al di là dei messaggi già cancellati, sul display erano visibili le icone delle due applicazioni, aperte le quali, sono state trovate cyber conversazioni con almeno 18 persone, registrate con nicknames in alcuni casi eloquenti.
 
Da lì la denuncia dettagliata alla polizia postale che segue l’indagine sul caso, solo la punta di un iceberg in realtà, che spalanca la scena ad un nuovo mostro chiamato dark web. La parte oscura di internet, insomma, quella in cui si consumano gli high tech crimes, crimini della tecnologia avanzata, che vanno dal traffico di armi e droga, a forme preoccupanti di bullismo e reati a sfondo sessuale, ed annoverano quasi sempre tra le vittime, bambini, adolescenti e soggetti deboli, facili prede di orchi senza scrupoli e della solitudine che sempre più si consuma nelle famiglie, là dove si parla poco di persona e si alimenta l’alienazione da social.

Gli investigatori, coordinati dal pm Maria Rosaria Micucci, hanno affidato lo smartphone requisito alla 13enne, ad un consulente tecnico che lo ha passato al setaccio con l’ausilio di tecnologie avanzatissime.

Un lavoro lungo e certosino che ha portato alla luce sia i messaggi comprovanti la frequenza con cui l’adolescente veniva contattata da uomini, di cui al momento non si conosce la provenienza geografica, che le foto a chiaro sfondo sessuale inviate dagli adulti, con l’invito a “farsi compagnia” anche solo in chat.

Secondo quando emerso nel corso dell’indagine, Kik, nato nel 2010 dall’estro di alcuni studenti universitari di Waterloo, garantisce ancor più di altre app l’anonimato, poiché per iscriversi non occorre inserire il proprio numero di cellulare, basta creare un account, anche falso come falsi potrebbero essere quelli degli adescatori di questa storia.

Difficile quindi risalire ai mittenti delle foto osé a meno che non inviino i propri numeri o non si proceda alla richiesta di rogatoria internazionale, per avere accesso ai server in California. Anonimi possono essere anche coloro che sui circuiti di Kiwi, inviano quesiti all’oggetto del desiderio di turno, senza specificare il loro nome,l la provenienza né tantomeno il numero di cellulare.

Nella navigazione e nelle rispettive cronologie sono state trovate numerose foto anche di altre ragazze, coetanee dell’adolescente salentina, che si fotografavano in bagno per poi condividere gli scatti su Kik.

Ammiccanti loro, come ninfette consapevoli più di quanto si possa immaginare, tutt’altro che disposte a chiudere le chat, davanti a proposte e foto sconce.

 
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