«Se non vai con una ragazza ti butto giù dal balcone». Per loro scoprire di avere un figlio omosessuale era stato uno choc. «Devi comportarti da maschio, hai capito?». Per cercare di fargli avere un rapporto sessuale con una ragazza lo hanno persino minacciato di morte. «Hai un mese di tempo per portarci le prove che sei stato con una ragazza, altrimenti finisci sotto dal balcone». Il ragazzo, al tempo delle vessazioni, aveva solo 14 anni e in casa viveva l’inferno. Piangeva, era terrorizzato: non sapeva come salvarsi dalle angherie che subiva ogni giorno. I genitori le hanno tentate tutte per, come dicevano loro, «raddrizzarlo»: corse in strada nel cuore della notte, umiliazioni davanti al resto della famiglia e test di virilità. Fino all’arrivo del giudice. Il tribunale di Torino li ha condannati con patteggiamento a due anni di reclusione (il padre) e un anno e 4 mesi (la madre). Mentre il ragazzo è stato affidato a un’altra famiglia. In più, dovranno affrontare un corso di recupero al termine del quale potranno avere la sospensione condizionale della pena.
Una storia iniziata il 14 agosto del 2020. Ovvero quando il padre aveva letto il diario del ragazzo: era stato così che aveva scoperto i suoi pensieri, il suo sentirsi omosessuale. «Mi piacciono i maschi, sono gay».
LE PUNIZIONI
Sin da subito erano scattate le prime punizioni: aveva tolto al figlio la Playstation e obbligato a leggere quelle pagine così intime davanti a tutta la famiglia.
L’ACCUSA
Secondo l’accusa, dopo la scoperta, il papà aveva anche tirato uno schiaffo al figlio dicendogli che non lo voleva più a casa e lo avrebbe buttato giù dal balcone. Alla fine anche l’incontro con uno psicologo per «farlo tornare normale». L’elenco delle angherie – contestate nel capo d’imputazione formulato dal pm Giulia Rizzo – alle quali i genitori avrebbero sottoposto il figlio è lunghissimo. L’adolescente aveva alla fine deciso di confidarsi con lo psicologo della scuola, che, capito quello che stava succedendo, aveva avvisato le forze dell’ordine. Da qui l’inchiesta che si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per i genitori: al padre era contestato il reato di maltrattamenti, mentre alla madre di non aver impedito i soprusi fisici e psicologici. Fino alla condanna. I genitori hanno anche dovuto risarcire con alcune migliaia di euro il giovane che per ora continua a vivere lontano dalla casa familiare.