UDINE - (Pt) Oltre alle gemme incise, certamente frutto di scavi clandestini condotti

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Venerdì 23 Gennaio 2015, 04:47
UDINE - (Pt) Oltre alle gemme incise, certamente frutto di scavi clandestini condotti nell'Aquileiese - oggi il più grande «giacimento archeologico» del Nord Italia -, dalle cassette di sicurezza sventrate sono spuntati altri reperti di grandissimo valore storico, ora affidati per perizie e catalogazione alla Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, attraverso il Museo nazionale di Aquileia, diretto da Paola Ventura.
Si tratta di manufatti in metallo di età pre-protostorica, la maggior parte riferibili alla tarda età del bronzo, che si aggiungono ai numerosi rinvenimenti effettuati in Friuli, in particolare nella zona del Cervignanese. Sono la testimonianza del ruolo strategico ricoperto dalla pianura friulana nell'ambito delle più importanti vie di traffico dell'Italia pre-romana che collegavano le regioni alpine e centro europee agli ambiti adriatico-mediterranei. Il pezzo più antico, in pietra, è di epoca eneolitica: potrebbe risalire, quindi, al 3000 avanti Cristo.
Gli altri sono asce piatte e pugnali, forse riconducibili a deposizioni isolate e inquadrabili in offerte votive, una spada spezzata in due parti, cuspidi di lancia, un falcetto, frammenti di pani e lingotti di rame che caratterizzano tradizionalmente i cosiddetti "ripostigli" della tarda Età del Bronzo. Il problema che si presenta ora per gli esperti è quello della contestualizzazione: non si sa, infatti, dove questi manufatti siano stati trovati esattamente dai "tombaroli", e non si può ricostruire quindi la loro specifica storia. Resta, infine, la preoccupazione della depredazione, che continua, con scavi clandestini che vengono effettuati nelle campagne, ad Aquileia e dintorni, anche se i casi, negli ultimi anni, sono calati. A presentare i risultati dell'indagine, condotta in Friuli in collaborazione con la stazione dei carabinieri di Aquileia, dal Nucleo investigativo di Udine, comandato dal maggiore Roberto Scalabrin, è stato il comandate provinciale dell'Arma, il colonnello Roberto Del Piano, insieme a Marta Novello, funzionario della Soprintendenza per la zona, e a Giorgio Durante, sempre della Soprintendenza. L'acquisizione di questi nuovi reperti dilata ulteriormente l'importanza del popolamento protostorico dell'area aquileiese, così come dimostrato dalla prima campagna effettuata nel villaggio palafitticolo di Terzo di Aquileia.
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